[20/04/2011] News

Energia, materia... sostenibilità: senza pianificazione non c'è futuro

Pianificazione. E' questo il convitato di pietra in questa triste Italia degli anni Dieci del 2000. In una democrazia matura come la nostra consapevole (è una speranza), che o si ha come orizzonte la sostenibilità ambientale e sociale o non c'è futuro, si tratta di un'assenza pesantissima. Perché il metabolismo economico consuma energia e materia e se non si pianifica appunto una sua gestione e si rimane ancorati a una logica folle di crescita sempre e comunque non si capisce proprio come uscirne fuori.

E l'ultima debacle della cosiddetta Rinascita nucleare all'italiana è la prova provata di quanto sosteniamo (non solo noi, sia chiaro) ormai da tempo. Un Paese che guarda lontano avrebbe dovuto anni fa varare un piano energetico con al primo posto la riduzione dei consumi e la progressiva uscita dall'utilizzo delle fonti fossili nell'ottica di uno sviluppo di due filiere ad essi legate portatrici queste sì di posti di lavoro e crescita di quello che deve effettivamente crescere.

Attraverso anche un maggiore investimento in ricerca, propedeutica e mirata proprio nell'unica direzione possibile data la crisi ecologica in atto. Invece si è scelto di rinunciare a un piano già pronto di riduzione di efficienza energetica - proposto tra l'altro da Confindustria... - e sposare l'atomo nonostante l'evidenza dell'irrazionalità di un'operazione già emersa prima del disastro di Fukushima. Non solo, si è portato avanti una politica di incentivi alle rinnovabili studiata male e che ora per questo si vuole cancellare, o depositare, sbagliando quindi due volte...

Come del resto non si è voluto portare avanti politiche nazionali - mentre a livello regionale anche se in ordine sparso qualcosa si è intravisto - su un'altra questione fondamentale: la tutela del territorio. Anzi, qui in tutti i modi si è cercato di far passare nuovi condoni, alla faccia della necessità invece di affrontare una volta per tutte il grave dissesto idrogeologico nazionale reso ancor più grave da una urbanizzazione che si può solo definire folle. Non solo, si smobilitano i Parchi e le aree protette in un silenzio assordante quasi generale.

Per non parlare dell'altra gamba dell'economia (ecologica) che è la materia, negletta se non nella sua più evidente forma che è quella finale, ovvero i rifiuti. La parte brutta, sporca e cattiva che si pensa si possa cancellare con la sola raccolta differenziata (peraltro fatta bene solo in poche aree del Paese) e con la sola arma delle leggi. Con pochissima attenzione invece sulla necessità anche qui di una sua conservazione a livello di materie prime (e qui il livello è globale, non conta infatti la progressiva riduzione del prelievo di materia italiano se questo viene fatto per conto dell'Italia all'estero) e soprattutto nel riciclo e nel riutilizzo delle stesse.

Perché si sono incentivate (giustamente) le energie rinnovabili (con anche strumenti discutibili come il Cip 6) e invece non si incentiva in qualche modo il riciclo che sono materie rinnovabili? Il concetto non è dissimile, e magari è da studiare la formula migliore nella giungla di quello che già si paga per la gestione dei rifiuti, ma il tema dovrebbe almeno essere posto. Il Laboratorio delle materie prime di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi è la dimostrazione che, volendo, all'Italia non manca davvero niente per essere competitiva, ma senza input nazionale pianificatori, la strada da già complessa diventa il Passo del Pordoi.

Se di fronte a queste urgenze, guardiamo poi in che faccende è affaccendato il nostro premier,  viene lo sgomento. L'immagine che emerge è quella di un Paese "senile", che ha paura del futuro e galleggia in un pessimo presente, una situazione che, se non fossimo nella tanto bistrattata Europa, sembrerebbe quella di certi inamovibili regimi arabi, per di più senza alle porte una rivoluzione delle idee per poterli scardinare davvero. Ma noi siamo abituati a guardare oltre e quindi a un futuro... diverso.

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