[24/07/2012] News

Ilva, se il lavoro e la sua qualità stanno su piatti diversi è la bilancia che si rompe

Sebbene il titolo, Valutazione economica degli effetti sanitari dell'inquinamento atmosferico, e la sede che lo ospita, la facoltà di Giurisprudenza, indichino che l'incontro ha una natura inequivocabilmente "tecnica", quello che si chiude oggi a Taranto non è (solo) un convegno scientifico. Ma è una fase di una partita che pensavamo ormai antica - quella tra lavoro e ambiente, tra industria pesante e salute pubblica - e che invece in questi giorni, in queste ore, è tornata con prepotenza di attualità nella città pugliese.

L'industria di cui stiamo parlando è l'Ilva, che a Taranto conserva la più grande fabbrica siderurgica d'Italia, dando lavoro a migliaia di operai e tecnici in uno spazio - quello del Mezzogiorno d'Italia - e in un tempo - quella della globalizzazione e della crisi finanziaria - dove di lavoro ce n'è drammaticamente poco.

Il guaio è, sostengono in molti, che la grande fabbrica inquina. E che le sue emissioni velenose in atmosfera producono effetti sanitari  molto gravi - persino la morte di molte persone, questa almeno è l'accusa - che oltre ad avere un costo umano inaccettabile produce un forte danno economico.

L'accusa è stata formalizzata e portata in tribunale. La magistratura ha indagato, portato alla sbarra alcuni dirigenti e ora si attende, di giorno in giorno, un primo verdetto. Lungi da noi volerlo anticipare. Ma è un fatto che, sempre da qualche giorno, i due più alti dirigenti dell'Ilva, il direttore e il presidente, entrambi indagati, si sono dimessi. E che il Consiglio Regionale ha anticipato i tempi (la discussione era prevista a settembre) e ha approvato all'unanimità una legge piuttosto radicale - ricalibrata punto per punto con il Ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, per evitare che il governo la impugnasse per incostituzionalità - che introduce, appunto, la "Valutazione d'impatto sanitario" e prevede un investimento pubblico iniziale per la bonifica di 300 milioni di euro (100 a carico della regione, 200 chiesti allo stato). Il ministro Clini, per parte sua, ha convocato per giovedì prossimo un tavolo dove iniziare a discutere i nuovi vincoli per l'azienda, la tabella di marcia della bonifica e i quattrini che il governo intende mettere a disposizione.

I maligni dicono che tanta fretta - le dimissioni, la nuova legge, il coordinamento ministeriale - ha una causa: in quei rumors secondo cui la sentenza della magistratura è prossima e sarebbe piuttosto severa con l'azienda.

Quanto alla legge voluta dal Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, ha trovato un'improvvisa unanimità nel Consiglio regionale dopo essere stata a lungo contestata fuori. Nei mesi scorsi, per esempio, Raffaele Fitto, già Presidente della Regione e già Ministro, ha sostenuto che nessuno può permettersi di far crollare l'economia ionica. Anche Confindustria l'ha criticata, perché la legge sarebbe punitiva verso l'ultima (o quasi) grande industria che resta in Puglia e nel Mezzogiorno d'Italia e spingerebbe molti imprenditori ad andar via da (o a non venire in) quelle terre. D'altra parte la fabbrica è stata difesa da una parte cospicua dei lavoratori, che - vecchia questione - tra lavoro e salute, in quel deserto industriale che è il Sud, danno priorità al lavoro. Pensano che se perdono questo non avranno molte altre alternative.

Al contrario, il leader verde Angelo Bonelli ha criticato la legge perché troppo morbida. A Taranto, dice, c'è una grave emergenza e la nuova legge regionale la mena per le lunghe: la valutazione d'impatto sanitario richiederà molto tempo. Un tempo che Taranto non può aspettare. Inoltre quei 300 milioni annunciati sono briciole rispetto a quanto serve se si vuole davvero bonificare.

Il dibattito è drammatico, ma - come dicevamo - alquanto vecchio. Intriso di contraddizioni difficilmente sanabili. È quello che succede quando si usa una bilancia sbagliata e su un piatto si pone il posto di lavoro e sull'altro la qualità sociale (i diritti, il reddito) e ambientale. Se il lavoro e la sua qualità stanno su piatti diversi è la bilancia che si rompe.

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