[23/05/2013] News toscana

Il piano dei parchi e la legge regionale toscana

Che la discussione sulla legge toscana riguardante il governo del territorio (sia pure ancora con fatica) guardi finalmente ai diversi protagonisti come i parchi e le aree protette è un buon segno. E lo è ancor più se stimola una riflessione finalmente seria sul ruolo della pianificazione inclusa appunto quella dei  parchi. Mario Parigi nel suo intervento su Greenreport vi accenna ipotizzando anche un piano dei parchi - se ho ben capito - che essi potrebbero gestire ma non fare direttamente. A questo potrebbero pensare la regione o i comuni interessati.

Qui sarà  bene ricordare prima di tutto che i piani - ben due - affidati dalle leggi regionali prima e poi dalla legge nazionale a tutti i  parchi nazionali e regionali costituirono l'atto fondativo del nuovo soggetto istituzionale. In particolare questo risultò davvero tale per i parchi regionali, toscani inclusi. E lo fu perché per la prima volta ad un intervento nuovo di pianificazione ambientale venne assegnato con la natura anche il paesaggio, di recente tolto dal nuovo codice dei beni culturali. Chi dovrebbe provvedere (e come) non è per niente chiaro, e rimane anzi per molti versi un mistero. Parigi ipotizza ora una  ulteriore sottrazione - par di capire - oltre che per risparmiare per meglio evidenziare che il piano a differenza del passato dovrebbe oggi essere meno ‘difensivo' e più promozionale, cioè più ‘attivo'.

Devo dire - qui parlo anche sulla base di una significativa e lunga esperienza personale - che il piano, ad esempio, del parco di San Rossore, difensivo lo era certamente contro la colossale speculazione dei Salviati, ma proprio per questo prevedeva obiettivi quanto mai nuovi in quanto volti a delineare una prospettiva rispettosa dell'ambiente, che la speculazione avrebbe rottamato. Ciò è tanto vero che oggi se si possono fare certe cose nel territorio di ben due province è merito di quel piano.

I parchi nazionali purtroppo nella maggior parte dei casi non hanno saputo o potuto fare i loro piani come invece sono riusciti a fare la maggior parte dei parchi regionali, e ciò non ha favorito ma sicuramente penalizzato anche i comuni interessati. In San Rossore il piano ha permesso ai comuni delle due province di operare ‘in leale collaborazione', all'Elba i comuni dell'Arcipelago in carenza di adeguate scelte ministeriali specie a mare non ne hanno certo favorito la collaborazione, come abbiamo visto anche di recente con il referendum per un comune unico.

Insomma i parchi sono nati all'insegna di un'esigenza di pianificazione ambientale sovracomunale ed anche sovraprovinciale e sovraregionale.  Questa esigenza anche in Toscana non è oggi minore rispetto a ieri. Sarà bene perciò ripartire da qui, visto che la legge del 2005 sotto questo profilo non aveva brillato e pure il PIT non aveva fatto granché meglio. Ecco perché - e torno alle ipotesi di Parigi- non mi pare che oggi sia bene partire da altri traslochi e trasferimenti di competenze anche se giustificate da esigenze di austerità che finora hanno fatto solo danni istituzionali; vedi le comunità montane, oggi le province mentre lo stato dopo il fallimento del nuovo titolo V torna alla carica per espropriare il più possibile le stesse regioni. Dice nulla il fatto che la tanto decantata esigenza di rivedere la legge 394 a cui sono state affibbiate le colpe tutte politiche del ministero (e anche del parlamento) al Senato prese le mosse dalla cancellazione di qualsiasi competenza regionale sulle aree protette marine, che già hanno pagato allo stato un prezzo altissimo.

Ecco, in Toscana bisogna finalmente ripartire da quelle esigenze con le quali finora si sono misurati ben tre assessorati ai parchi senza portare a casa niente. Il piano paesaggistico non può essere l'occasione di altri pasticci. E' chiaro?

Torna all'archivio