[13/04/2011] News

La crisi della crisi: fenomenologia del cigno bianco

LIVORNO. Il Financial Stability Board guidato da Mario Draghi ha lanciato ieri, e non è la prima volta, l'allarme sulla difficoltà di stabilire le dimensioni effettive del sistema bancario 'ombra', con conseguenze negative sulla capacità di una sua regolamentazione, aggiungendo che altri rischi possono arrivare da strumenti finanziari innovativi come gli Etf.

Utile ricordare che, come scrivono Nouriel Roubini e Stephen Mihm, alla nascita della famigerata bolla che ha causato l'inizio della crisi attuale «un ruolo importante lo ha svolto anche l'incapacità del governo di tenere il passo con l'innovazione finanziaria». Non solo per la ben nota «mancata regolamentazione dei derivati esotici», ma per aver contribuito all'ascesa del sistema bancario ombra, costituito da «istituti finanziari che somigliano a banche, operano come banche, danno e ricevano credito e investono come banche, ma - e qui viene la parte importante - non sono regolamentati come banche».

Dopo il ritorno in auge dei mutui subprime, di cui ci siamo già occupati (vedi link), questo è per noi il secondo indizio che poco o niente è cambiato a livello di economia finanziaria dallo scoppio della crisi ad oggi. Il terzo indizio, che dunque dovrebbe fare la prova, arriva oggi dal Sole24Ore che raccontando dell'andamento delle borse di ieri - la caduta di tutto quello che in qualche modo ha a che fare con il rischio: azioni, oro, argento, petrolio e le altre materie prime - afferma: «Se ancora ce ne fosse stato bisogno, quanto è accaduto ieri dimostra come siano i flussi di liquidità (e sempre più spesso la liquidità presa a prestito) a determinare l'andamento delle borse, del petrolio e delle materie prime. E svela pure la natura essenzialmente speculativa che aveva portato, fino a qualche giorno fa, i sincroni rialzi dei mercati azionari, del petrolio e dei metalli preziosi. Per il presidente della Fed, Ben Bernanke, potrebbe essere la dimostrazione che i rincari di commodity e derrate alimentari sono fenomeni ‘temporanei' e, come tali, non forieri di preoccupante inflazione. È difficile dirlo. Di certo è che la componente speculativa gioca un ruolo ben più importante delle considerazioni fondamentali».

Banche ombra, titoli tossici e speculatori in azione: torniamo quindi mani e piedi dentro uno dei problemi certi del capitalismo maturo ovvero l'eccessiva finanziarizzazione dell'economia. Quella che secondo i marxisti dovrebbe essere premessa per la stessa fine del capitalismo. Il guaio è che un modello alternativo al capitalismo al momento non è in corsa e dunque conviene tentare l'impresa di cambiare - come oggi rispolvera Adriano Sofri su Repubblica - questo modello economico riconvertendolo verso l'ecologia. Passaggio che deve prevedere - compito che lasciamo agli economisti e ai governi - proprio una riduzione formidabile della finanziarizzazione, in fuga però grazie alla tecnologia.

Il rapporto economico tra la sfera della finanza e quella della produzione è infatti uno dei problemi principali all'interno de discrimine tra ciò che deve o non deve crescere.

La sproporzione tra volumi di scambi di merce reali e quelli attivati dagli strumenti finanziarie è tale che regolamentare l'economia reale con l'obiettivo di ridurre i flussi di energie e di materia - l'abc dell'economia ecologica - è attualmente ai limiti dell'utopia. Soprattutto per i tempi con cui le macchine confezionano strumenti finanziari che spostano capitali da una parte all'altra del mondo grazie ad un semplice click, versus i tempi dei governi per porre rimedio ai disastri eventuali che questi provocano.

Un esempio viene proprio da quegli Etf di cui parla Draghi. Con essi è possibile investire in molti settori dell'economia mondiale riguardanti la liquidità, i mercati obbligazionari, i mercati azionari e le materie prime. Uno dei pionieri nello sviluppo degli Etc e Etf di terza generazione è Etf Securities che nei giorni scorsi ha pubblicato un documento dove segnala che il terremoto in Giappone ha danneggiato quasi un quarto della produzione di elettricità da nucleare e che il carbone è considerato come il potenziale sostituto per compensare la perdita di energia prodotta dal nucleare.

