[17/05/2013] News

I pesci sono il termometro del global warming, e si stanno spostando

La pesca sempre più influenzata dalla “tropicalizzazione” delle catture. A rischio piccoli pescatori costieri e sicurezza alimentare

Con la ricerca "Signature of ocean warming in global fisheries catch" pubblicata su Nature, per la prima volta un team di scienziati ha dimostrato che il riscaldamento degli oceani ha avuto un impatto globale sul mix di specie catturate dai pescatori. Anche studi precedenti avevano indicato che alcune specie maruine stanno spostando i loro areali in risposta ad aumenti di temperatura, con i pesci che via via stanno allontanandosi dall'equatore verso acque più fredde. Un fenomeno ormai noto anche nel Mediterraneo, dove specie tropicali hanno ormai raggiunto i  mari più settentrionali del bacino.

Ma la nuova ricerca alla quale hanno partecipato William W. L. Cheung  e Daniel Pauly dell'università dalla British Columbia e Reg Watson, dell'Institute for marine and antarctic studies dell'università della of Tasmania, dimostra che, almeno dagli anni '70,  le specie delle acque più calde stanno sostituendo quelle tradizionalmente pescate in molte zone di peca in tutto il mondo. Il team canadese-australiano ha utilizzato le  preferenze di temperatura di pesci e di altre specie marine come una sorta di "termometro" per valutare gli effetti dei cambiamenti climatici sugli ambienti  oceani tra il 1970 e il 2006 e spiega su Nature che «Pesci ed invertebrati marini rispondono al riscaldamento dell'oceano attraverso lo spostamento della loro distribuzione, generalmente a latitudini più alte e in acque più profonde. Di conseguenza, la pesca dovrebbero essere influenzate dalle "tropicalizzazione" delle catture (il crescente predominio delle specie di acqua calda)». 

Per la loro ricerca, sostenuta da Pew Charitable Trust e Sea Around Us Projec, Cheung, a capo della Changing ocean research unit, Fisheries Centre, dell'università della British Columbia, e dei suoi due colleghi, t hanno utilizzato le preferenze di temperatura di pesci catturati in tutto il mondo per determinare il rapporto tra pescato e riscaldamento degli oceani. Ogni specie di pesce a sangue freddo ha un particolare intervallo di temperatura entro la quale vive. Se le  temperature dell'acqua superano questo intervallo, possono sperimentare una crescita ed una riproduzione ridotte che ne fa diminuire il numero e cambia la distribuzione della specie.

Per prima cosa i ricercatori  hanno messo insieme i dati sulla distribuzione di 990 specie di  pesci e invertebrati marini, poi hanno assegnato ad ogni specie una preferenza di temperatura in base alla temperatura media della superficie del mare nelle  aree in cui era stato previsto che vivessero tra il 1970 e il 2000. Prima, per misurare le variazioni nella composizione della pesca marittima, i ricercatori avevano raccolto dati sul tonnellaggio delle catture per ciascuna specie nei 52 ecosistemi marini che rappresentano la maggior parte della pesca del mondo. Quindi, per ogni ecosistema e per ogni anno dal 1970 al 2006, hanno calcolato la preferenza di temperatura media della specie, ponderata con la quantità del pescato. Infine, i ricercatori hanno determinato il legame tra riscaldamento degli oceani e  cambiamenti nelle catture della pesca, utilizzando un modello statistico che separa altri fattori, come lo sforzo di pesca e la variabilità oceanografica.

Cheung, Pauly e Watson hanno scoperto che, tranne nei tropici, la composizione delle catture nella maggior parte degli ecosistemi  si è lentamente modificata per includere più specie di acqua calda ed  un minor numero di specie di acqua fredda. Ai tropici, il pescato ha seguito un andamento analogo negli anni '70 e ‘80, per poi stabilizzarsi, probabilmente perché non ci sono specie con preferenze di temperatura abbastanza alta per sostituire quelle che sono diminuite. I modelli statistici hanno dimostrato che l'aumento delle specie di acqua calda era significativamente correlato all'aumento delle temperature oceaniche.

