[16/03/2011] News toscana

Se Roma dei parchi se ne infischia

FIRENZE. Dopo l'incontro di Firenze di fine febbraio come gruppo di San Rossore stiamo cercando di mettere a punto e a fuoco idee e proposte per il rilancio dei parchi sul piano nazionale.

Sottolineo nazionale perché la vicenda rischia di sbriciolarsi, frammentarsi in una serie confusa di situazioni affidate quando va bene a esiti regionali e spesso locali senza capo né coda.
Roma sembra indifferente a tutto questo salvo qualche intervento semiclandestino o sconcertante. Sconcertanti sono senza ombra di dubbio quello sullo Stelvio e più di recente quello progettato per l'Abruzzo firmato a Palazzo Chigi che prevede una bella filza di campi da golf e impianti sciistici dove non c'è neve. Al primo appartiene sicuramente l'abrogazione con il mille proroghe -dove non si fa luce neppure con la lampada di Aladino- dei consorzi di gestione dei parchi regionali previsti dalla legge quadro del 91.

Perché senza alcun preavviso e alla chetichella con un provvedimento che con i parchi c'entra quanto il cavolo a merenda, si sono abrogati i consorzi che nella legge furono inseriti come riconoscimento dell'operato regionale che con quello strumento -allora il solo a cui potevano ricorrere- erano riusciti a costituire dei veri e propri sistemi di parchi dalla Lombardia all'Emilia Romagna alla Toscana.

Perché abrogarlo e alla chetichella visto che non era obbligatorio in quanto le regioni volendo potevano scegliere anche l'ente parco sul modello di quello nazionale. Il mistero è semplice. Siccome i parchi lombardi non intendevano far sue le pretese della regione di riportare al Pirellone competenze consortili Formigoni ha chiesto di fare abrogare i consorzi così i parchi imparano a stare al loro posto. E Roma ha prontamente accolto la richiesta ficcandola nel pozzo di San Patrizio delle milleproroghe.
Certo in giro e per fortuna si registrano anche eventi e iniziative migliori ma non certo per merito di Roma. Ad esempio la provincia di Trento ha deciso di affidare ai suoi parchi un ruolo più incisivo e anche più autonomo, l'esatto contrario della ricetta lombarda. In Liguria i parchi sono seguiti con attenzione e impegno dall'assessore Renata Briano che pure deve vedersela con la squadra del trota che dei parchi come sappiamo se ne impippano altamente. In Emilia Romagna si stanno rivendendo le cose alla luce anche della abrogazione dei consorzi ma lo si sta facendo non ridimensionando il ruolo dei parchi come invece si sta facendo nella patria del federalismo leghista. Ma non è così altrove a cominciare dal Lazio ma anche in Campania dove il virus dei commissariamenti sta facendo vittime come è già avvenuto con risultati rovinosi in quasi tutti i parchi nazionali ( solo 6 su 24 sono in regola) inclusi quasi tutti quelli abruzzesi che riescono a non essere in regola neppure con la gestione commissariale. Roma quando ci si mette è capace di tutto.
Se diamo un'occhiata agli effetti concreti di questa involuzione troviamo un po' di tutto. Guardie senza benzina per le auto e talvolta neppure per il telefono così il bracconaggio come la pesca di frodo trovano meno resistenza. Mentre si favoleggia sulla vendita dei biglietti - il gratta e vinci?- che dovrebbero rinsanguare le casse dei parchi a secco anche le più elementari attività turistiche sostenibili segnano il passo o perché mancano i soldi e spesso anche la concreta e legittima possibilità di gestirle da parte degli uffici.
In quale paese del mondo potrebbe essere considerata normale una gestione illegittima che talvolta si protrae ormai da anni.
Dinanzi a questo scempio istituzionale, culturale e giuridico che il ministro Prestigiacomo considera evidentemente regolare e non sciacallaggio come il nucleare tace. Anzi per essere più precisi mette in guardia i parchi assicurando loro che il prossimo anno le cose andranno anche peggio.
Eppure c'è qualcuno e non solo al ministero che pensa che tra le cose più urgenti da fare ‘ rivedere la legge quadro nel suo ventennale.

Ma quella legge l'hanno o già azzoppata e soprattutto regolarmente e puntualmente ignorata, aggirata, elusa. Non è la legge che va cambiata ma la politica del ministro e del governo ma anche del parlamento che finora ha fatto orecchie da mercante. O come al Senato dove si è messo mano alla legge per dargli un'altra strapazzata e proprio sulle aree protette marine che già stanno agonizzando.

Ecco, il gruppo di San Rossore ha l'ambizione di tornare a discutere innanzitutto nelle sedi istituzionali di questi problemi.

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