[09/05/2013] News

Libera circolazione delle merci, l'energia da fonti rinnovabili è sempre compatibile col principio?

L'instaurazione di un regime di sostegno all'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili che prevede la concessione di certificati verdi ai produttori di elettricità verde stabiliti in una determinata regione, o che imponga ai distributori di elettricità di presentare annualmente un certo numero di certificati verdi corrispondenti a una quota e che vieta loro di utilizzare le garanzie di origine rilasciate in un altro Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo (See), non è compatibile con la libera circolazione delle merci e con il divieto di discriminazioni.

Questo è quello che sostiene l'avvocato generale Yves Bot in riferimento alla problematica sollevata dalla Rechtbank van eerste aanleg te Brussel riguardante l'Essent Belgium NV, fornitore di elettricità belga.

Quest'ultimo è stato soggetto, tra il 2003 e il 2009, all'obbligo stabilito della legge regionale sull'elettricità, di presentare ogni anno un determinato numero di certificati verdi all'autorità fiamminga di regolamentazione del mercato dell'energia elettrica e del gas, la Vreg. Al fine di adempiere i suoi obblighi per gli anni dal 2005 al 2009, l'Essent ha presentato alla Vreg, oltre ai certificati verdi provenienti da produttori di elettricità stabiliti nella Regione delle Fiandre e nelle Regioni vallona e di Bruxelles, garanzie di origine provenienti, per l'anno 2005, da produttori stabiliti nei Paesi Bassi e in Norvegia, per l'anno 2006, da produttori stabiliti in Danimarca e in Norvegia e, per gli anni compresi tra il 2007 e il 2009, da produttori stabiliti in Norvegia. Considerando che potevano essere accettati soltanto i certificati verdi attestanti la produzione di energia elettrica nella Regione delle Fiandre, la Vreg ha irrogato nei confronti dell'Essent una serie di ammende.

L'Essent ha presentato ricorso contro le decisioni dinanzi al Rechtbank van eerste aanleg te Brussel, che a sua volta ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte europea una serie di questioni pregiudiziali, questioni che vertono anche sull'interpretazione delle disposizioni della direttiva sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità (2001/77/CE) e della direttiva del relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica (2003/54/CE).

Intervenendo in un ambito nel quale si sovrappongono e possono potenzialmente confliggere due forze molto importanti della costruzione europea, la controversia sembra imporre alla Corte un difficile e pericoloso esercizio di conciliazione e di ricerca di equilibrio tra due obiettivi che rivestono entrambi un valore fondamentale: vale a dire la libera circolazione delle merci e la protezione dell'ambiente.  Ecco perché secondo l'avvocato generale la Corte non dovrà dedicarsi a un simile esercizio: la normativa nazionale controversa, nella parte in cui vieta di tener conto delle garanzie di origine provenienti dall'estero, non può e non si propone come obiettivo la protezione dell'ambiente.

La direttiva del 2001 istituisce il sistema delle garanzie di origine per agevolare gli scambi di elettricità e aumentare la trasparenza per i consumatori. In tal modo permette di stabilire se l'elettricità è prodotta da fonti energetiche rinnovabili: tale sistema deve essere distinto da quello dei certificati verdi introdotto da taluni regimi nazionali di sostegno.

I certificati verdi - che non rispondono a un regime armonizzato - sono volti a sovvenzionare la produzione di elettricità verde riconoscendo ai produttori di elettricità un'integrazione del reddito volta a coprire i maggiori costi connessi a tale tipologia di produzione. A differenza delle garanzie di origine, essi costituiscono titoli negoziabili che possono essere scambiati su un mercato secondario sul quale i produttori competono. Ne consegue che le garanzie di origine non implicano alcun diritto di beneficiare di simili regimi nazionali di sostegno e che gli Stati membri non sono tenuti a riconoscere le garanzie di origine provenienti dagli altri Stati membri quale contributo all'adempimento delle quote nazionali.

La direttiva, dunque, prevede una distinzione netta tra il sistema delle garanzie di origine e i meccanismi nazionali di sostegno alle energie rinnovabili, e non persegue un'armonizzazione completa della normativa nel settore dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Essa si limita a stabilire obiettivi indicativi nazionali di consumo, ma lascia che siano gli Stati membri a decidere liberamente la natura e il contenuto delle misure da adottare per raggiungere tali obiettivi, disponendo detti Stati di un'ampia discrezionalità.

Quindi, secondo l'avvocato generale la normativa nazionale - che nel concedere certificati verdi ai produttori di elettricità verde all'interno di una determinata regione e nell'imporre ai distributori di elettricità di presentare annualmente un determinato numero di certificati verdi corrispondenti a una quota - esclude che si possa tener conto delle garanzie di origine rilasciate in un altro Stato membro dell'Unione o del See non è contraria alla direttiva 2001. Tale normativa nazionale, però, ostacola in modo discriminatorio  il commercio tra gli Stati membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo senza essere giustificata da esigenze imperative di protezione dell'ambiente.

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