[22/10/2007] Recensioni

La Recensione. Parchi e istituzioni; novità e rischi di R. Moschini, A. Natali, A. Nuzzo, D. Franchello, I. Ostellino

Le questioni affrontate in questo libro hanno attinto molto dalle vicende toscane di cui peraltro si continua a discutere vivacemente. Ma la riflessione critica che ne è scaturita si è allargata alle esperienze e realtà di altre regioni anche a noi vicine come la Liguria e soprattutto al contesto nazionale -come dice il titolo- con le sue novità e rischi.
Si tratta, insomma, di un libro che rivolge la sua attenzione alle vicende politico-istituzionali dei parchi e delle aree protette che non soltanto in Toscana suscitano legittime preoccupazioni e timori e a più riprese al centro anche di iniziative, ad esempio, della Legautonomie che ha incontrato il nuovo assessore regionale ai parchi Marco Betti.

La nostra regione ha fornito, quindi, molteplici spunti per approfondimenti estremamente interessanti e documentati come dimostra il contributo di Antonello Nuzzo dal quale emerge chiaramente la contraddittorietà di alcune decisioni del Pit contenute soprattutto negli allegati, in cui il paesaggio è concepito come ai vecchi tempi; tramonti e altre situazioni puntiformi che pensavamo ormai del tutto superate vuoi dalle stesse esperienze toscane, vuoi dalla Convenzione euroepa sul paesaggio. Appare sorprendente, infatti, che in una regione dove i parchi hanno fatto dei loro piani uno strumento importante e nuovo di pianificazione anche paesaggistica si vedano ‘sottratto’ un ruolo che hanno saputo esercitare efficacemente. Tanto che il piano Cervellati –sarebbe il caso di ricordarlo- per il parco Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli fu criticato per la sua troppa attenzione alla storia -che qui significa innanzitutto paesaggio- a detrimento si diceva dalla natura. Si tratta -come si può agevolmente intuire- di aspetti niente affatto ‘accademici’ perché proprio sulla base del nuovo codice dei beni culturali e ambientali l’avvocatura di Stato ha impugnato il piano previsto per un parco fluviale piemontese in quanto rivolto anche al paesaggio che lo stato –ossia il ministero- rivendica per se.

Che la Toscana venga oggi a trovarsi in questa situazione ‘equivoca’ non è certo quanto di meglio potevamo aspettarci da una regione che ha acquisto non pochi meriti su questo terreno- specialmente nel momento in cui tutti i suoi parchi regionali e nazionali sono finalmente a regime e possono riprendere il largo.
Per questo va salutato con fiducia l’impegno assunto dal nuovo assessore regionale Betti di aprire subito un ampio confronto sulla nuova legge regionale sui parchi e le aree protette che dovrebbe concludersi a primavera, perché questa sarà sicuramente una occasione per tutti per fare chiarezza e correggere anche quanto di storto c’è in recenti provvedimenti e comportamenti regionali evidenziati al di là di ogni ragionevole dubbio nella vicenda di Monticchiello. E’ chiaro che il discorso toscano tocca e incrocia aspetti e nodi cruciali anche sul piano nazionale innanzitutto perché segnala una situazione generale in cui per i parchi non sono poche le incertezze sul loro ruolo dopo la stagione che li ha visti crescere in tutto il paese. Certo le magagne più macroscopiche ereditate dalla gestione del passato governo sono in via si superamento, ma a sedici anni dalla entrata in vigore della legge quadro n. 394 non è più rinviabile una riflessione su cosa va rivisto e soprattutto rivisitato perché i compiti affidati ai parchi possano concretamente essere perseguiti.

A questi aspetti il libro riserva la prima parte curata da Renzo Moschini e ripresa con grande efficacia e spunti estremamente interessanti nell’intervento di Anna Natali, una ricercatrice della Eco-Eco di Bologna con una lunga esperienza nel campo dei fondi e progetti comunitari. Prendendo le mosse da un giudizio molto critico sulla pianificazione dei parchi -‘quasi ovunque deficitaria’- la Natali si chiede; non è il caso ‘di considerare la finalità e la portata del piano del parco?. Il compito del piano potrebbe diventare quello di identificare e fissare la cornice entro la quale svolgere un’attività contrattuale? Questo per evitare che la lunghezza dei tempi e dei modi della pianificazione impediscano di entrare in rapporto con processi economico- sociali che hanno ritmi e tempi sicuramente meno lenti. Questi interrogativi toccano aspetti vitali del ruolo dei parchi oggi spesso troppo confinato in compiti marginali o di surroga di altre competenze.

L’intervento di Dario Franchello presidente del Parco del Beigua e coordinatore dei parchi della Liguria permette invece di cogliere affinità e differenze tra due esperienze regionali contigue legate dalla comune presenza nel santuario dei cetacei e dalla gestione del fiume Magra che divide le due regioni. Una regione –quella ligure- che sta istituendo nuove importanti aree protette molto interessanti anche per la tipologia per molti profili innovativa di cui discuterà l’anno prossimo una conferenza regionale che si preannuncia di grande interesse politico-istituzionale.

Il contributo di Ippolito Ostellino direttore del parco regionale del Po torinese e presidente della associazione nazionale dei direttori di parco tocca invece un aspetto generalmente ignorato e cioè il ruolo degli operatori delle aree protette.
Qualsiasi rifllessione sul ruolo dei parchi e delle aree protette oggi non può infatti prescindere da questo aspetto non più confinabile tra gli adempimenti burocratici.

Ciò vale in particola e soprattutto per i parchi nazionali le cui piante organiche appaiono assolutamente inadeguate anche per il fatto non più ignorabile che il corpo di vigilanza e i direttori non dipendono e sono scelti di fatto dal parco. Qui sarebbe davvero il caso e l’ora di tenere conto della positiva e diffusa esperienza dei parchi regionali che gestiscono da sempre TUTTO il loro personale e lo scelgono. D’altronde non esiste più alcun soggetto istituzionale le cui scelte dipendano come nei tempi passati per i segretari generali dai ministeri. Cosa significa avere una vigilanza che dipende non dal parco ma da altro ‘comando’ lo si è visto ormai con estrema chiarezza anche se si preferisce ancora far finta di niente. In discussione non è come furbescamente si vorrebbe far credere la ‘competenza’ o la professionalità del CFS ma il fatto che un soggetto istituzionale come il parco con i compiti complessi che ha deve poter decidere lui ( non a Roma) come utilizzare il SUO personale. Vale per la vigilanza e non di meno per il direttore che deve rispondere ad eseigenze che vanno valutate non al ministero ma dal parco.

Si tratta insomma di questioni di grande attualità sia in vista di importanti scadenze quali una serie di leggi regionali compresa quella toscana e il nuovo codice delle autonomie sia della terza Conferenza nazionale dei parchi di cui (non) si parla da tempo e sulla quale va fatta la massima chiarezza per evitare inutili passarelle. Merito del libro è quello di toccare aspetti scottanti che troppi ancora non riescono a vedere o fanno finta di non vedere.

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