Guardare l’africa con altri occhi: nel 2050 ci vivrà più del 25% della popolazione mondiale
Secondo il dossier “Con altri occhi: Uno sguardo diverso sull’Africa che cambia grazie al potenziale dei giovani”, pubblicato da “Impossibile 2024” di Save the Children «Entro il 2030, oltre il 40% della popolazione giovanile mondiale sarà africana ed entro il 2050 l'Africa rappresenterà più del 25% della popolazione globale, con un incremento fino a 2,1 miliardi e un’età media inferiore ai 25 anni. Dal punto di vista economico, l’Africa è il secondo continente, dopo l’Asia, con il più alto tasso di crescita, con proiezioni per il 2024 e il 2025 che superano quelle medie globali. 11 tra le 20 economie in più rapida crescita nel 2024 sono africane, con un aumento del PIL stimato tra il 3.8% e il 4.2%, rispettivamente nel 2024 e 2025».
Save the Children evidenzia che «L’Africa, dunque, è il continente che cresce di più e il più giovane. La sua crescita demografica significa che entro il 2035 ci saranno più giovani africani che entreranno nel mondo del lavoro ogni anno rispetto a tutti gli altri Paesi messi insieme. Un bacino immenso che rappresenta un potenziale enorme per lo sviluppo, ma a condizione che tutti possano accedere a un adeguato percorso educativo e formativo. Attualmente, nonostante i progressi degli ultimi 60 anni, l’Africa subsahariana registra i più alti tassi di esclusione scolastica al mondo e di povertà dell’apprendimento. Un continente tra luci e ombre, che necessita di una grande investimento di fiducia verso le nuove generazioni».
E a proposito di luce, la Banca mondiale dice che nell’Africa sud-orientale non hanno accesso all’elettricità 365 milioni di persone, oltre la metà della popolazione mondiale non elettrificata (675 milioni).
Ma l’Africa è i un continente in crescita veloce e con em normi contraddizioni: vanta i più alti tassi di imprenditorialità al mondo, soprattutto giovanile - oltre una persona su cinque in età lavorativa che ha avviato una nuova attività, più di tre quarti dei giovani intendono avviarne una entro cinque anni- e la più alta percentuale globale di donne imprenditrici. Nella grande maggioranza dei casi si tratta di piccole imprese a carattere familiare e fanno parte di un tessuto economico informale.
presentando il dossier in occasione della seconda e ultima giornata di “IMPOSSIBILE 2024. Costruire il futuro di bambine, bambini e adolescenti”, Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children, ha evidenziato che «L'Africa si trova di fronte a una delle più grandi opportunità e sfide del XXI secolo: mettere a frutto il potenziale dei suoi milioni di giovani per guidare la sua crescita e il suo sviluppo. Tuttavia, per farlo, è necessario un cambiamento sistemico, che parta innanzitutto da investimenti nell'istruzione di qualità e nella formazione professionale, nella promozione delle soft skills e dell’empowerment, nonché la creazione delle condizioni per favorire l’occupazione e l’imprenditoria giovanile, anche attraverso l’accesso al credito, partenariati inclusivi e approcci innovativi”, “Per intercettare appieno il potenziale dei giovani africani e supportare il loro dinamismo, la comunità internazionale deve agire con una visione di lungo periodo, perché sono i bambini e le bambine che nasceranno oggi che avranno 25 anni nel 2050. Bambine e bambini destinati a essere la linfa e potenzialmente i leader di un continente, che per allora conterà il 25% della popolazione mondiale».
Il protagonosmo dei giovani africani è stato al centro del convegno “Shifting perspectives, Unlocking Africa’s youth potential” di IMPOSSIBILE 2024, dal quale è emerso «Il loro grande fermento innovativo e la necessità di sostenere lo sviluppo del loro potenziale e delle loro aspettative, attraverso il coinvolgimento di tutti i settori della società e la creazione di partenariati multistakeholder efficaci, al fine di favorire uno sviluppo sociale ed economico sostenibile e duraturo. Perché è quanto mai necessario intercettare le tendenze positive in atto, le esperienze, le voci e le buone pratiche che emergono dal continente, troppo spesso tenute ai margini del dibattito pubblico, affinché possano diventare modelli di sviluppo».
