[11/04/2011] News

La speranza spuntata dell’energia nucleare, ed i suoi costi nascosti

LIVORNO. L'energia nucleare può far parte della "soluzione"? Questa la domanda a cui hanno tentato di rispondere i quattro autori dell'articolo omonimo - apparso sull'ultimo numero della rivista dall'eloquente titolo Solutions for a sustainable and desirable future - redatto, tra gi altri, da Cutler Cleveland, direttore del Centro per l'energia e gli studi ambientali presso la Boston University e vicepresidente della Società internazionale di economia ecologica, ed il co-fondatore ed ex-presidente della stessa, Robert Costanza, adesso direttore dell'Istituto per le soluzioni sostenibili alla Portland State University, nonché una tra le teste pensanti più autorevoli nel campo dell'economia ecologica.

Muovendo da un'analisi del parziale meltdown (cioè, fusione del nocciolo) occorso nella centrale di Fukushima Daiichi, il quale ha messo nuovamente in luce chi, in caso di un incidente di tale portata, si fa maggiormente carico dei costi per affrontare l'emergenza - ossia lo Stato, e quindi tutti i cittadini - gli autori sottolineano la necessità non più procrastinabile di includere, per la scelta di quale possano essere le fonti energetiche utilizzabili in modo sostenibile, il computo totale dei costi, più o meno nascosti, che ognuna di esse presenta. Includendo dunque nel calcolo aspetti spesso trascurati, come gli impatti sul clima che queste comportano, oppure il rischio e la pericolosità degli incidenti, come pure il sicuro smaltimento dei rifiuti per una corretta chiusura del ciclo di utilizzo. In questo modo, e solo in questo, sarà possibile una serena valutazione, squisitamente economica (abrogando dunque possibili implicazioni morali o sociali, spesso troppo scomode per poter esser considerate), sulle possibilità concrete per l'approvvigionamento energetico della nostra società.

Gli autori dell'articolo avvisano come i grandi imprevisti che possono accadere nello sfruttamento dell'atomo non sono una possibilità da escludere e che questi, come la cronaca di questi giorni insegna, hanno conseguenze devastanti per l'economia e l'ecologia dei sistemi sui quali impattano. Non si può dunque nascondere come le innumerevoli centrali costruite prima degli anni novanta comincino a mostrare i difetti della loro età, aumentando le possibilità che gravi incidenti possano verificarsi.

Tutto ciò, analizzando soltanto le possibile emergenze dettate dal nucleare civile. I problemi più spinosi si trovano però, forse, proprio nell'utilizzo quotidiano di quest'energia, per la quale non è praticamente mai stato chiuso completamente un intero ciclo di utilizzo. Che ne è, infatti, dei rifiuti prodotti? Dove e come vengono smaltiti? Dopo decenni di tentativi nella patria tecnologica del pianeta, gli U.S.A., una risposta a questi problemi ancora non è stata offerta, dato che non è stato ancora possibile trovare un luogo definitivo per lo stoccaggio delle scorie nucleari, che possa garantire una loro sicura permanenza per almeno 1 milione di anni (requisito minimo di sicurezza stabilito dalla U.S. Environmental Protection Agency). Continuando a produrre energia elettrica tramite lo sfruttamento dell'atomo, non si fa che accentuare tale fondamentale punto critico, che si va a sommare alle già enormi problematiche per lo smantellamento delle centrali nucleari già attive.

La verità è che l'energia nucleare appare un'opzione conveniente solamente grazie ai sussidi governativi, tramite i quali vengono esternalizzati i costi di costruzione e mantenimento delle centrali (connessi alla gestione dei rischi di lungo termine) e, a monte, degli impianti che si occupano del ciclo del combustibile; in questo modo, inevitabilmente, il prezzo dell'elettricità prodotta da energia nucleare viene distorta, ed offerta al grande pubblico come l'alternativa più economica.

Per ovviare a queste gravi questioni, per l'energia atomica viene proposta l'eliminazione di tutte le sovvenzioni offerte attualmente per ridurre il costo del capitale privato necessario per la costruzione delle centrali, oltre che la richiesta di assunzione, ai proprietari delle stesse, di un'assicurazione che copra completamente le conseguenze di un possibile incidente (negli U.S.A., invece, la legge Price-Anderson limita la responsabilità per gli incidenti nucleari a 12,6 miliardi di dollari, una cifra esigua per compensare il peggiore scenario possibile), facendo così coprire al privato i costi di un possibile disastro, e non ai cittadini. Gli stessi proprietari dovrebbero poi offrire garanzie sufficienti per coprire i costi di smantellamento delle centrali e di smaltimento dei rifiuti prodotti - in modo da non spostare nel lungo termine ed alle future generazione i rischi legati al combustibile nucleare esausto - utilizzando lo stesso approccio usato nelle operazioni di posa delle mine, dove si deve garantire che queste verranno poi recuperate, e le zone da esse occupate, bonificate.

Ecco che sorge la necessità di cambiare l'approccio alla valutazione dell'energia nucleare, e delle fonti energetiche in generale, dato che anche il settore degli idrocarburi si nutre di sostanziosi sussidi statali. E' tempo che tutti i costi e benefici delle singole fonti siano valutati e resi disponibili tramite un'informazione trasparente, tramite la quale giungere poi a decisioni coerenti. Ad esempio, è stato calcolato dalla Harvard Medical School come il costo dei kW/h prodotti dal carbone costerebbero tre volte tanto per i cittadini americani, se venissero contemplati nel costo le esternalità che l'utilizzo di tale fonte fossile fa gravare su salute ed ambiente, con un supplemento di 0,3-0,5 miliardi di dollari all'anno. Ciò renderebbe le fonti di energia rinnovabile, che hanno esternalità negative e sussidi a favore molto più contenuti, un'opzione più competitiva delle fonti tradizionali, già adesso.

In quest'ottica, la grande sconfitta sarebbe proprio l'energia nucleare; considerando solamente le esternalità negative causate dall'immissione in atmosfera dei gas serra causati dal ciclo completo di approvvigionamento ed utilizzo di tale fonte (a dimostrazione che non è vero che non ci sia rilascio di CO2, come molti credono), il suo costo sarebbe superiore non solo a quello delle energie rinnovabili, ma anche a quello dei combustibili fossili. Comprendendo poi il costo della gestione del rischio dei possibili incidenti, e quello di smaltimento dei rifiuti, il prezzo salirebbe ancora.

Lasciamo dunque che sia solo il mercato a stabilire quali debbono essere le fonti energetiche utilizzabili, e quali no. Ma se decidiamo di giocare questo gioco, smettiamola almeno di barare.

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