Nel 2010, in un'altra ricerca, Cheung aveva previsto cambiamenti nella distribuzione del pesce come risposta al riscaldamento degli oceani, «Questi spostamenti possono avere diversi effetti negativi - dice il Pew -  che possono essere sentiti di più ai tropici, dove le temperature dell'acqua potrebbero superare le preferenze di molte specie tropicali, con una conseguente forte riduzione delle catture. Impatti aggiuntivi potrebbero includere la scomparsa della pesca tradizionali, la diminuzione di profitti e posti di lavoro, i conflitti per le nuove attività di pesca emergenti a causa dello spostamento della distribuzione e problemi di sicurezza alimentare, in particolare nei Paesi in via di sviluppo.

«Un modo per gli animali marini di reagire al riscaldamento dell'oceano è quello di spostarsi verso regioni più fresche - dice Cheung - Come risultato, in posti come il New England, sulla costa nord-est degli Stati Uniti, si sono viste nuove specie tipicamente delle acque più calde, più vicino ai tropici. Nel frattempo, ai tropici, il cambiamento climatico significa un minor numero di specie marine e catture ridotte, con gravi implicazioni per la sicurezza alimentare».

Pauly, che lavora al Sea Around Us Projec, lancia un forte allarme: «Stiamo parlando dei cambiamenti climatici come se si trattasse di qualcosa che avverrà in un futuro lontano, il nostro studio dimostra che stanno colpendo da decenni la nostra industria della pesca e gli oceani. Questi cambiamenti globali hanno implicazioni per tutti in ogni parte del pianeta». Cambiamenti climatici sono quindi un potente fattore di perturbazione della pesca e secondo Cheung , «Rappresentano la più grande minaccia alla sussistenza nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto nei tropici, dove la capacità di adattamento delle persone e dei pesci  sono più limitate. Una misura di adattamento alla quale dovrebbero guardare i gestori della pesca è ad esempio quella del National Marine Fisheries Service  negli Stati Uniti, per regolare le stagioni di pesca e le catture ammesse sulla base degli spostamenti di popolazioni osservati».

 

Esaminando i dati della pesca in 52 grandi ecosistemi marini, dal nasello pescato al largo del New England e del Canada nord-orientale all'halibut al largo dell'Alaska, i tre scienziati  hanno sviluppato un indice, il "mean temperature of the catch" riguardante la cattura annuale di ogni specie e per la sua preferenza di temperatura ed hanno scoperto che negli ultimi 40 anni è aumentato in tutto il mondo. Cheung e i suoi colleghi hanno poi trovato un legame statisticamente significativo tra i cambiamenti nell'indice di temperatura della pesca e l'aumento delle temperature della superficie del mare: durante il periodo 1970-2006, la temperatura media globale del pescato è aumentata di un tasso di 0,19° C per decennio e, nelle zone non tropicali, il tasso di incremento è stato ancora più alto: 0,23° C per decennio.

 

Nelle zone tropicali, c'è stato un aumento iniziale delle specie subtropicali che arrivavano dalle  acque più fredde, ma questo aumento si è stabilizzato e poi sono rimaste solo le specie che possono prosperare solo in acque molto calde. E' per questo che i pescatori tropicali sono particolarmente vulnerabili al global warming, perché le specie che catturano tendono ad avere una fascia relativamente stretta di tolleranza ala  temperatura e c'è una quantità limitata di specie che possono spostarsi, prendere il loro posto e tollerare temperature più elevate.

«Nelle regioni ad alta latitudine troviamo, come previsto, la pesca di cattura sempre più dominata da specie di acqua calda - conclude Cheung - In media, le temperature superficiali del mare sono in aumento di oltre 1,8° gradi Fahrenheit  per decennio, anche se ci sono variazioni regionali, con alcune regioni in  raffreddamento a causa dei cambiamenti nelle correnti oceaniche, e all'incirca un riscaldamento quattro volte più veloce rispetto alla media mondiale».

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