E mentre il mondo si interroga su come creare circoli virtuosi di sviluppo socioeconomico che siano vantaggiosi per le popolazioni locali e per l’intera comunità internazionale, anche il governo italiano, con il Piano Mattei per l’Africa, ambisce a svolgere un ruolo nuovo nelle relazioni tra Europa e Africa e a consolidare e incrementare l’impegno del “Sistema Italia” nel continente con investimenti per circa 5,5 miliardi di euro in 4 anni e l’avvio di progetti per creare sinergie e partenariati tra istituzioni e settore privato, in settori chiave come l’educazione, la salute, l’agricoltura, l’energia e l’accesso all’acqua.
Un Piano mATTei che – al netto della propaganda governativa italiana – ha finora riscosso più perplessità che favore in Africa e anche la Fatarella non nasconde qualche perplessità e necessità di adattamento: «Il nostro Governo ha due grandi occasioni per esercitare una leadership a livello mondiale in questo momento: il G7 e il Piano Mattei per l’Africa, che va pensato in sinergia con la strategia di cooperazione allo sviluppo italiana e con le priorità in mitigazione e adattamento del Fondo Italiano per il Clima. Ma affinché tutto ciò non diventi un’occasione persa, è necessario promuovere un cambiamento sistemico radicale, assumersi l’onere di un impegno a fianco delle popolazioni, che si basi innanzitutto sulla redistribuzione delle opportunità. Un investimento prioritario sull’infanzia e sui giovani non è più rimandabile, così come il rafforzamento del ruolo degli attori locali, la valorizzazione dell’esperienza e delle competenze delle organizzazioni della società civile e il pieno coinvolgimento dei governi e della società civile dei Paesi partner nei processi decisionali e di coordinamento delle iniziative. Abbiamo bisogno di nuove regole se vogliamo realmente implementare nuovi approcci che portino a uno sviluppo socioeconomico sostenibile. Il Piano Mattei e la strategia della cooperazione italiana allo sviluppo possono essere dei catalizzatori per nuove collaborazioni e progettualità, ma solo se l’Italia riuscirà a diventare un agente moltiplicatore nella realizzazione concreta di condizioni abilitanti fondamentali per lo sviluppo, con i relativi finanziamenti adeguati».
L’Africa resta comunque un continente fragile e povero nel quale si acuiscono le disuguaglianze, con concentrazioni di ricchezza nei ceti più socialmente abbienti e con risorse pubbliche insufficienti per soddisfare i bisogni di base della popolazione. Secondo il World Inequality Database «La disuguaglianza di reddito rimane molto elevata nell'Africa subsahariana: il 10% più ricco della regione controlla quasi il 56% del reddito totale, in linea con le caratteristiche di estrema disuguaglianza che si riscontrano in America Latina e in India». E il rapporto “Fighting inequalities: A Major Challenge and an Essential Prerequisite for Inclusive and Sustainable Growth in Africa” pubblicato nel 2023 dal Policy Center for the New South, evidenzia che tra i 20 Paesi nei quali si concentrano le maggiori disuguaglianze ci sono 9 paesi africani, compresi Stati ricchi di risorse naturali, come Sudafrica e Botswana.
A questo si aggiungono instabilità politica e guerre e guerriglie: Save The Children denuncia nei sui report che «L’Africa ha da anni il maggior numero di minori che vive in zone di conflitto armato, 183 milioni di bambini e bambine solo nel 2022.Le conseguenze della crisi climatica hanno inoltre contribuito a portare almeno 33 milioni di persone nell’Africa orientale e meridionale a livelli emergenziali di insicurezza alimentare. Dei 774 milioni di minori che subiscono le conseguenze del duplice impatto di povertà e rischio climatico, il 40% in Africa subsahariana». Ma è la stessa ONG a sottolineare che «È tuttavia importante conoscere e fare leva sulle tendenze positive già in atto e sul potenziale inespresso di una popolazione giovane e in grande fermento innovativo».
Quella africana è soprattutto un’economia informale, che si basa su piccole e medie imprese (PMI), che rappresentano l'80%-90% dei posti di lavoro nel continente, dove è coinvolto il 95% dei giovani africani. Un dato molto superiore al meno del 50% di economia informale e di piccole imprese nelle Americhe, in Europa e in Asia. Quelle africane sono soprattutto di imprese a conduzione familiare (Family-owned businesses - FOB), pari al 70% delle PMI. Ma ci sono anche le "SME Eagles (Small and Medium Enterprises Eagles)", realtà spesso gestite da giovani e guidate da imprenditori esperti in un mercato collaudato.
