[21/03/2011] News

Chernobyl e il Giappone. 25 anni dopo parlano i liquidatori sopravvissuti

LIVORNO. Con il sacrificio degli ignoti lavoratori giapponesi della centrale nucleare di Fukushima, riemergono dalla nebbia che li aveva avvolti per 25 anni i "liquidatori" della catastrofe di Chernobyl, i dimenticati ultimi eroi dell'Unione Sovietica che furono inviati a placare il reattore 4, il cuore del mostro atomico che spigionava una nube di grafite e radiazioni e che batte ancora, corrodendolo, sotto il sarcofago di sabbia e cemento sotto il quale lo seppellirono in un lontano aprile del 1986. Il 26 aprile 1986, alle 1.23, il reattore 4 di Chernobyl, oggi nell'Ucraina indipendente, ai confini con la Russia e la Bielorussia, esplose, contaminando queste le tre ex repubbliche dell'Urss ed una vasta area dell'Europa. Migliaia di "lquidatori", furono inviati senza protezione sul luogo dell'incidente, per domare l'incendio e per ricoprire il reattore. Molti di loro sono morti subito tra atroci sofferenze e in seguito, col passare degli anni, per malattie croniche e diverse forme di cancro dovute alle radiazioni. Ufficialmente, solo in Ucraina, almeno 2,3 milioni di persone hanno patito sulla loro pelle e sulla loro salute le conseguenze del più grave incidente conosciuto del nucleare civile.

I primi "liquidatori", quelli che probabilmente impedirono all'Europa una tragedia inimmaginabile, non esistono più, consumati dalla radioattività a dal cancro, ma l'Afp è riuscita a rintracciare qualcuno tra le migliaia di lavoratori che portarono a termine il lavoro.

Lev Falkovski, 73 anni, che oggi ha problemi cardiaci che i medici dicono derivino dalle radiazioni ricevute, fu inviato a Chernobyl a giugno, qualche settimana dopo quel tragico 26 aprile 1986 che segnò uno spartiacque nel nucleare civile, oggi dice «Non rimpiango di esserci andato. Rimpiango di aver perduto la mia salute, ma era il mio lavoro. A Chernobyl i liquidatori ricevevano dappertutto una dose (di radiazioni) ben più elevata della norma». .

Anche Igor Ostretsov, 72 anni, malgrado l'aritmia cardiaca ed i problemi di cancro che ha avuto fin dal 1987 e dei quali non vuole parlare con i giornalisti, non rimpiange di essere andato a combattere la catastrofe nucleare per un Paese e un regime comunista che non esistono più: «Sicuramente ci ritornerei. All'epoca ero impiegato nel settore nucleare, quindi sono andato sul sito con conoscenza di causa. Prima di andarci, ho letto tutto quel che ho potuto al riguardo ed ho tentato di seguire le regole di precauzione».

Nouvelles d'Armenie Magazine riporta le dichiarazioni di Anatoli Gritsak, un ingegnere ucraino sessantaduenne, oggi con tutte e due le gambe amputate, che lavorava alla centrale nucleare la sera in cui esplose e che, al contrario, racconta di non essere stato veramente informato della reale situazione di pericolo: «Ci hanno detto che era un piccolo incidente. (...) Ci hanno giusto detto di prendere dei soldi, i nostri documenti, qualche vestito... Ci hanno ingannato tutti e non c'era panico»,

25 anni dopo Chernobyl, mentre il governo e la stampa putiniana fanno filtrare con il contagocce le notizie che arrivano dal Giappone, molti di questi ormai vecchi «liquidatori» superstiti dicono che bisognerebbe farla finita con l'energia nucleare.

Per Ostretsov, «L'energie atomica contemporanea non dovrebbe esistere. Spero che gli avvenimenti in Giappone sveglieranno le coscienze e che la gente comprenderà i pericoli del nucleare».

Ma il grido di allarme e di dolore di questi reduci di una battaglia nucleare che li ha marchiati nel corpo e nell'anima, lasciando loro solo una medaglia di uno Stato morto e una pensione da fame, non arriva nemmeno alle stanze del Kremilino, dove l'oligarchia putiniana non pensa minimamente di mettere in discussione il nucleare ed anzi punta a potenziare centrali tipo-Chernobyl che dovrebbero essere chiuse e in dismissione da anni.

Putin ha addirittura dato il via libera alla costruzione di una centrale nucleare nell'ultima dittatura europea, la Bielorussia, e il 16 marzo il presidente russo Dmitri Medvedev ha assicurato il premier turco Erdogan che la Russia non abbandonerà il progetto di costruzione della prima centrale nucleare turca sulla riva del Mediterraneo, in una delle aree a più elevato rischio sismico del pianeta.

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