[23/03/2011] News
Ma il Green climate fund è in alto mare
LIVORNO. Cina, India e Brasile hanno presentato all'United Nations framework convention on climate (Unfccc) change i documenti con i quali si impegnano a limitare le loro emissioni. L'inventario dell'Unfccc contiene anche i piani degli altri Paesi in via di sviluppo per ridurre i gas serra. Si tratta della formalizzazione degli impegni assunti al summit Unfccc di Copenhagen del dicembre 2009.
La Cina, con un documento inviato via e-mail il 18 marzo all'Unfccc, ha confermato che entro il 2020 provvederà ad abbassare di almeno il 40% per unità di Pil, rispetto ai livelli del 2005. L'India ha detto che punta a tagliare le sue emissioni per per unità di Pil di almeno il 20 % per lo stesso periodo indicato dai cinesi, mentre il Brasile ha detto che taglierà i suoi gas serra di oltre un terzo rispetto ai livelli previsti nel 2020.
Gli impegni delle tre grandi potenze emergenti del pianeta fanno parte di quelli proposti da 48 Paesi e specificati in un documento non vincolante che fa seguito agli accordi raggiunti a Cancun, in Messico, lo scorso dicembre. Attualmente i negoziatori climatici dicono che tali obiettivi sulle emissioni sarebbero documentati, pur non pubblicando i numeri reali dei tagli di emissioni.
Comunque un passo avanti è stato fatto: anche se gli impegni non sono vincolanti, i vari Paesi formalizzano le promesse fatte in seguito all'Accordo di Copenhagen, ma che non è potuto diventare il documento ufficiale dell'Onu a causa dell'ostilità di Stati come la Bolivia, il Sudan e Tuvalu, che non lo hanno mai accettato.
L'elenco delle "nationally appropriate" azioni volontarie fa seguito ad un altro documento, datato 10 marzo, l'Unfccc mette in fila gli obiettivi (già noti) di riduzione delle emissioni dei 27 Paesi dell'Unione europea e degli altri 15 Paesi sviluppati, inclusi Usa, Giappone, Canada e Australia che non vogliono il proseguimento del protocollo di Kyoto.
I documenti costituiscono la base di un sistema di "mutual accountability", un meccanismo programmato per costruire la fiducia fra i Paesi e per sapere cosa stanno facendo le loro controparti nella lotta contro il cambiamento climatico.
A Cancun, l'Unfccc aveva anche approvato l'istituzione di un Green climate fund (Gcf), come potenziale canale finanziario per le centinaia di miliardi di dollari in aiuti da parte delle economie ricche alla nazioni più povere e vulnerabili che sarà probabilmente al centro dei climate change talks che si terranno a Bangkok dal 3 all'8 aprile e a Bonn dal 6 al 17 giugno per arrivare alla Conferenza dell'Unfcc di Durban, in Sudafrica, dal 28 novembre al 9 dicembre. Nel documento di impegni presentato dell'Unfccc si capisce che sono i soldi l'ostacolo maggiore per raggiungere un accordo che tutti dicono di volere, seppure con diverse sfumature.
La Mongolia vorrebbe costruire centrali solari nel glaciale deserto del Gobi, e fornire ai suoi pastori nomadi turbine eoliche portatili e installare stufe a carbone più efficienti in un Paese dove le temperature scendono a 40 gradi sottozero; la poverissima Repubblica Centrafricana ha detto che amplierà le sue foreste, attaccate dai tagliatori e dalle miniere illegali, fino a coprire un quarto del suo territorio; il Messico promette di ridurre le sue emissioni di CO2 del 30% entro il 2020; la Costa Rica e le Maldive vogliono diventare carbon neutral e persino il disastrato e diviso Afghanistan promette di combattere il cambiamento climatico.
Tutti impegni volontari, molti dei quali subordinati all'aiuto finanziario e tecnico da parte dei Paesi industrializzati, soprattutto quelli che hanno sottoscritto il Protocollo di Kyoto del 1997 e che hanno l'obbligo di tagliare entro il 2012 le loro emissioni globali di CO2 del 5,2% rispetto ai livelli del 1990.
Alcuni Paesi in via di sviluppo si sono mantenuti sul vago e con impegni a breve scadenza (come continuano a fare India e Cina), altri presentano una mole di impegni dettagliati, come l'Etiopia che ha messo nero su bianco 75 progetti, tra cui una nuova linea ferroviaria dove i treni viaggerebbero con le energie rinnovabili.
L'Argentina, che ha messo fuori legge le lampadine a incandescenza, prevede sovvenzioni specifiche per l'eolico e il solare. Il piccolo regno himalayano del Bhutan promette di non emettere più CO2 di quanto siano in grado di assorbirne le sue foreste. La Costa d'Avorio, nel pieno di una nuova sanguinosa guerra civile e con due presidenti della Repubblica, ha presentato un piano per l'energia idroelettrica, le rinnovabili e la gestione delle foreste.
Tutti questi volenterosi Paesi lamentano però il ritardo nella definizione del Green climate fund approvato a Cancun e che doveva essere definito da un "transition committee" di 40 Paesi entro la fine di marzo, ma il tutto è stato rinviato alla fine di aprile, a causa delle liti tra i Paesi latinoamericani e quelli asiatici su che debba far addirittura parte del comitato. Bruttissimo avvio, visto che il comitato a novembre dovrà presentare un piano completo per il Gcf fondo alla Conferenza Unfcc sul clima in Sud Africa.