Neve in Italia, è come se ci fossero stati due inverni diversi al nord e al sud
Con il mese di maggio la Fondazione Cima chiude i suoi aggiornamenti periodici sullo stato della neve in Italia con una buona notizia: dopo due anni di deficit, le risorse nivali per la stagione invernale 2023-24 si erano colmate nei tra febbraio e aprile e gli ultimi dati lo confermano e riportano anzi un miglioramento significativo: «Lo snow water equivalent, indicatore che definisce l’acqua contenuta nella neve, è salito a livello nazionale dal +1% di aprile al +42% odierno».
Francesco Avanzi, ricercatore di Fondazione Cima, commenta: «Se consideriamo la situazione a inizio inverno, quando il deficit sembrava pronto a seguire quello degli anni passati, il cambiamento che osserviamo è una chiara conferma di come, quando si parla di neve, la situazione possa evolvere in modo sostanziale. Per questo è importante valutare la stagione nel suo complesso e non per le singole nevicate. Ricordiamo anche che, quando si parla di neve, i protagonisti principali sono sempre gli stessi: le precipitazioni e le temperature. Sulle Alpi, le ultime settimane sono state fresche e umide, e questo ha portato a dati di Swe in positivo (+44%). La situazione, però, si mantiene radicalmente diversa sugli Appennini». Infatti, c’è una profonda differenza tra le condizioni d’innevamento alpine e quelle appenniniche. I nuovi dati di Fondazione Cima confermano che «la valutazione per il Tevere (indice per l’area dell’Appennino centrale) stima un deficit del -12% rispetto al periodo storico, anche se ormai si tratta di una chiara sottostima a questo punto dell’anno».
Avanzi aggiunge: «Ribadiamo quanto detto nell'ultimo aggiornamento: è come vi fossero stati due inverni, uno per le Alpi ricco di precipitazioni, e uno per gli Appennini, molto avaro di neve. Non possiamo quindi parlare di “siccità italiana”: il nostro è un Paese complicato dal punto di vista climatico, nel quale si possono verificare situazioni locali anche opposte tra loro». E la Fondazione Cima fa notare che «l’altro aspetto che è importante evidenziare a conclusione di quest’inverno è che comunque continua a osservarsi un forte deficit di neve alle quote inferiori ai 1800 metri d’altitudine, sia sulle Alpi sia sugli Appennini. La neve è riuscita a essere abbondante solo sulle Alpi e solo al di sopra dei 2000 metri, dove lo zero termico stagionale non è stato ancora superato in maniera significativa. In altre parole, al di sotto di determinate quote le temperature sono state troppo elevate e, anche a fronte di precipitazioni abbondanti, hanno portato a una fusione precoce della neve».
Avanzi. conclude con qualche considerazione sul futuro. «Nel nord della penisola abbiamo una riserva idrica nivale significativa per questo periodo dell’anno. Le temperature moderate delle ultime settimane hanno anche aiutato a preservare la neve, evitando fusioni precoci. Ma sono proprio queste le variabili da monitorare: è importante che le temperature non salgano troppo e troppo in fretta, perché per essere utile la neve deve fondere fino alla tarda primavera. Se confrontiamo le precipitazioni di aprile con l’evaporazione (legata alla temperatura), vediamo che la risorsa idrica superficiale inizia già a essere in deficit ora. Insomma: è importante continuare il monitoraggio, come faremo anche attraverso l’Osservatorio Pioggia e Siccità, realizzato da Il Sole 24 Ore in collaborazione con Fondazione Cima, che riporta i dati aggiornati sulle variabili più significative».
Federico Spadini, responsabile campagna clima di Greenpeace Italia, avverte che «il bilancio positivo nazionale delle risorse di neve è solo apparentemente una buona notizia, dal momento che i bacini dei fiumi dell’Appennino sono in una condizione di deficit idrico preoccupante. Con un’altra estate di probabili temperature record alle porte, dobbiamo prepararci a un aggravarsi della siccità per milioni di persone che vivono nelle regioni centro-meridionali, con impatti drammatici sulla disponibilità di acqua, la salute e la produzione agricola. Per questo motivo chiediamo al governo italiano di smettere di sottovalutare gli impatti della crisi climatica e di impegnarsi da subito con soluzioni concrete per contrastare la siccità e migliorare l’uso della risorsa idrica che sarà sempre più scarsa».
Greenpeace Italia ha perciò avanzato otto proposte per combattere la siccità rivolte al governo Meloni. Fra queste l’accelerazione del processo di decarbonizzazione, la riduzione delle emissioni di gas serra e una serie di misure per ridurre il consumo idrico in agricoltura, incentivando le pratiche agroecologiche e limitando gli impatti e i consumi del settore zootecnico.