[25/10/2007] Energia

I costi reali delle rinnovabili in Italia

LIVORNO. Oneri compensativi, sindrome Nimby, incertezza nei tempi e nelle procedure degli iter autorizzativi, costi di allacciamento alla rete, sovracanoni ai Bim, mancanza di una filiera industriale nazionale… Sono alcune delle criticità di cui soffre il sistema delle energie rinnovabili, criticità che si ripercuotono sul costo dell’energia prodotta e che l’Italia al 2020 dovrà portare dagli attuali 50 a oltre 90 TWh/anno per stare in linea con gli obiettivi europei.

L’associazione dei produttori di energia rinnovabile (Aper) ha elaborato in collaborazione con i ricercatori del dipartimento di Ingegneria elettrica dell’università di Padova il primo studio sui costi di generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili, che mira a rispondere prima di tutto a una serie di quesiti: quanto costa produrre energia da fonti rinnovabili in Italia? Ma soprattutto: quanto incidono gli extra oneri del “sistema Italia” sui costi di produzione da Fer (Fonti di energia rinnovabili) e con quali conseguenze?

I costi sono quelli espressi nella tabella accanto, dove l’idroelettrico risulta essere il più conveniente (ma anche quello con minore potenziale sviluppo in quanto i siti migliori sono ormai già stati realizzati).

Un elemento generale riscontrato nell’analisi condotta è l’estrema difficoltà sperimentata dagli operatori nel condurre a termine i progetti di investimento. Un quadro normativo frammentato e talvolta poco coerente introduce infatti inefficienze di sistema che si traducono in un incremento di costi per gli investitori. Un processo autorizzativo snello, chiaro, ben normato e stabile nel tempo è una condizione necessaria, e forse sufficiente se accoppiato a condizioni economiche interessanti, per lo sviluppo del contributo delle fonti rinnovabili.

Un secondo aspetto di grande interesse è la dinamica di riduzione di costi sperimentata nell’ultimo decennio in alcuni settori come il fotovoltaico, che lascia intuire le buone possibilità di lungo periodo per queste tecnologie. Tuttavia, la fase di mercato contingente con forte domanda sul mercato internazionale presenta alti prezzi per i componenti, soprattutto degli aerogeneratori degli impianti eolici. La speranza di Aper è che questi siano da imputare alla particolare fase di mercato caratterizzata da un eccesso di domanda che quindi possa essere superata con il tempo, ampliando magari la stessa offerta. Aper sottolinea il contributo che il fotovoltaico può dare in termini di copertura della punta di domanda di potenza: la disponibilità dei 2.000 MW di picco installati in Germania nelle soleggiate mattinate estive che registrano i picchi di carico sulla rete italiana, avrebbero un valore che non è certamente apprezzato nel semplice calcolo dei costi del kWh prodotto.

Per quanto riguarda la biomassa, che nei programmi nazionali dovrebbe incrementare in modo importante il proprio contributo, rimangono diversi problemi, legati in modo particolare al costo di acquisizione della materia prima in quantità sufficienti per alimentare gli impianti di dimensioni tali da conseguire le economie di scala possibili. La scarsità, la discontinuità di disponibilità e la dimensione locale del mercato della biomassa di fonte nazionale mettono in luce la difficoltà ad avviare questo settore industriale senza il ricorso alle importazioni massicce di legna di scarto da altri continenti.

L’utilizzo di oli vegetali rappresenta invece per Aper una filiera interessante: «Le perplessità in merito all’uso di oli di importazione per ragioni di tipo ambientale sembrano immotivate. Il trasporto incide in modo minimo sui costi ambientali della materia prima e la sostituzione di olio fossile importato con olio vegetale importato rappresenterebbe comunque un miglioramento».
In realtà le perplessità ambientali sono legate sì al trasporto del materiale (dal punto di vista dell’inquinamento prodotto durante i viaggi) ma soprattutto dalla prassi che oggi vede i Paesi esportatori disboscare territorio vergini per far posto alle piantagioni che producono olio vegetali per i Paesi sviluppati. E il bilancio ambientale con il drastico taglio delle foreste tropicali non può che essere negativo.

Lo studio commissionato dall’Aper riconosce poi al settore dell’eolico di aver raggiunta una rilevanza visibile in campo nazionale, superando i 3.000 MW di potenza installata: è sempre pochissimo in relazione a quanto fatto in Europa, ma è un passo importante per dimostrare la fattibilità concreta della tecnologia in Italia. Rimangono delle difficoltà sul piano autorizzativo che sono difficili da comprendere, legati a concetti soggettivi come quello della bellezza. Ma la domanda che ci si deve porre secondo Aper è diversa: «Considerato che non si può raggiungere il nostro livello di benessere senza un´adeguata fornitura energetica, quali soluzioni possono garantirci il miglior risultato in termini economici, ambientali e di sicurezza nel lungo periodo? In altre parole, non si tratta di scegliere eolico si o eolico no, a quali fonti utilizzare per coprire la domanda crescente di energia elettrica».

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