[19/10/2007] Comunicati

Venti di guerra fredda e...riscaldamento globale

LIVORNO. Ha fatto impressione il bellicoso Putin che, di ritorno dall’Iran, ha mandato a dire ad un sempre più debole Bush che la Russia è uscita dalla crisi del post dissoluzione dell’Urss per ridiventare una grande potenza energetico-economica che ora è pronta per riassumere il suo ruolo di grande potenza militare sviluppando nuove armi nucleari da contrapporre allo scudo antimissile che gli Usa vogliono mettere ai confini di quelli che furono i Paesi del Patto di Varsavia, ed oggi rappresentano la punta avanzata della Nato.

Brividi di guerra fredda corrono lungo la spina dorsale dell’Europa e sono il segno del fallimento di un disegno egemonico che è sprofondato nelle insanguinate sabbie petrolifere dell’Iraq e forse nelle fredde montagne afghane. Siamo al punto che un alleato di ferro di Washington, la Turchia, si prepara ad invadere un protettorato Usa, quale è di fatto il Kurdistan irakeno ormai praticamente indipendente, per dare la caccia ai guerriglieri del Pkk che teoricamente dovrebbero essere marxisti-leninisti. Una mancanza di rispetto e di fiducia verso gli occupanti statunitensi ed anche un avvertimento ai kurdi di non allargarsi troppo e di non usare le risorse petrolifere per foraggiare la guerriglia in Turchia (e in Iran), quasi un’accusa a Bush di sostenere un nuovo “Stato canaglia”, una retrovia di terroristi, così come chiamano ad Ankara i combattenti kurdi.

Intanto in Pakistan, dove corre un’altra pericolosa frattura politico-religiosa che potrebbe portare al potere, in un Paese dotato di armi nucleari, partiti integralisti molto poco graditi agli Usa (e all’India ed alla Cina…), le bombe della Jiad o di Al Qaeda (o magari degli onnipresenti servizi segreti) fanno strage per “festeggiare” il ritorno in patria di Benazir Bhutto, colpevole di amicizie occidentali e di aver fatto un accordo col presidente Musharraf, uno dei più fedeli alleati degli Usa.

Anche la Cina non sta a guardare e modernizza il suo armamento nucleare, manda satelliti a girare intorno alla luna e fa shopping di sofisticate armi convenzionali sui nuovamente apertissimi mercati occidentali, intanto Pechino sostiene economicamente e militarmente regimi inguardabili come quello del Myanmar o di alcuni Stati africani e si adonta se qualcuno (il solito Bush, al quale ormai non ne va bene una) difende i diritti del popolo tibetano e respinge con un’alzata di spalle la richiesta europea di maggiore democrazie e rispetto degli oppositori politici e dei diritti dei lavoratori.

L’India affila i suoi missili e riceve aiuti nucleari da Australia ed Usa, interessati ad aumentare il suo ruolo di interdizione verso l’espansionismo cinese ed il dilagare dell’integralismo musulmano nel caso di un crollo della situazione in Afghhanistan, Pakistan ed Iran. Un vero e proprio terremoto, le cui scosse si sentono anche in posti “tranquilli” come l’Unione Europea o il Sud america, liberatosi dalle dittature fasciste che Washington teneva in piedi per impedire ad una sinistra, che si è rivelata pacifica e tutto sommato responsabile, di governare.

Davanti a questa grande confusione sotto il cielo, anche il vecchio Fidel Castro, il pittoresco Chavez e l’ex canaglia Gheddafi sembrano dei bravi ragazzi, il pericolo per l’egemonia Usa, che sembrava aver decretato la fine della storia con un nuovo millenario (e millenaristico nella concezione dei teocon) ordine mondiale, viene dall’Asia. Dal mondo arabo ed islamico seduto su risorse petrolifere più rare e preziose, con gli Usa aggrappati a governi illiberali e dittatoriali per evitare che si ripeta la lezione della Palestina dove, in elezioni democratiche, ha vinto un movimento integralista come Hamas, che è inserito tra quelli terroristi nella lista nera stilata da Condoleeza Rice.

Viene dalle vaste e sempre meno fredde distese siberiane dove Putin, pronto a lasciare la presidenza della Russia per diventarne capo di un governo onnipotente ed autoritario, estrae petrolio gas e minerali per foraggiare il riarmo nucleare e convenzionale che già gli permette di recuperare il controllo degli Stati ex sovietici dell’Asia centrale, di mostrare i muscoli nel Caucaso contro la Georgia alleata della Nato, di distruggere sanguinosamente la guerriglia islamica in Cecenia ed Inguscezia e intanto di fare da scudo e garante per gli sforzi atomici della Repubblica islamica dell’Iran. Viene da una Cina saldamente in mano ad un partito comunista che ha abbandonato il libretto rosso di Mao per lasciare intatto il ruolo di avanguardia di un apparato politico che ha trasformato la liberazione dallo sfruttamento nell’arricchimento ad ogni costo e l’internazionalismo proletario in un nazionalismo sempre più orgoglioso e che spaventa vicini, pure economicamente forti, come Giappone, Corea del sud e Taiwan.

L’America puntava, dopo la strage terroristica delle Torri Gemelle, ad affermare il suo ruolo di grande potenza occupando due luoghi strategici del mondo dal punto di vista geopolitica e del controllo delle risorse: Afghanistan e Iraq, ben presto quei due interventi si sono rivelati pesanti fardelli e occasioni mancate, perché il mondo intanto cambiava spinto e tirato da altre parti, ed i due cunei inseriti dagli americani nel cuore dell’Asia si rivelavano poca cosa davanti all’esplosione della crescita asiatica ed all’aprirsi di nuove prospettive energetiche nel nord di in Pianeta, occupato in gran parte dalla sterminata costa artica della Federazione Russa, un disvelamento di ricchezza dovuto ad un altro attore con il quale nessuno ha ancora fatto davvero i conti politici: il riscaldamento globale che scopre gas, petrolio e minerali a nord e impoverisce risorse idriche e ambientali nel resto del mondo, rendendo meno disponibili due materie prime che stanno provocando conflitti diffusi. Non solo. Per sostenere questa situazione i governi investono montagne di soldi sulle armi e sulla ricerca sempre a scopo militare. Investimeni che potrebbero invece essere utilizzati
proprio per la sostenibilità ambientale, che tra l´altro contribuirebbe anche ad evitare future guerre. legate appunto alla scarsità di risorse e metarie prime.

La caduta del comunismo ha aperto nuovi scenari, ma l’America ha puntato tutto sul contenimento del “nemico islamico”, ha lanciato la guerra infinita per la libertà contro il terrorismo per garantirsi la sicurezza dell’accesso alle risorse petrolifere ed il loro controllo, ed oggi si trova, quasi impotente e forse sorpresa, ancora a fronteggiare le potenze di prima del crollo del muro di Berlino: una Russia nuovamente imperiale e una Cina comunista patria del capitalismo più aggressivo, come se gli Usa, alla fine si accorgessero di avere costruito da soli pericolosi cavalli di Troia, come se scoprissero di essere stati un Ulisse al contrario.

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