[14/05/2013] News

Africa, come le multinazionali minerarie derubano il continente. La soluzione è nelle imprese miste?

Il 10 maggio a Città del Capo, in Sudafrica si è conclusa la conferenza africana del World economic forum (Wef), un appuntamento praticamente ignorato dalla stampa occidentale ma nel quale è emersa la necessità che i Paesi africani si impegnino di più per liberarsi al più presto dalla dipendenza del sostegno estero, da quel neocolonialismo globalizzato che, anche grazie alla complicità delle élite africane e di governi corrotti, impedisce la piena realizzazione degli sforzi per il rinascimento dell'Africa.

Il tema del Wef Africa 2013 era infatti "Realizzare la promessa africana", per promuovere la crescita economica del continente ed accelerare la costruzione delle infrastrutture strategiche dell'Africa ed avviare la formazione dei talenti africani per realizzare una green economy "nera" che salti la fase del vecchio sviluppo industriale passando direttamente ad originali economie low carbon, efficienti in risorse e resilienti ai cambiamenti climatici che stanno già duramente colpendo gran parte del continente più povero del mondo.

Un futuro che cozza con un presente fatto di sfruttamento insostenibile delle risorse naturali che si incarna nella maniera più brutalmente sfruttatrice nell'attività mineraria.

Dal forum del Wef di Città del Capo è emerso con chiarezza che «Le compagnie minerarie internazionali spogliano il continente africano sottraendo ai suoi governi almeno 38 miliardi di dollari all'anno attraverso pratiche di corruzione, paradisi fiscali e altri stratagemmi finanziari» ed a denunciarlo non sono le solite associazioni umanitarie ed ambientaliste o le Agenzie dell'Onu, ma leader di primo piano della comunità internazionale, come Kofi Annan, ex segretario generale dell'Onu, Michel Camdessus, ex dirigente del Fondo monetario internazionale,  (Fmi) o Olusegun Obasanjo, ex presidente della Nigeria, tutti uomini che una qualche responsabilità (a volte grande) per l'attuale situazione ce l'hanno, ma che oggi fanno parte del  del gruppo di lavoro sull'Africa autore di un rapporto reso al Wef Africa 2013. Come riporta Irib: «Non solo centinaia di aziende minerarie titolari di concessioni in Africa sono società offshore registrate in paradisi fiscali, ma la frode fiscale che colpisce l'Africa è di dimensioni allarmanti», secondo il working group, «L'evasione ammonta ad almeno 38 miliardi di dollari ogni anno, una somma superiore agli aiuti mondiali allo sviluppo del continente».

Il peggior esempio viene come quasi sempre dalla Repubblica democratica del Congo, il più grande Paese africano dove da più di dieci anni si combatte una guerra non dichiarata perle risorse che si è sbriciolata in guerriglie di signori della guerra al soldo di potenze regionali complici di multinazionali. La Rdc, nonostante le sue sterminate risorse minerarie, è l'ultimo paese nella classifica dello sviluppo umano e il rapporto dei saggi sottolinea che «Tra il 2010 e il 2012 il Congo ha perso almeno 1,36 miliardi di dollari di introiti a causa della sottovalutazione delle quote minerarie vendute alle società offshore».

Probabilmente si tratta di una frazione di quanto le multinazionali minerarie hanno sottratto alle casse della Rdc ed allo sviluppo del Paese «Considerate le limitazioni nei controlli imposte dalle stesse compagnie»,  dice il gruppo di esperti che ha lanciato un appello ai dirigenti del G8 perché si occupino di questo saccheggio delle risorse africane perpetrato da giganti economici che hanno quasi sempre i loro quartier generali nelle city economiche e nelle borse dei Paesi ricchi ed emergenti. Annan, Camdessus ed Obasanjo invitano i  governi africani a «Diversificare le loro fonti di reddito, non limitandosi ai settori minerario o petrolifero, ma puntando alle capacità di sviluppo industriale locale».

Ma la transizione sarà molto difficile e probabilmente dolorosa: l'industria mineraria è diventata centrale per la crescita economica globale, anche se sarebbe in grado di creare effetti positivi a lungo termine nelle economie dei Paesi in via di sviluppo e sulla vita e la società delle nazioni povere ma ricche di risorse. Lo stesso Wef Africa ha sottolineato che «Anche se ha il potenziale per trasformare le prospettive economiche dei Paesi in via di sviluppo ricchi di minerali, i governi e le comunità stanno mettendo sempre più in discussione il ruolo di questo settore. I dibattiti sulla corretta ripartizione dei costi e dei benefici, la crescita della nazionalizzazione elle risorse ed i conflitti sui nuovi progetti riflettono la calante fiducia tra le parti interessate e la mancanza di meccanismi di coinvolgimento efficaci. Questo rende Responsabile Mineral Development Initiative (Rmdi) del World Economic Forum più attuale che mai.

