[26/10/2007] Rifiuti

Inceneritori e salute: Veronesi dice la sua!

LIVORNO. La scorsa settimana greenreport ha dato conto del dibattito aperto dalla Federazione degli Ordini dei medici dell´Emilia Romagna che aveva invitato gli amministratori di quella regione a non concedere autorizzazioni a nuovi impianti di incenerimento( ma non a chiudere quelli esistenti come ha precisato il suo presidente sul Corriere della sera) e della risposta del Ministro Bersani.

Oggi, La Provincia di Grosseto pubblica nella sua newsletter un interessante estratto dallo studio "Il recupero di energia dai rifiuti: le implicazioni ambientali e l´impatto sanitario", elaborato da un comitato scientifico di garanzia presieduto dal Prof. Umberto Veronesi, direttore scientifico dell´Istituto Europeo di oncologia.

Nell’undicesimo capitolo dello studio ‘Il recupero di energia da rifiuti: la pratica, le implicazioni ambientali e l’impatto sanitario’ si legge che «su 46 pubblicazioni considerate, 13 avevano studiato gli effetti sui lavoratori degli impianti, notoriamente esposti a livelli di inquinanti di gran lunga più elevati delle popolazioni residenziali, mentre una riferiva sul possibile legame tra un´inusuale elevata mortalità per cancro ed i livelli di diossina vicino ad un inceneritore.

Dei rimanenti 33 studi considerati, solo 7 riguardavano inceneritori di rifiuti solidi urbani di cui ben 5 si erano occupati di marcatori biologici nei tessuti di residenti ed uno aveva analizzato la mortalità per cancro tra i residenti intorno ad inceneritori nel Regno Unito. Quest’ultimo studio appare il più rilevante ai fini di una valutazione se esista o meno un rischio più elevato di cancro tra la popolazione generale residente nelle vicinanze di inceneritori di rifiuti solidi urbani. Innanzitutto aveva coinvolto 14 milioni di soggetti seguiti per tempi fino a 13 anni che vivevano intorno a 72 inceneritori di rifiuti urbani, alcuni del quali costruiti all’inizio del ‘900. Inoltre era stato condotto da ricercatori dell’Unità di Epidemiologia Ambientale del Dipartimento di Salute Pubblica del London School of Hygiene con l´utilizzo di tecniche statistiche originali [Elliot et al. 1996]. L’ipotesi dello studio si poggiava sul fatto che si sarebbe dovuto osservare un declino del numero di casi di cancro allontanandosi dalla fonte emittente, nel caso che quest’ultima avesse avuto un ruolo causale, ovviamente nella consueta assenza di livelli misurati di inquinanti nella zona in studio. La conclusione degli autori è che non è stata trovata alcuna evidenza di diversità d’incidenza e mortalità per cancro nei 7,5 chilometri di raggio studiati ed in particolare nessun declino con la distanza dall´inceneritore per tutti i tumori: stomaco, colon-retto e polmone oltre che per linfoma di Hodgkin e sarcomi dei tessuti molli. Rimaneva una piccola incertezza per il tumore del fegato, più che altro legata ad errori diagnostici come l’attribuzione, come primitivi, di tumori secondari del fegato».

«Alcuni anni prima, nel 2001, - prosegue lo studio elaborato dall’équipe coordinata da Veronesi - Hu e Shy avevano condotto una revisione degli studi epidemiologici pubblicati fino allora [Hu S.W. e Shy C.M., 2001 ]. Questi autori avevano considerato tutti i possibili effetti che potevano essere o che sono stati collegati alla presenza di un inceneritore di rifiuti sia municipali che industriali, arrivando alla conclusione che gli studi epidemiologici esaminati erano stati concordi nel descrivere più elevati livelli corporei di alcuni composti chimici organici e di metalli pesanti, ma nessun aumento di sintomi respiratori o di declino della funzione polmonare. Le analisi effettuate avevano fornito risultati inconsistenti per rischio di cancro e di effetti sulla riproduzione».

Successivamente il rapporto ricorda che nel gennaio 2004 è stato lanciato un progetto per un “sistema di sorveglianza ambientale e sanitaria in aree urbane in prossimità di inceneritori e complessi industriali - Enhance Health” gestito da numerose Asl e dall´Arpa della Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con Istituzioni greche, polacche, ungheresi, austriache e spagnole con la garanzia di un Comitato scientifico piuttosto robusto (composto da epidemiologi dell’Istituto superiore di Sanità, del CNR di Pisa e dell´Osservatorio di Roma, oltre che da oncologi e da un ex direttore dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro - IARC di Lione). Lo studio si era occupato dell´area di Coriano-Forlì ove esiste un termovalorizzatore all’interno di un’area industriale e vicino all’autostrada Bologna-Ancona ed ad un inceneritore per rifiuti ospedalieri. Nel 2007 è stato reso pubblico il rapporto finale.

Gli estensori e gli esecutori del progetto avevano ovviamente condotto una ampia analisi della letteratura già allora esistente e sono arrivati anche loro alla conclusione che «non esistono prove concrete di un legame fra l’esposizione alle emissioni di inceneritori ed un aumento dei tumori. Dove sono stati osservati effetti apparentemente rilevanti, questi erano spesso legati ad inceneritori siti vicino ad altre fonti di emissione potenzialmente pericolose».

In definitiva, le tre grandi revisioni degli studi condotti negli ultimi 20 anni, focalizzati sui possibili effetti sulla salute dei residenti nel raggio di ricaduta delle emissioni di inceneritori di rifiuti urbani e pubblicati negli anni 2001-2007, conducono a risultati sovrapponibili: secondo gli autori del rapporto ‘Il recupero di energia da rifiuti: la pratica, le implicazioni ambientali e l’impatto sanitario’ quindi, «i dati di mortalità per tutte le cause e per tumori, di morbilità per affezioni delle vie respiratorie e di possibile incremento di effetti sulla riproduzione, sono del tutto inconsistenti e pertanto non provano l’esistenza di un qualsiasi nesso causale tra presenza di inceneritori di Rsu e rischio per la salute di popolazioni residenti, nel raggio di ricaduta delle loro emissioni».

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