[16/03/2011] News

Il governo comincia a incrinarsi sull'atomo. Saglia e Prestigiacomo: «Ci adegueremo all'Europa»

ROMA. Oggi la commissione ambiente e attività produttive della Camera ha dato il via libera al parere sul decreto legislativo per la individuazione dei siti dove realizzare le centrali nucleari, ma il sottosegretario allo sviluppo economico con delega all'energia, Stefano Saglia, a margine di una conferenza stampa sulle risorse energetiche del Mediterraneo aveva appena detto che «Se il Consiglio d'Europa dovesse decidere di abbandonare il nucleare noi ci adegueremo, ma non ci fermeremo unilateralmente. In Italia non abbiamo centrali in esercizio, per cui fare paragoni con altri Paesi come Germania o Stati Uniti è fuori luogo. Così come è fuori luogo bloccare un iter legislativo che è avviato e che prevede la realizzazione della prima centrale al 2020. Questo, sottolinea Saglia, significa che abbiamo 10 anni di tempo per riflettere, ma perché bloccare tutto adesso? La verità è che in Italia non c'e' nulla da bloccare perché in Italia il nucleare non c'è. Il nucleare è una cosa seria e va fatta da persone serie. Se i presidenti di Regione, di centrodestra come di centrosinistra, dichiarassero tutti la loro indisponibilità ad ospitare le centrali significherebbe che il nucleare non si fa. Ma a significherebbe che i governatori o non hanno approfondito sulla materia o non hanno il coraggio di affrontarla. Ad ogni modo, voglio sottolineare che non esiste l'opzione "militare" per imporre il nucleare».

Nel giorno della discesa in campo antinucleare di Adriano Celentano sulle pagine del Corriere della Sera, anche il ministro Stefania Prestigiacomo ha usato toni diversi al question time parlamentare sul nucleare, ma comunque diversi anche da Saglia che con la sua apertura alle regioni (16 su 20 hanno già detto di no e 4 un si molto condizionato che si stanno già rimangiando) potrebbe aver messo la pietra tombale sul nucleare italiano, anche se più probabilmente si tratta di una ritirata strategica davanti alla catastrofe giapponese e del montare dell'emozione e della paura in tutto il mondo.

Non a caso i deputati del Pd non hanno partecipato alla discussione e alla votazione sul decreto legislativo e i capigruppo dei democratici in commissione ambiente, Raffaella Mariani, e attività produttive, Andrea Lulli, sottolineano che «Dopo settimane che i ministri competenti, Prestigiacomo e Romani, non si sono fatti vedere sono venute meno le minime condizioni di serietà per confrontarci su un tema così delicato. Solo ieri sera, precettato all'ultimo momento, è venuto il sottosegretario Saglia. Non ci possono chiedere di partecipare ai lavori in commissione di fronte all'assenza dei ministri competenti, entrambi però presenti oggi alla Camera, alla fretta per l'avvicinarsi della scadenza della delega a causa dei ritardi del governo e del pressapochismo della maggioranza. Il dibattito su un tema del genere è delicato e per questo i ministri dovrebbero essere presenti e confrontarsi con il Parlamento. È grave che il governo non dica una parola chiara e univoca sul futuro del piano nucleare. In questi giorni molti governatori della maggioranza e il sindaco di Roma, hanno espresso perplessità, se non vera e propria contrarietà, alla realizzazione di centrali sul territorio delle rispettive amministrazioni locali. Il decreto che il governo ha presentato, prevede l'obbligatorietà del parere delle regioni sul cui territorio verranno costruite le centrali ma questo parere non è vincolante. La recente sentenza della Corte costituzionale chiede, invece, che il consenso delle realtà locali sia determinante. Siamo fortemente contrari alla scelta nucleare fatta dal governo Berlusconi».

L'ex ministro dell'università e delle ricerca, Fabio Mussi, presidente della direzione nazionale di Sinistra ecologia libertà, mette il coltello nelle piaghe aperte delle contraddizioni e della evidente impreparazione del governo e punta dritto sul ministro Romani: «"Centrale nucleare sicura" è, come è noto, un espressione priva di senso. La sicurezza di una centrale nucleare come di qualunque altro sistema complesso, si misura in termini probabilistici. E' vero che una tecnologia può essere più sicura di un'altra, ridurre, anche di molto, le probabilità di incidente quindi il rischio. Se per esempio c'e' guerra o terrorismo, o costruisco in zone sismiche o anche solo aumento il numero delle centrali, aumentano le probabilità di incidente. In Italia questa complessità si arricchisce a causa di 2 specifiche caratteristiche: la vasta corruzione e l'ignoranza dei governanti. A proposito di quest'ultima ho ascoltato desolato la performance del ministro Romani da Vespa. Romani ha detto che in Europa le centrali 400: 440 sono in tutto il Mondo, in Europa meno della metà. Romani ha detto che le scorie nucleari sono "inerti": il problema nasce esattamente dal contrario, cioè dal fatto che le scorie sono radioattive, di breve-media-lunga-lunghissima durata, e che richiedono una messa in sicurezza per decine-centinaia- migliaia di anni. Questione che a 60 anni dalla costruzione della prima centrale non e' stata ancora affatto risolta. Capisco allora perché Silvio Berlusconi l'unica università che abbia visitato da presidente del Consiglio sia stata il Cepu».

 

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