La Rdmi ha sviluppato il Mineral value management, uno strumento progettato per migliorare la comprensione reciproca di quelli che vengono chiamati "driver olistici" del valore delle attività estrattive e per   fornire un mezzo per misurare e comunicare i bisogni e le aspettative dei diversi stakeholdersMa il passaggio appare molto stretto e la nascente società civile africana non si fida di multinazionali che hanno dimostrato e continuano a dimostrare una devastante avidità che non si ferma nemmeno davanti ad una diffusa corruzione politica ed alla guerra.

Intervenendo alla sessione "Infrastructure Development through Mining" del Wef africa 2013, l'ugandese Godber Tumushabe, direttore esecutivo dell'Advocates Coalition for Development and Environment, ha detto: «In primo luogo, la narrazione ormai dominante di "L'Africa è in aumento" è venuto fuori fin dall'inizio. Ma l'Africa davvero in aumento? Oppure stiamo parlando di "Africa è in crescita"? Primo: questo significa che il continente è in aumento in termini di popolazione, i giovani avranno più posti di lavoro, che per milioni di abitanti delle zone rurali non è in aumento la povertà, che più bambini stanno completando l'istruzione primaria e secondaria e che le madri hanno sempre più cure di base di cui hanno bisogno. O invece significa che il Pil è in aumento, ci sono più telefoni cellulari, Internet ed utenti di posta elettronica, ecc?.  E' questa l'"Africa  in crescita" che è venuta fuori in maniera chiaramente evidente dalle discussioni. 

Secondo, come previsto, c'è stato un consenso chiaro che la presenza di minerali e le scoperte minerarie in corso rappresentano chiaramente una straordinaria opportunità per il continente ed i suoi popoli. Questo consenso fa parte della Mining Vision Africa. Terzo, c'è consenso sul fatto che bisogna concentrarsi su progetti di infrastrutture multi-purpose in grado di accelerare la crescita economica e di sbloccare il potenziale del continente, e quindi la creazione di più opportunità e posti di lavoro per i cittadini di tutto il continente.  Oltre a questi punti di consenso evidenti, la sessione ha portato una serie di spunti interessanti che il continente non dovrebbe perdere di vista: l'industria dovrebbe concentrarsi sulla creazione di opportunità per le persone comuni e perle comunità minerarie. Ancora una volta, gli investimenti nello sviluppo di progetti di infrastrutture polivalenti potrebbe aumentare il potenziale per realizzare questa aspirazione.  Il settore privato dovrebbe pensare oltre le tasse e royalties come un modo di essere rilevante per governo e cittadini. Il settore privato e le compagnie à minerarie dovrebbero fungere da catalizzatori per la pianificazione delle infrastrutture multi-purpose e di sviluppo. Questo alla luce del fatto che alcune compagnie hanno a loro disposizione maggiore competenza tecnica ed esperienza  rispetto ai governi». 

Tumushabe è convinto che i paesi che possono beneficiare degli attuali sviluppi dell'industria mineraria «Sono quelli che possono sviluppare rapidamente quadri giuridici che facilitino la comproprietà delle infrastrutture». Una cosa che appare necessaria di fronte al fatto che la maggior parte dei progetti infrastrutturali sono costosi ed esigono grandi capitali che i Paesi africani non hanno.

«Ci sono una serie di progetti di infrastrutture polifunzionali già in corso o in programma. I think tank possono studiare questi progetti e trarre lezioni da documenti ed esperienze che possono informare e migliorare la progettazione e la realizzazione di tali progetti. La questione del rischio politico è stato evidenziata come uno dei principali ostacoli che potrebbero limitare la capacità del continente di attrarre capitali privati ad un livello necessario per finanziare progetti di infrastrutture multi-purpose. C'erano anche due importanti questioni che non ho sentito emergere dalle discussioni: primo, la discussione sembrava concentrarsi tanto sulle infrastrutture pubbliche su larga scala, ma il concetto di infrastruttura polivalente può essere applicato anche alle infrastrutture di comunità. E le compagnie minerarie dovrebbero costruire scuole di buona qualità, centri sanitari e centri comunitari che potrebbero essere utilizzati sia il loro personale che dalle comunità. Ciò accrescerebbe la partecipazione e la titolarità dei loro progetti di comunità. Secondo, non ci sono state  discussioni sulla necessità di far crescere e rafforzare il settore privato locale. In molti Paesi africani, si presume l'esistenza di un'imprenditoria privata, nella maggioranza dei casi, questo non è reale. Di conseguenza, l'occasione offerta dalle miniere potrebbe fornire una finestra per la crescita di un settore privato locale, per garantire la piena partecipazione delle popolazioni locali del settore. Nel settore petrolifero e del gas, questo è generalmente indicato come "contenuto locale". Credo che lo stesso principio può essere applicato a tutta l'industria mineraria».

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