Il nuovo report dice che «L'Africa emerge anche come un hub per l'imprenditorialità a forte crescita con numerose start-up innovative e tecnologiche. Dal 2019, 7 “unicorni tecnologici”, ovvero aziende che hanno raggiunto una valutazione di mercato superiore a un miliardo di dollari pur non essendo quotate in borsa, sono nati nel continente, ad esempio in Nigeria, Senegal, Ghana ed Egitto».
La Fatarella conferma: «C’è un grande dinamismo ed è necessario mettersi all’ascolto di questa forza nascente da intercettare e supportare in termini di sostegno, sistematizzazione e organizzazione. Ogni tipo di intervento per lo sviluppo dell’Africa deve partire dall’empowerment dei più giovani, per ribaltare un settore imprenditoriale frenato da problemi quali accesso al credito e ai finanziamenti, elevati costi di gestione a causa di infrastrutture inadeguate, condizioni macroeconomiche sfavorevoli, politiche governative poco favorevoli».
Save the Children, che è profondamente radicata in Africa, ritiene che le organizzazioni non governative possano avere un ruolo fondamentale come acceleratore di impatto, che si attua non solo attraverso i finanziamenti ma soprattutto con modelli operativi innovativi ed efficaci e che sia fondamentale «Essere il ponte per fare dialogare le comunità e l’imprenditoria locali con i grandi players economici che in Africa lavorano e acquistano le proprie materie prime, mettendo al centro la tutela dei diritti dell’infanzia, primo tra tutti quello all’educazione».
L’Africa subsahariana ha i più alti tassi di esclusione scolastica e di povertà dell’apprendimento al mondo: un quinto dei bambini tra i 6 e gli 11 anni e un terzo di giovani tra i 12 e i 14 anni non frequentano la scuola e 9 bambini su 10 non siano in grado di leggere e comprendere un semplice testo all’età di 10 anni[. Save The Children fa notare che « Il continente avrà bisogno di 17 milioni di insegnanti in più per poter raggiungere l’istruzione primaria e secondaria universale entro il 2030. È necessario partire dall’educazione quale fondamento imprescindibile su cui costruire il futuro di bambini e bambine e quello delle comunità. É urgente e fondamentale investire risorse adeguate per assicurare l’accesso a una educazione inclusiva e di qualità fin dalla prima infanzia e per rafforzare la resilienza dei sistemi educativi per assicurarne la continuità. Al contempo si deve investire nello sviluppo professionale, nel benessere e nell’assunzione di nuovi insegnanti e dello staff educativo. Per raggiungere tali obiettivi è necessario colmare il gap di finanziamenti per l’educazione a livello globale, assicurando il pieno finanziamento dei Fondi Multilaterali quali la Global Partnership for Education e Education Cannot Wait. La mancanza di competenze e opportunità comporta, soprattutto negli adolescenti che vivono in situazioni di svantaggio socioeconomico, una maggiore probabilità di perpetuare il ciclo della povertà. Affinché adolescenti e giovani siano agenti di cambiamento e parte attiva della crescita della propria comunità, è fondamentale supportarli tanto nell’acquisizione delle competenze professionali quanto di quelle personali (life-skills), tra cui abilità comportamentali, relazionali, morali e creative. L’esperienza dell’Organizzazione sul campo mette in evidenza come sia fondamentale promuovere la partecipazione dei giovani nei programmi e nelle politiche che hanno un impatto diretto sulle loro vite».
Inoltre, per assicurare all’Africa un sicuri o pacifico e giusto occorre favorire l’occupazione e l’imprenditorialità giovanile: «Le attività di cooperazione internazionale dovrebbero agire sinergicamente con le raccomandazioni e i piani strategici dell’Unione Africana così da indirizzare gli investimenti e gli investitori, anche privati, verso i settori chiave per l'occupazione giovanile, tra cui sono identificati come prioritari l'economia digitale, i green jobs e l'economia dei servizi, destinati ad acquisire maggiore importanza nei prossimi decenni. Per supportare le PMI e le SME Eagles guidate dai giovani, è necessario fornire possibilità di accesso al credito, facilitare la strutturazione delle imprese, attrarre investitori locali e venture capital (capitale di rischio), accompagnare l’accesso al mercato, generare fiducia nella governance pubblica e stabilire partenariati pubblici e privati. In particolare, sarà rilevante contribuire alla digitalizzazione delle economie africane e allo sviluppo degli hub di imprenditorialità a forte crescita, soprattutto nei settori dell’economia digitale e dei green jobs come drivers della transizione economica».