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Rigenerazione urbana, il governo taglia un miliardo e 600 milioni. L’Inu: «Grave errore, ci ripensi»

L’Istituto nazionale di urbanistica punta il dito contro un articolo presente nella manovra di bilancio. «I cantieri sono avviati e le imprese potrebbero rivalersi sui Comuni in caso di interruzione dei lavori per sopravvenuta mancanza di fondi»
 |  Territorio e smart city

Le attività che vengono sintetizzate nel concetto di “rigenerazione urbana” sono fondamentali per recuperare le aree cittadine in disuso, riqualificare quelle degradate, aumentare complessivamente il potenziale degli spazi urbani. Si tratta di tutta una serie di misure volte a migliorare la vita dei cittadini e ad evitare il consumo di suolo, a valorizzare e incrementare le aree verdi, a tutelare la sostenibilità ambientale, a promuovere l’inclusione sociale e l’efficienza energetica degli edifici. Ebbene, il governo Meloni ha deciso di procedere con un massiccio taglio nei confronti delle politiche finalizzate a raggiungere tutti questi obiettivi. Una decisione criticata da forze di opposizione, associazioni e anche dall’Istituto nazionale di urbanistica (Inu), che punta il dito contro l’articolo 104 della manovra di bilancio varata nelle scorse settimane dal Consiglio dei ministri tra le critiche delle forze di opposizione e associazioni ambientaliste e ora in discussione in Parlamento. 

«Un miliardo e 600 milioni di tagli alla rigenerazione urbana è un grave errore del governo, che per giunta confligge con l’orientamento espresso dalla maggioranza di approvare una legge proprio sulla rigenerazione urbana», denuncia in una nota l’Inu richiamando anche il fatto che proprio in queste settimane Camera e Senato stanno discutendo un testo dedicato proprio a questo tema. «Rivolgiamo un appello all’esecutivo e al Parlamento per il ripristino delle risorse», è l’appello lanciato dall’Istituto nazionale di urbanistica 

Tra l’altro, l’Inu segnala una particolarità che rende il restringimento delle risorse a disposizione per le operazioni di recupero e riqualificazione ancora più dannoso, ovvero «il taglio lineare di 800 milioni ai cosiddetti PINQuA, i progetti del Programma innovativo per la qualità dell’abitare gestiti dal ministero delle Infrastrutture e realizzati dai Comuni che hanno firmato convenzioni con lo Stato aggiudicando appalti alle imprese». Qual è il problema? È presto detto: «I cantieri sono avviati e le imprese potrebbero rivalersi sui Comuni in caso di interruzione dei lavori per sopravvenuta mancanza di fondi. Un’altra grave conseguenza sarebbe il ritiro degli investimenti privati». Gli 800 milioni dei PINQuA, prosegue l’Istituto nazionale di urbanistica, vengono poi tagliati a fronte di anticipazioni sul Pnrr che il governo ha già acquisito dall’Unione europea: «Dall’inserimento in Pnrr i PINQuA derivano quindi l’obbligo di conclusione nel 2026, ma come si farà a ultimarli se si tagliano i finanziamenti? E se non si ultimano, come si giustificherà in sede europea il mancato raggiungimento degli obiettivi?».

L’Inu segnala anche quali sono gli altri 800 milioni tagliati: sono quelli del Programma periferie degradate. «Anche in questo caso le convenzioni sono firmate, gli appalti avviati e i contributi dei privati attivi».

Ecco perché l’Istituto rivolge un appello a governo e Parlamento per il ripristino dei fondi per la rigenerazione urbana: «Per ragioni tecniche ma anche perché si tratta di risorse che vanno a beneficio della qualità di vita nelle nostre città. Servono in primo luogo ai cittadini che hanno diritto a spazi pubblici più salubri, a infrastrutture rinnovate, a servizi più efficienti. È tra l’altro quanto meno paradossale che le risorse vengano cancellate proprio nella fase in cui emerge la volontà politica di condurre in porto la legge sulla rigenerazione urbana, che rischia così di trasformarsi in un mero spot, per giunta infelice». 

Redazione Greenreport

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