Il carbone - si legge nel report - sarà il candidato principale per sostituire il nucleare. L'impatto sulla domanda potrebbe essere ancora più evidente se alcuni degli altri paesi abbandonassero i progetti sulle centrali nucleare dopo la crisi giapponese. E' il mercato, bellezza, per di più quello finanziario e non c'è certo da stupirsi. Ma dal punto di vista ambientale si capisce che queste riposte non sono quelle che ci si attendono - il carbone al posto del nucleare non dà certo garanzie di impatti migliori anche se è chiaro che il Giappone rimedierà con quello che gli costa meno - però queste risposte sono quelle che spostano i capitali.

In questo senso ci sentiamo di dare ragione a Roubini quando sostiene che i cigni neri - ovvero eventi imprevedibili e rarissimi - non esistono, sono tutti cigni bianchi, nel senso che non c'è proprio nulla appunto di imprevedibile. La nascita delle banche ombra come di questi strumenti finanziari è legata proprio al fatto che è il rischio quello che genera potenzialmente più guadagni. Ma è quello che provoca anche i danni maggiori. Qui non è neppure quindi, utilizzando sempre le parole di Sofri, un problema di eterogenesi dei fini - conseguenze non intenzionali di azioni intenzionali - , perché qui non si insegue nessun modello sostenibile neppure alla lontana. L'Ue peraltro ancora non riesce a trovare una posizione univoca sul tema nonostante qua e là l'analisi sia piuttosto ben fatta.

Stiamo parlando inoltre di cambiamenti epocali per i quali sappiamo bene che non bastano pochi anni e soprattutto che dovranno coinvolgere quei Paesi che prima non sedevano ad alcun tavolo perché realtà emergenti. Quando ora sono loro a dettare legge in primis la Cina e poi l'India e i Brics. Lo scenario mondiale è completamente mutato e siamo in una situazione di grande caos dove il singolo Stato che cerca una ricetta per la crescita - oltretutto quale che sia - come l'Italia, è ovvio che fa una fatica enorme e la farebbe anche con un governo di segno diverso. Almeno in questo momento storico.

Forse servirebbe davvero quell'università del disastro che prima della crisi già Paul Virilio indicava come necessaria per affrontare in modo sistemico i danni che con certezza l'uomo avrebbe fatto e continuerà a fare. Nel frattempo seguire almeno Draghi in questa battaglia e riuscire a far crescere un movimento politico (meglio se internazionale) che porti al centro l'economia ecologica (e non l'ambientalismo di maniera) potrebbe far salire il dibattito al livello a cui bisogna farlo salire.

Dal nostro punto di vista tante cose sono già finite in cantina a partire dall'idea di essere entrati nell'era del post-industriale, quando invece è evidente più che mai che senza industria non si va da nessuna parte. Ma è quale industria vogliamo che fa la differenza, e chi si incentiva e come, che dà il segno del saper guardare oltre di un governo. Tagliare gli incentivi alle rinnovabili per favorire il nucleare dove non c'è più è una dabbenaggine paragonabile a quella di non capire che se si vuole ridurre i flussi di materia bisogna incentivare il suo recupero. Rilanciando investimenti su tutta la filiera del riciclo.

Ma - semplificando all'osso - se è solo l'economia finanziaria che fa il bello e il cattivo tempo sulle materie prime senza più un benché minimo appoggio relativo alla loro scarsità, come si potrà ridurne il consumo e quale mercato mai potranno avere le materie seconde (quelle appunto generate dal processo di riciclo e non solo raccolte in modo differenziato)? Se sarà sempre il Pil a dire se una nazione sta bene o sta male, e se quel Pil i costi degli impatti ambientali non li considera anzi sono utili a far crescere il Pil stesso in alcune circostanze, come si uscirà mai dalla crisi ecologica?

I dati del nimby forum sul fenomeno della contestazione agli impianti che vede quest'anno molte più istituzioni a mettersi di traverso e oltretutto contro gli impianti di energia rinnovabile, misura la distanza tra i problemi reali e le discussioni nazionali.

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