[08/03/2011] News

Le associazioni ambientaliste, i ricorsi ai giudici e la convenzione di Aahrus

LIVORNO. Un'organizzazione ambientalista può contestare in giudizio una decisione adottata a seguito di un procedimento amministrativo eventualmente contrario al diritto ambientale dell'Unione. Ma spetta al giudice nazionale interpretare, nei limiti del possibile, le norme processuali concernenti le condizioni necessarie. Ossia quelle condizioni che devono essere soddisfatte per proporre un ricorso amministrativo o giurisdizionale in conformità, sia degli scopi convenzione internazionale di Aahrus, sia dell'obiettivo di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione.

Lo afferma la Corte di Giustizia europea interrogata dal giudice sloveno a proposito di una questione riguardante la direttiva habitat.

Lo zoskupenie (associazione ambientalista) è stata informato dell'avvio di diversi procedimenti amministrativi promossi da associazioni di cacciatori per la concessione di deroghe al regime di tutela dell'orso bruno (specie protetta anche dalla direttiva habitat), l'accesso ad aree naturali protette ovvero l'impiego in tali aree di prodotti chimici.

Ciò ha spinto l'associazione a chiedere al Ministerstvo životného prostredia di essere riconosciuta "parte" nel procedimento amministrativo avente ad oggetto la concessione di tali deroghe o autorizzazioni, invocando a tal fine la convenzione di Aarhus. Quest'ultimo, però ha respinto la richiesta nonché il reclamo amministrativo successivamente proposto dall'associazione contro il rigetto. Ma l'associazione ha proposto ricorso giurisdizionale sostenendo, in particolare, che alcune disposizioni della convenzione di Aarhus hanno una efficacia diretta. In particolare quella disposizione per cui "ciascuna Parte provvede affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale".

Secondo la Corte però, una disposizione di un accordo concluso dall'Unione e dai suoi Stati membri con Stati terzi deve essere considerata dotata di effetto diretto quando - avuto riguardo alla sua lettera, all'oggetto e alla natura di tale accordo - stabilisce un obbligo chiaro e preciso che non è subordinato, nel suo adempimento o nei suoi effetti, all'intervento di alcun atto ulteriore. Ma la disposizione richiamata dall'associazione ambientalista non contiene alcun obbligo chiaro e preciso idoneo a regolare direttamente la situazione giuridica dei cittadini. Infatti, nella misura in cui solo "i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale" sono titolari dei diritti previsti la disposizione è subordinata, nel suo adempimento o nei suoi effetti, all'intervento di un atto ulteriore.

Rimane il fatto che, benché redatta in termini generali, ha lo scopo di permettere di assicurare una tutela effettiva dell'ambiente. Dunque, in mancanza di una disciplina dell'Unione in materia, spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza dell'ordinamento giuridico dell'Unione fermo restando che gli Stati membri sono tenuti a garantire in ogni caso la tutela effettiva di tali diritti.

Sotto tale profilo, come risulta da una giurisprudenza consolidata, le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell'Unione non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione (principio di effettività). Quindi, non si può immaginare, senza mettere a rischio la tutela effettiva del diritto ambientale dell'Unione, di interpretare le prescrizioni della convenzione di Aahrus in una maniera che renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione.

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