[22/03/2011] News

Mais ogm, la corte di giustizia Ue dà ragione a Monsanto

LIVORNO. Quando un organismo geneticamente modificato (ogm) è autorizzato ai fini della coltivazione a norma del quadro legislativo Ue e soddisfa, per quanto concerne la varietà da immettere in commercio, le prescrizioni della legislazione Ue sulla commercializzazione delle sementi e dei materiali di moltiplicazione delle piante, gli Stati membri non possono in assoluto vietare l'utilizzazione, la cessione e in generale la coltivazione, nel loro territorio (tranne alle condizioni definite nella legislazione dell'UE).

Perché la clausola di salvaguardia ha una valenza temporanea, perché si fonda su presupposti di rischio accertati e perché quando è in corso la procedura per il rinnovo dell'autorizzazione al commercio del prodotto, eventuali misure d'urgenza possono essere adottate soltanto da parte della Commissione.

Lo sostiene l'avvocato generale della Corte di Giustizia Europea Mengozzi che si trova ad affrontare la questione riguardante di nuovo la Monsanto, il suo mais modificato geneticamente e la Francia.

Il mais Ogm MON810, resistente ai parassiti e utilizzato per l'alimentazione animale è stato autorizzato per la prima volta nella Comunità nel 1998, sulla base della direttiva sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati (90/220, modificata ed abrogata dalla direttiva 2001/18/CE), sulla base della notifica effettuata dalle autorità francesi

Nel 2007 Monsanto ha richiesto il rinnovo dell'autorizzazione all'immissione sul mercato ma non sulla base della direttiva, bensì del regolamento relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati (regolamento. 1829/2003). Secondo questo regolamento, nelle more del procedimento per il rinnovo, l'autorizzazione esistente continua a produrre effetti.

Nello stesso anno il ministro francese con apposito decreto ha invece vietato l'utilizzazione e la cessione di sementi MON810 e nell'anno successivo ne ha vietato in generale la coltivazione, attraverso la clausola di salvaguardia della direttiva 2001/18/CE.

Per questo la Monsanto, l'association générale des producteurs de maïs e vari altri produttori hanno chiesto al Conseil d'Ètat francese di annullare il d.m. del 2008. E il giudice francese ha sollevato la questione alla Corte di giustizia.

La direttiva del 2001 stabilisce che gli ogm possono essere deliberatamente emessi nell'ambiente o immessi in commercio solo previa autorizzazione. Inoltre prevede una clausola di salvaguardia sulla base di nuove o ulteriori informazioni circa la valutazione di rischi ambientali o una nuova valutazione basata su nuove conoscenze scientifiche. Dunque se uno Stato ha fondati motivi di ritenere che un ogm - come tale o contenuto in un prodotto - rappresenti un rischio per la salute umana o l'ambiente, può temporaneamente limitarne o vietarne l'uso o la vendita sul proprio territorio.

Il regolamento del 2003, invece, individua quali sono gli ogm soggetti ad autorizzazione ossia quelli destinati all'alimentazione umana, gli alimenti che contengono o sono costituiti da ogm, nonché gli alimenti che sono prodotti a partire da o che contengono ingredienti prodotti a partire da ogm. Anche questo regolamento prevede delle misure di emergenza. Gli Stati membri possono adottare misure unilaterali solo a titolo provvisorio, esclusivamente nel caso in cui, nonostante la proposta di adottare misure urgenti avanzata da uno Stato, la Commissione non si sia tempestivamente attivata. Anche perché si parla di un prodotto già autorizzato e conosciuto dall'UE.

Secondo l'avvocato, quindi, la Francia non può applicare la clausola di salvaguardia in quanto esclusa dalla direttiva per i prodotti autorizzati in base a una valutazione specifica dei rischi ambientali e in concreto perché il MON 810 non è stato notificato secondo la direttiva del 2001. Inoltre il governo francese non ha l'autorità per adottare provvedimenti unilaterali, non avendo prima investito del problema la Commissione.

Adesso non resta altro che aspettare il verdetto della Corte dato che le conclusioni dell'avvocato non vincolano la Corte. Il compito dell'avvocato generale consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa per la quale è stato designato.

 

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