[03/05/2013] News

Da Catalano a Gallino: quando la verità dell'ovvio (su crisi e disoccupazione) batte la banalità

«Le imprese non assumono perché non c'è domanda di lavoro, e non investono perché non si produce. Se ci fosse una domanda allora assumerebbero e farebbero investimenti». Neppure monsier de La Palice avrebbe potuto dire una cosa così evidente. Che suona come il toscanaccio "Senza lilleri non si lallera" dove i lilleri stanno per i soldi, senza i quali appunto ben poco si fa.

Ma come diciamo sempre, quello che conta è il contesto, e allora di fronte alle elucubrazioni, perché ormai è di questo che si tratta, sul come una riforma del lavoro - quella della Fornero che ha abbattuto l'articolo 18 e allungato l'età pensionabile creando esodati, disperati e zero occupazione - non abbia potuto (strano!) creare lavoro, come qualcuno si aspettava - come se una riforma del genere potesse farlo -, la suddetta affermazione di Luciano Gallino rilasciata in un'intervista pubblicata oggi sul Manifesto è quasi "sconvolgente". Già Lucio Dalla ci aveva insegnato che "l'impresa eccezionale è essere normale", tuttavia oggi proprio nel giorno della notizia della sua scomparsa, viene in mente Massimo Catalano, il celebre 'Re dell'ovvio' della trasmissione Quelli della notte condotta da Renzo Arbore, che avrebbe potuto dire, parafrasando il suo "È meglio lavorare poco e fare tante vacanze, piuttosto che lavorare molto e fare poche vacanze", che "E' meglio lavorare se c'è lavoro e pagare le bollette, che stare a casa perché non c'è lavoro ed essere inseguiti da Equitalia".

Insomma, Gallino dicendo a chiare lettere che in Italia l'occupazione è bassa perché non c'è domanda e non perché bisogna cambiare le regole il mercato del lavoro, ha sbattuto in faccia la forza delle verità oggettive a chi da anni sta prendendo in giro i lavoratori e soprattutto quelli che il posto lo hanno perso o lo inseguono come un miraggio (i giovani).

Nel modello di sviluppo che ci siamo scelti di portare avanti, infatti, senza i consumi l'economia è ferma. Ed è ferma perché non c'è lavoro e non c'è lavoro perché non ci sono consumi. L'alternativa sta solo in un modello di sviluppo dove la macchina economica la si fa correre sulla strada della sostenibilità ambientale e sociale, e dunque la crescita sia di ciò che non compromette le risorse e le materie prime e rispetti l'uomo e le terre dove vive. In assenza di questo modello, si può tentare di scalfire quello attuale, ma di certo l'idea di scaricare gli errori di chi ci ha portato alla crisi sui lavoratori e su quel poco che è rimasto dei loro diritti, è inaccettabile. Di fronte alle bugie, quindi, la forza della banalità della verità è già una rivoluzione.

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