[22/10/2007] Monitor di Enrico Falqui

Il testamento di Socrate

Alcuni giorni fa, Segolène Royal, ex candidata alla presidenza della repubblica Francese e attuale Presidente della regione del Poitou-Charentes, ha porto un gradito omaggio a Firenze e alla Toscana ed ha stabilito col Presidente della regione, Claudio Martini, un accordo per la costruzione di una Fondazione europea per la democrazia partecipativa. Il progetto coinvolge tre regioni europee (Toscana, Catalogna e Poitou-Charentes) nella costruzione di un’agenzia pubblica presso la quale vengano raccolte le migliori esperienze europee e, attraverso la quale, venga diffusa tra tutti i cittadini una cultura della partecipazione alle scelte di governo delle pubbliche amministrazioni.
L’accordo siglato a Firenze precede di poche settimane la discussione in Consiglio regionale del disegno di legge “Norme per la partecipazione alle scelte politiche regionali e locali”, già approvato nello scorso luglio dal governo regionale toscano e da lungo tempo attesa da parte di quella rilevante parte della società toscana che opera come “cittadinanza attiva”.

Come è noto, le Amministrazioni realizzano politiche pubbliche non solo producendo servizi, ma anche attraverso l’emanazione di norme, distribuendo risorse, modificando le convenienze ed i comportamenti degli attori sociali, ridistribuendo la ricchezza, creando nuove opportunità sociali.
Spostare l’accento dalla produzione di servizi alla produzione di politiche pubbliche, significa mettere al centro dell’attenzione i processi decisionali, anziché i processi produttivi, attraverso cui le scelte pubbliche sono formulate ed attuate.
Su questo terreno, le Amministrazioni pubbliche spesso vanno incontro a delusioni e fallimenti, poiché riflettono troppo poco sui processi attraverso cui formulano e mettono in atto le loro politiche.
In passato, bastava affidarsi al presupposto dell’autorità superiore dell’Amministrazione, unica depositaria dell’interesse generale, perché i cittadini accettassero o subissero le conseguenze di queste politiche pubbliche.

Oggi, non è più così ; nessuna delega istituzionale appare così scontata.
Due autori americani, David Osborne e Ted Gaebler, in un famoso saggio intitolato “Reinventare l’Amministrazione”, hanno definito necessaria un’azione radicale di riforma della cultura di governo delle Autorità pubblica, trasformandone la pratica burocratica di gestione in una pratica “catalitica”. Proprio come avviene in un procedimento chimico, nel quale il catalizzatore è quella sostanza che non partecipa direttamente a una reazione ma la favorisce o addirittura la rende possibile. In altre parole, gli autori americani ritengono che un’amministrazione pubblica moderna, quando intraprende politiche pubbliche di rilevante importanza non prende le decisioni in prima persona , ma cerca di prenderle “insieme” ad altri, ossia di stimolare la partecipazione e la corresponsabilizzazione della società civile.

Se ci pensiamo bene, si tratta di un rovesciamento totale del paradigma che è stato alla base della riflessione razionalistica europea fin dai tempi di Cartesio, il quale sosteneva, nel celebre “Discorso sul metodo”, che “..Sparta è stata a lungo fiorente non per la bontà di ciascuna delle sue leggi in particolare ,…ma perché queste leggi sono uscite dalla mente di uno solo e, dunque, tendevano tutte allo stesso fine”.
Il paradosso prodotto dalla estrema complessità della società contemporanea, consiste nella difficoltà a governare i flussi continui di trasformazione del mercato e dei comportamenti degli attori pubblici e privati dell’economia globalizzata e a regolare le conseguenze ambientali e sociali introdotte dal “divenire” continuo delle trasformazioni che disorientano il cittadino, creando intorno a lui una barriera di insicurezza e di incomunicabilità che lo rende corpo separato ed estraneo all’amministrazione che lo governa.

