[23/10/2007] Trasporti

Il ministro Bianchi annuncia non un piano dei trasporti, ma un piano della mobilità sostenibile!

LIVORNO. Le città sono sempre più ingolfate, i treni locali straripano di persone, le autostrade divenute nastri continui di mezzi in movimento spesso in coda, le sale di imbarco degli aeroporti sempre piene.
La domanda di mobilità è in crescita e il giro di affari legato al settore dei trasporti ha raggiunto nel 2006 una quota pari al 4% del Pil, di cui la metà realizzato con il contributo del trasporto merci su strada. Ma se cresce il fatturato nel settore dei trasporti, non altrettanto si può invece dire dell’efficienza e della sostenibilità del sistema: quello dei trasporti e della mobilità pubblica sono indicati tra i più inadempienti per quanto riguarda le misure per contenere le emissioni climalteranti e per la qualità dell’aria nei centri urbani.

E sino ad ora le principali risposte sono state affidate a interventi puntuali o al più ad un piano dei trasporti: poco di più che un elenco di infrastrutture viarie e di nuove linee ferroviarie per l’alta velocità.
In un intervista rilasciata oggi al Sole24ore, il ministro dei trasporti Alessandro Bianchi (Nella foto), annuncia invece la presentazione di un piano generale della mobilità, dotato di una copertura finanziaria di 2,5 miliardi di euro (da ora al 2013) di cui la metà spendibili già dal prossimo anno.
Già questa è una notizia: il fatto che si parli di mobilità anziché di trasporti sembra spostare di 180 gradi l’approccio sino ad ora utilizzato per affrontare la questione. Non solo, il ministro Bianchi dichiara un obiettivo generale, che è quello di organizzare «una mobilità sicura, efficiente e sostenibile». Tre direttrici che dovranno orientare le strategie per portare a compimento questo piano. La sostenibilità viene sintetizzata con l’intenzione di togliere gran parte dei mezzi pesanti che trasportano merci dalle autostrade per dirottarli il più possibile sulle autostrade del mare. L’efficienza con la dotazione di reti ferroviarie per l’alta velocità da integrare con le reti di viabilità regionali e locali. Infine la sicurezza, su cui il ministro si preannuncia realista, e sapendo di non riuscire a dimezzare il numero degli incidenti, punta almeno al 45% di riduzione, per restare al pari di altri paesi europei. Insomma le premesse ci sono, si tratta adesso di vedere quanto questo piano riuscirà davvero a incidere sul miglioramento del sistema e soprattutto se riuscirà ad essere realizzato.

Ne abbiamo parlato con Guido Viale, che si occupa di politiche attive del lavoro in campo ambientale per un’agenzia pubblica. E tra le sue pubblicazioni l’ultima, “Vita e morte dell’automobile”, si occupa proprio dei temi della mobilità.

Siamo di fronte ad un rovesciamento di paradigma, dato che si parla di un piano della mobilità e non di un piano dei trasporti?
«Purtroppo non mi pare. Le intenzioni sono buone e condivisibili ma basta un occhiata per vedere che nella stessa pagina dell’intervista a Bianchi c’è un articolo dedicato ai grandi lavori nel settore dei trasporti affidata al ministro Di Pietro che ha fatto propria la legge obiettivo e che è un insieme di interventi finalizzata a far lavorare i grandi costruttori».

Quindi lei dice, dato il poco feeling tra i due, c’è ben poco da sperare.
«Dico che non risponde a un disegno unitario di mobilità sostenibile da parte di questo governo. Il ministro Bianchi dichiara le sue intenzioni di varare un vero piano della mobilità e non dei trasporti, ma sono due cose che differiscono come l’hardware e il software di un computer. Uno è l’infrastruttura e l’altro il piano della mobilità: se non si combinano bene insieme non funziona.
Non c’è accordo e non c’è una visione unitaria da parte del governo sul ruolo e il peso che il trasporto deve avere nello sviluppo economico e nei programmi di interventi da sostenere. Teniamo conto che invece, come e forse più dei temi cosiddetti ambientali, il trasporto è un tema assolutamente trasversale a tutti gli altri ambiti del sistema economico: agricoltura, industria, energia, urbanistica, turismo».

