[25/10/2007] Parchi

Aspettando una nuova legge regionale sui parchi

PISA. Il nuovo assessore regionale ai parchi e alle aree protette Marco Betti ha assunto formale impegno a presentare, discutere e approvare entro la prossima primavera la nuova legge regionale sui parchi che ha superato ormai il decennio.
Finora aveva girato un testo di cui è difficile dire se e quanto risponda alle intenzioni del nuovo assessore.

Ma dal momento che non sappiamo appunto se quel testo sarà confermato e comunque assunto dal nuovo assessore come base del confronto o se egli preferirà presentarne uno proprio, preferiamo attendere e avere conferme attendibili. Non possiamo però rimandare a quel momento alcune considerazioni di carattere preliminare su cosa ci si aspetta da una nuova legge sui parchi e le aree protette dopo il gran battage del Pit e del Praa approvati recentemente dalla regione.

E’ innegabile che i parchi toscani non escano da questo dibattito più forti e soprattutto con idee più chiare e precise sul loro ruolo complessivo in una fase tanto delicata per la nostra regione. Non ne erano usciti bene a fine 2005 con la nuova legge sul governo del territorio e il PIT non ha certo riscattato quegli arretramenti. Anche se sull’argomento si preferisce in troppe sedi glissare è innegabile che – tanto per fare un esempio - sul paesaggio si registrano vere e proprie involuzioni e arretramenti culturali prima ancora che normativi, specie dopo l’approvazione della Convenzione europea sul paesaggio.

Arretramento, anzi vero e proprio rinculo, se ricordiamo cosa hanno voluto dire i piani dei parchi toscani per la tutela del paesaggio in Toscana in tempi ormai lontani che sembrano oggi del tutto dimenticati o sconosciuti. E’ solo un esempio ma vi sono altri aspetti non meno cruciali -a partire dal ruolo dei parchi nazionali- sui quali sarà bene essere chiari fin da subito. Se una nuova legge regionale deve puntare oggi -prima ancora che a una ulteriore crescita di aree protette- alla costruzione di un effettivo sistema regionale, non vi è dubbio che protagonisti di questa nuova partita non possono non essere anche i parchi nazionali tornati finalmente alla normalità dopo i prolungati commissariamenti.

D’altronde, se qualcuno sbagliando ritiene che i parchi nazionali siano roba da ministero (e lo pensano anche al ministero) è evidente che essendo affidata alla Regione Toscana unitamente a quella emiliana per i due parchi tosco-emiliani, l’approvazione del piano del parco, è chiaro che quei piani devono inserirsi, integrarsi, con le scelte complessive della regione in materia ambientale e di governo del territorio. Non ci sono due pianificazioni; una nazionale e una regionale per lo stesso territorio, ma una pianificazione regionale unitaria che assume anche gli aspetti nazionali come punti di riferimento per le stesse politiche comunitarie di cui la regione deve farsi carico.

E per restare alla pianificazione non v’è dubbio che è giunto il momento in Toscana come sul piano nazionale di riconsiderare i due piani previsti dalla legge quadro. Se oggi vogliamo assumere come riferimento obbligato anche le politiche economiche per ricondurle a quella ecocompatibilità di cui tanto si parla appare assolutamente contraddittorio mantenere questa divisione e separatezza al punto di predisporre una doppia pianificazione che non è prevista in nessun altro comparto della vita nazionale e neppure europea.

Una duplicazione che d’altronde complica maledettamente le cose già abbastanza difficili specie per quanto riguarda i tempi di incubazione e di approdo finale come testimonia il fatto che molti parchi specie nazionali di piani non ne hanno finora predisposto neppure uno –figuriamoci due. La Toscana lo sappiamo è tra le poche regioni che aveva predisposto una delibera regionale di indirizzo anche per i piani socio-economici, ma questo aveva alleviato di poco le difficoltà derivanti da una procedura defatigante e per molti profili almeno oggi massimamente contraddittoria.

Il piano triennale di cui il testo circolante parla va dunque visto in ogni caso in questa nuova prospettiva di apertura ad una dimensione non rachiticamente regionale.
Anche la gestione regionale delle politiche dei parchi e delle aree protette deve prevedere una più chiara distinzione tra aspetti istituzionali –ossia la cooperazione tra regione, province e comuni e loro rappresentanze- e aspetti tecnico scientifici. Una Consulta dai connotati e dalla composizione in cui i due profili si confondono risulterebbe nella sua ambiguità di scarsa utilità come l’esperienza di questi anni conferma.

Altro aspetto rilevantissimo per la Toscana è ovviamente l’esperienza peculiare delle Anpil. Quel che è accaduto specialmente negli ultimi mesi è stato un vero e proprio campanello d’allarme che non possiamo certo ignorare.
Se, infatti, in molti casi le Anpil si sono rivelate come voleva la legge maglie aggiuntive ancorchè di modesta superfice di una rete regionale di parchi, riserve, siti nel complesso di signficative dimensionie dall’altra esse hanno mostrato in qualche caso clamorosamente di servire in più d’un caso da pretesto o poco più. Ci riferiamo come sarà senz’altro chiaro a situazioni tipo Val d’Orcia ove permane indisturbata una Anpil di oltre 60.000 ettari di cui nessuno finora sembra preoccuparsi e occuparsi forse per pudore.
Anche sulle ANPIL quindi non si tratta naturalmente di fare piazza pulita ma di mettere dei paletti tali che ne facciano né delle foglie di fico né dei mali minori per evitare interventi tra più comuni e province per istituire aree protette non ‘finte’.

Chi ha letto il Praa sa che metà delle aree ambientalmente critiche della nostra regione riguardano territori a vario titolo protetti. Senza entrare ora nel merito di questa situazione e dei criteri seguiti per catalogare il contesto toscano non v’è dubbio che i parchi e le aree protette si trovano in Toscana sulla linea del fuoco e pensare di relegarle in un ruolo marginale e di risulta sarebbe scelta suicida. Ecco perché è urgente mettere mano alla nuova legge e andare ad un dibattito generale che non consideri l’approvazione del Pit e del Praa come conclusivi anche per questi profili. Non è così e sarà bene intendersi fin dalle prime battute.

Un dibattito che affronti questi e gli altri temi senza condizionamenti se non quelli della competenza e conoscenza deve riguardare non la ristretta cerchia di addetti ai lavori ma il complesso delle istituzioni e del mondo dell’associazionismo e delle categorie specialmente nel momento in cui si stanno tra un sacco di difficoltà e non pochi litigi ridefinendo i ruoli di vari livelli istituzionali. Il confronto sul ruolo dei parchi e delle aree protette oggi può più di quanto in molti ancora non vedano aiutarci anche in questa ridelineazione delle funzioni e delle competenze.
Da Betti ci aspettiamo ora le prime mosse che non possono essere più rinviate.

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