Se, ad esempio, il prezzo del petrolio sfonderà presto i 100 dollari a barile e se le previsioni anche più ottimistiche sui cambiamenti climatici, rendono necessaria in tutte le città del mondo (non esclusa Firenze) una “rivoluzione copernicana” del sistema della mobilità metropolitana, le politiche pubbliche che devono essere messe in atto cambiano strutturalmente l’insieme dell’organizzazione del territorio urbano, modificando alla radice le funzioni della città, i comportamenti dei cittadini e i loro stili di vita.
La cartesiana fiducia nella capacità “della mente di uno solo” di dare risposte autorevoli ed efficaci ad una tale gigantesca rivoluzione urbana che coinvolgerà il tempo di una generazione per realizzarsi compiutamente, è sicuramente mal riposta e ha poche possibilità di essere imposta da una ristretta oligarchia di tecnici e amministratori.

Il paradosso della complessità della società contemporanea riporta alla luce l’Arte della maieutica dell’antico filosofo greco Socrate, attraverso la cui voce Platone ci ha consegnato le idee a fondamento della sua Res Publica. L’arte della maieutica consisteva nel fondamentale riconoscimento che le conclusioni dovevano essere non date all’Interlocutore ma prodotte o meglio “partorite” dallo stesso soggetto occupato a ricercare il vero, il giusto e il bello.
In base a ciò la “risposta” si presentava come libera conquista individuale, a cui il filosofo contribuiva col compito di semplice stimolo e partecipazione. Con questa operazione, Socrate voleva dimostrare che si può essere sicuri di condurre a sano compimento il dialogo, se gli interessati vanno alla ricerca dei valori “utili”e non pensino dogmaticamente di esserne già in possesso: le risposte sono conquiste non verità rivelate.

La legge sulla partecipazione che il governo regionale sta per introdurre in Toscana, dopo la necessaria discussione ed approvazione da parte del proprio organo Consiliare, rappresenta un buon riconoscimento della necessità di stabilire un dialogo virtuoso con la cittadinanza attiva che vuole partecipare alle decisioni sulle politiche pubbliche regionali e locali.
Tuttavia, essa appare sospesa ancora a metà tra un’idea “ burocratica “ di partecipazione e una “catalitica” che indirizzi il confronto tra amministratori e amministrati verso la progettazione dello sviluppo sostenibile delle città e del territorio. Ecco perché, la nascita di una Fondazione europea che sappia raccogliere le migliori esperienze partecipative alle decisioni sulle politiche pubbliche, rappresenta un positivo impulso a privilegiare procedimenti inclusivi di partecipazione alla progettazione dello sviluppo sostenibile delle città e del territorio toscano.
Proprio la maggior parte di queste esperienze significative in Europa dimostra che ciò che conta non è soltanto la trasparenza del procedimento, la corretta informazione dei cittadini, la possibilità di un confronto scientifico regolato da tempi certi e modalità condivise.
Ciò che conta , alla fine, è la “ qualità” delle decisioni condivise che verranno assunte per rendere sostenibile lo sviluppo delle nostre città, non la decrescita e il declino di esse.

Nessuno fu come Socrate più critico del sistema politico ateniese tanto che egli pensava che per essere realmente democratico , si dovesse combattere quella che arbitrariamente veniva spacciata per democrazia. Rischiando però la strumentalizzazione da parte del partito degli aristocratici ( i quali avevano sempre sostenuto il potere dei migliori, mentre storicamente avevano uguagliato l’aristocrazia del danaro col potere politico), Socrate affermò che ogni istituto sociale deve essere guidato dai migliori per capacità, per competenza e che democrazia significasse porre ognuno al proprio posto.

Quell’antica idea di “giustizia sociale” (che Socrate definiva allora l’essenza della democrazia), ritorna oggi di grande attualità nella parcellizzata e corporativa società contemporanea.
Una pubblica amministrazione che volesse rinnovare radicalmente il suo dialogo virtuoso con i cittadini attraverso efficaci procedimenti di partecipazione, dovrebbe puntare proprio a sviluppare quell’Arte della maieutica che servì a Socrate per rendere il Demos protagonista ma anche per contrapporsi ai Sofisti, i quali, irretiti nella miope immediatezza del loro tempo, finivano per legittimare la formazione di una nuova tirannia, poiché a lungo andare una partecipazione non selezionata avrebbe affossato la stessa democrazia.
La Toscana e le altre regioni d’Europa possono raccogliere l’ambiziosa eredità lasciataci dal saggio filosofo greco e trasformarla in capacità attiva di progettare insieme il proprio futuro e il proprio sviluppo.

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