Il piano che preannuncia il ministro Bianchi, non le pare quindi idoneo a rispondere alle attuali problematiche nel nostro paese?
«Il piano della mobilità proposto da Bianchi, ha dei lodevoli intenti, ma li vede poi viziati da alcuni limiti di fondo che caratterizzano il suo intervento.
Il primo limite, accennato solo di sfuggita nell’intervista, è la subordinazione della riorganizzazione e del trasporto ferroviario locale al completamento della rete di alta velocità, che in realtà è ciò che ha distrutto le ferrovie italiane, stornando tutte le risorse dall’urgenza imprenscindibile del trasporto locale a un sistema ferroviario veloce. Che rappresenta la morte di tutti i centri urbani e industriali di media dimensione che sono poi in larga misura la forza vitale del nostro sistema produttivo.
Il secondo limite che balza evidente è la pur lodevole intenzione di trasferire una gran quota del traffico merci nord sud dalle strade alle cosiddette autostrade del mare, ma anche qui ci si scontra con un limite intrinseco. Ovvero lo scarso coordinamento delle politiche governative, perché la proposta di Bianchi consiste in sostanza nella duplicazione dei vettori, cioè far salire il carico insieme alle rispettive motrici per poi sbarcarlo da un altra parte. Una proposta analoga alle cosiddette autostrade ferroviarie che è l’ultima edizione proposta per la Tav Torino-Lione. Queste dovrebbero liberare le strade dai Tir , ma non lo possono fare, perché con la duplicazione dei vettori si aumentano i costi del trasporto, si immobilizza una quota consistente del capitale e soprattutto non si risponde all’esigenza fondamentale dell’intermodalità che è soprattutto un problema di organizzazione e non di infrastrutturazione. Nel caso specifico citato il problema è mettere gli operatori, che sono in maggior parte piccolissimi padroncini che operano al termine di una catena di subappalto molto lunga che parte dai grandi corrieri internazionali, in grado di organizzarsi per poter sganciare il carico dalla motrice nei punti di imbarco sui treni e sulle navi e riagganciarli nei punti di sbarco. Questo richiede la promozione di una attività cooperativa e consortile, molto complessa ma non impossibile che è l’esatto opposto dell’incentivazione del trasporto merci selvaggio che il governo continua a praticare anche con l’esenzione o riduzione dell’ accisa sul gasolio per gli autotrasportatori».

Si diceva qualche anno fa che la domanda di mobilità sarebbe diminuita con l’aumento dei servizi telematici, mentre invece è cresciuta. Come far fronte a queste esigenze?
«La dematerializzazione o per meglio dire il disaccoppiamento tra movimentazione di materiali e sviluppo e benessere è una potenzialità ma ha bisogno di essere accompagnata e sostenuta. Altrimenti prevalgono le tendenze a mantenere le situazioni convenzionali attuali, su cui insistono interessi molto corposi. In particolare per i trasporti la minaccia che pesa in maniera sempre più vistosa sull’attuale organizzazione del sistema economico è l’aumento del prezzo del petrolio e una scarsità di offerta rispetto alla domanda con possibilità di razionamento. Il che farebbe balzare alle stelle il costo dei trasporti imponendo senza alcuna preparazione e preveggenza quello che è l’obiettivo di tutti gli ambientalisti. Cioè il Km zero per l’agricoltura e tendenzialmente il km zero anche per l’industria attingendo in maniera crescente al riciclaggio di materie dismesse anziché alle risorse vergini. Che è comunque una prospettiva a cui non ci si potrà sottrarre di fronte alla situazione delle riserve petrolifere e alla loro insostituibilità per i prossimi decenni per quanto riguarda i trasporti e al peso che i trasporti a livello globale hanno sulla produzione dei gas di serra stimata attorno al 40% del totale».

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