[29/10/2007] Aria

Monitoraggio aria, Arpat insiste: «Serve criterio di lettura standard»

LIVORNO. L’attuale sistema di monitoraggio della qualità dell’aria nelle città italiane non lascia spazio a molte certezze: ai fini della valutazione dello stato della qualità dell’aria, la norma infatti non prevede l’individuazione di una unica stazione da considerarsi “di riferimento” né fissa modalità di aggregazione o combinazione dei valori registrati nelle varie centraline di rilevamento ubicate in un stesso ambito territoriale (comune, agglomerato urbano, zona).

Per questo motivo da tempo i tecnici impegnati sul territorio a valutare i dati stanno cercando di arrivare a standard comuni, che consentano almeno di poter paragonare i dati fra le varie città. Una proposta in tal senso è stata avanzata anche da Arpat, che partecipa ai lavori del tavolo Stato-Regioni sul tema con il responsabile del sistema di monitoraggio della qualità dell’aria dell’Arpat di Firenze Daniele Grechi.

Grechi, partiamo dalle criticità. Cos’è che non va oggi nel sistema di misurazione dell’inquinamento delle nostre città?
«La difficoltà sta tutta nel riassumere a livello urbano lo stato della qualità dell’aria a partire dagli indicatori per singola stazione. Generalmente infatti ogni città dispone di più stazioni, ognuna dà un risultato in termini di media annuale e di superamenti. Ma il confronto fra città e città è falsata perché la normativa non aiuta, parla di indicazione di stato ma non indica come combinare i diversi dati».

Ripartiamo dai parametri attuali: riguardo al Pm10 (polveri di dimensione inferiore a 10 micron) la norma stabilisce due indicatori: per la media annuale, è stato fissato il valore 40 mg/m3 mentre per il secondo indicatore, cioè il numero di giorni con concentrazione >50 mg/m3, è stato fissato il valore di 35 giorni. Cos’è che non va in questi indicatori?
«Il problema è che prima di tutto esistono diversi tipi di centraline: quelle di traffico e quelle di fondo, quelle urbane e quelle suburbane. Bisogna vedere quante se ne mette, quanto sono funzionanti, dove vengono posizionate e quali emissioni inquinanti sono in grado di leggere. I dati delle stazioni vanno quindi letti insieme ai metadati su cosa rappresenta quella stazione. E la norma lascia all’iniziativa di un esperto il compito di commentare i dati e fare delle considerazioni. In assenza di standard precisi, il risultato è che tutto è in mano a valutazioni arbitrarie di singoli esperti che quindi molto spesso differiscono da città a città».

Allora le classifiche sulla qualità dell’aria stilate da istituti di ricerca o associazioni ambientaliste come devono essere lette?
«Purtroppo ognuno prende quello che vuole. Le faccio un esempio. Gli amici di Legambiente usano come criterio quello di prendere in considerazione la centralina con i risultati peggiori. E’ un criterio, non sta certo a me giudicarlo, così come non giudico il sindaco che dice: l’inquinamento nella mia città è quello letto dalle centraline di fondo o residenziali, dove la gente abita, non quello registrato dalla centralina di traffico, perché effettivamente è anche vero che nessun fiorentino sta 24 ore su 24 sul viale Rosselli a respirare il traffico dei viali».

Esistono diverse proposte per uniformare una volta per tutti gli standard. In cosa consistono?
«Come tecnici abbiamo sollecitato più volte l’agenzia nazionale e il governo a trovare un modo uniforme che consenta di elaborare dati finalmente confrontabili fra tutte le città. L’Arpa dell’Emilia Romagna ha proposto il calcolo di valore medio fra tutte le stazioni cittadine, togliendo quelle che presentano valori più bassi o più alti del 20%. Questo per me aveva due difetti: intanto la scelta di quanto tagliare è arbitraria e poi se calcolato sul valore medio, il numero di superamenti non ha senso. Noi abbiamo proposto una cosa diversa : elaborare per ogni ora e per ogni giorno un valore di concentrazione mediano prendendo di fatto a riferimento una centralina mediana virtuale. Questo metodo consente di evitare scelte arbitrarie e di ridurre gli effetti determinati dalla eventuale disponibilità/indisponibilità di valori “anomali”. Le faccio un esempio concreto: ho 5 stazioni e supponiamo che una stazione un giorno mi dia un valore molto alto. Se io calcolassi la media direttamente, me la sposterebbe di molto. Se invece calcolassi la mediana, che è poco sensibile a valori esterni o anomali, i dati cambiano pochissimo».

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