[09/05/2013] News

La pesca illegale danneggia consumatori, pescatori onesti e sostenibilità degli stock ittici

Chiudono i lavori della conferenza ospitata dal Pacific fishery management council

Termina oggi a Washington la terza conferenza Managing Our Nation's Fisheries Conference convocata dagli otto Regional fishery Management councils  ed ospitata  dal Pacific fishery management council che discute di come i concetti, le politiche, e la pratica della sostenibilità della pesca possono essere portati avanti ad alto livello. Il summit è aperto a armatori di pesca,  associazioni ambientaliste, scienziati e manager della pesca, politici, legislatori e giornalisti.

La discussione affronta le problematiche poste dal  Magnuson-Stevens Act per le nuove autorizzazioni e di  rettifiche all'attuale gestione che non richiedono una legislazione per essere attuate. La conferenza vuole essere un momento di scambio di informazioni e di a possibilità di ascoltare molti  punti di vista sulla sostenibilità degli stock ittici e delle funzioni degli ecosistemi e su come tutelare le comunità di pescatori che dipendono da loro.

L'Ong ambientalista internazionale Oceana ha colto l'occasione di questo summit della pesca mondiale per presentare  il suo nuovo rapporto, "Stolen Seafood - The Impact of Pirate Fishing on Our Oceans", dal quale emerge che la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (Iuu - Illegal, unregulated and unreported) porta alla frode dei frutti di mare e minaccia le economie della pesca, i consumatori di pesce e le specie marine vulnerabili a livello globale». Secondo stime recenti, la pesca Iuu rappresenta il 20% del pescato mondiale e provoca perdite economiche per 10 - 23 miliardi di dollari, mentre mette in pericolo 260 milioni di lavoratori  di tutto il mondo che dipendono dalla pesca marittima.

Margot Stiles, direttrice delle campane di Oceana, spiega che «Così come per il commercio illegale di avorio, la pesca pirata sta decimando la fauna selvatica più vulnerabile e preziosa dell'oceano, stiamo perdendo gli elefanti del mare per colpa dei bracconieri. Per la pesca illegale, anche nei parchi nazionali, prendendo di mira specie in pericolo con attrezzature  distruttive, i bracconieri provocano perdite economiche dell'ordine di miliardi di dollari ogni anno, minando decenni di salvaguardia da parte dei pescatori più responsabili».

«La pesca pirata può essere compresa meglio stando in piedi sulla spiaggia e guardando  verso il mare - si legge nel rapporto - Quasi tutti i crimini in mare avvengono oltre la linea dell'orizzonte, nascosti alla vista. Questo vasto territorio è sfruttato non solo per i pesci, ma come nascondiglio per le attività criminali.

I pesci rubati vengono catturati illegalmente, eludono una vasta gamma di misure di salvaguardia a minano i costi del business. La palese violazione dei limiti di cattura, delle restrizioni alle attrezzature e delle precauzioni di sicurezza sono spesso effettuate da una piccola frazione di pescatori, minando gli sforzi delle imprese della pesca responsabile. Il danno derivante per le risorse marine può portare a minori catture, ha rallentato il recupero degli stock depauperati o addirittura portato al collasso le pesche più vulnerabili.

Pirata, o illegale, la pesca è spesso messa  insieme alla pesca non regolamentata e non dichiarata sotto la sigla "Iuu". La pesca non regolamentata avviene in nazioni che non dispongono delle risorse per stabilire disposizioni di legge o di controllo della pesca. Parte della pesca non dichiarata deriva da una mancanza di raccolta di dati scientifici, mentre altre catture non dichiarate nascondono attività illecite. Queste tre dimensioni della pesca illegale sono una grave minaccia per gli oceani, i consumatori e il seafood businesses di tutto il mondo».

A febbraio Oceana ha pubblicato uno studio che rivelava che un terzo   del pesce analizzato in tutti gli Usa era etichettato  scorrettamente e  non coerente con le linee guida della Food and drug administration. Questo nuovo rapporto fa seguito alle scoperte fatte da Oceana esaminando i driver che contribuiscono alla frode dei frutti di mare, tra cui l'eccessivo sfruttamento globale delle risorse marine e il riciclaggio del pesce pescato illegalmente sui mercati statunitensi.

«La maggior parte dei pescatori illegali - si legge su Stolen Seafood - si concentrano su specie di alto valore e costose, dove i profitti ottenuti superano di gran lunga le multe e le sanzioni minori se catturati. La mancanza di regolamentazione e la debole applicazione delle leggi sulla pesca in molti Paesi supporta queste attività, perché permettono a molti pesci illegali di entrare paesi come gli Usa,  dove vengono spesso mischiati con il prodotto legale o fatti passare per specie completamente diverse».

Tutti "vizi" che sembrano diffusi anche in Italia ed in Europa.

Secondo Beth Lowell, direttore campagne di Oceana, «La pesca illegale inganno i consumatori di pesce danneggia i pescatori onesti e le imprese che rispettano le regole. Se vogliamo combattere la pesca pirata, dobbiamo essere in grado di monitorare il nostro approvvigionamento di frutti di mare dalla barca al piatto in modo che possiamo mantenere il pesce pescato illegalmente fuori dei nostri mercati e fuori dai piatti del nostro pranzo».

Usa, Ue ed altri Paesi hanno cominciato a contrastare la pesca Iuu e le frodi sul pescato con ma Oceana esorta i politici ad approvare leggi avanzate ed a fornire le risorse e gli strumenti per proteggere i pescatori responsabili, i consumatori di pesce e gli oceani.

Torna all'archivio