[21/04/2011] News

Con la “water economy” si può tutelare la risorsa idrica attraverso un modello economico sostenibile

Parte della più ampia green economy, la "water economy" rappresenta un'opportunità per garantire tutela della risorsa idrica muovendo l'economia. Il tema è stato al centro di un confronto promosso dal Barilla Center for food & Nutrition (Bcfn) in cui è stato messo in evidenza come gli investimenti in infrastrutture, necessari per colmare il gap storico che riguarda il settore e per innescare strategie di adattamento considerate le previsioni sull'approvvigionamento conseguenti ai cambiamenti climatici, possano rappresentare un'opportunità per l'avanzamento delle economie, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.

«L'acqua può diventare uno strumento di sviluppo dell'economia - ha dichiarato Stella Thomas (Nella foto), fondatrice ed executive director del Global Water Fund - è stato calcolato che un dollaro investito in infrastrutture idriche ne rende 30-40, riducendo la povertà e migliorando l'economia». Cresce la popolazione, in alcune aree del pianeta l'acqua arriva quando non serve (e non viene tesaurizzata), mentre in altre ci sono sempre meno risorse idriche disponibili. E' necessario quindi intraprendere un utilizzo sostenibile ed integrato della risorsa idrica che secondo il centro di ricerche Bcfn deve passare anche attraverso un regime alimentare più "water friendly" che riduca l'impronta idrica dei cibi (cioè il volume d'acqua consumata direttamente o indirettamente per realizzarli, calcolato sommando tutte le fasi della catena di produzione).

Inoltre occorre «ridurre l'utilizzo dell'acqua nelle produzione agricole e industriali e sostenere la commercializzazione di prodotti con un basso impatto idrico e garantire il diritto all'acqua a tutta la popolazione mondiale» ha concluso Barbara Buchner, direttore del Climate Policy Initiative di Venezia.

Tutto condivisibile, ma per far diventare strategica la "water economy" a livello globale, ci vuole anche un governo mondiale dell'acqua affidato agli stati (cioè all'Onu) che riconosca definitivamente il diritto all'acqua e indirizzi nei vari contesti verso le necessità (anche infrastrutturali), secondo le "linee guida" della sostenibilità ambientale, sociale ed economica. Altrimenti continueranno a prevalere gli interessi di pochi.

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