[02/05/2013] News

Clima, paesi poveri all'attacco: «Situazione gravissima per mancanza di leadership dei Paesi ricchi»

A Bonn sono in corso i Climate change talks Unfcc

Ai climate change talks dell'United Nations framework convention on climate change (Unfccc) in
corso a Bonn, dove all'Ad hoc working group on the Durban platform for enhanced action (Adp) si
discute animatamente di come arrivare davvero entro il 2015 ad un accordo globale sul clima, i
Paesi in via di sviluppo sono all'attacco ed a quanto pare stanno mettendo in difficoltà quelli
sviluppati che sembrano frastornati da una crisi economica ancora in atto e dalle accuse di non aver
mai rispettato gli impegni che si erano presi ed i patti sottoscritti.

A ricordare a tutti la reale
gravità della situazione è stata una dichiarazione rilasciata all'inizio del summit dall'Alliance of Small
Island States (Aosis) che ha chiesto che qualsiasi accordo globale sul clima punti a limitare il
riscaldamento al di sotto di 1,5° C entro la fine del secolo: «Il nostro lavoro deve essere mosso da
un senso di urgenza, tenendo presente che la nostra incapacità di agire ora con decisione, richiederà
una risposta reattiva e molto più costosa dopo. Inoltre, l'incapacità di chiudere il gap tra l'ambizione
e la mitigazione pre-2020 avrà profonde implicazioni per la portata e la natura degli obblighi
derivanti dal protocollo del 2015».

La questione della compensazione aveva dominato il
vertice di Doha del 2012 ed i governi avevano accettato di iniziare a lavorare su un meccanismo
"loss and damage", ma i Paesi sviluppati sono stati riluttanti a perseguire approfonditamente questo
filone di colloqui, perché potrebbe comportare pesanti risarcimenti se i calcoli si baseranno sulle
emissioni storiche.

Dopo la notizia del raggiungimento della soglia di 400 parti per milione
di CO2 atmosferica, alcuni credono che una concentrazione di 450 ppm potrebbe far superare
diversi punti di non ritorno, sciogliendo gran parte delle calotte glaciali della Terra e costringendo
molti abitanti delle isole del Pacifico ad abbandonare le loro case sommerse dal mare.


Nell'appello di Aosis si legge: «Sappiamo che le barriere coralline, che sostengono molte delle
nostre economie, e ci salvaguardano dagli eventi meteorologici estremi legati al clima, possono
smettere di crescere se viene oltrepassato il limite di 450 ppm  e che inizieranno a disciogliersi a
concentrazioni al di là di 550 ppm, mentre l'acidificazione degli oceani si intensifica. Alla luce di
queste dure realtà, dobbiamo raggiungere un accordo Adp che, in ultima analisi, porti le
concentrazioni di CO2 al di sotto di questi livelli per limitare il riscaldamento al di sotto di 1,5° C
entro la fine del secolo».

Naderev Sano, rappresentante dei Like Minded Developing
Countries (Lmdc) e commissario al cambiamento climatico delle Filippine, ha avvertito che «E' in
gioco l'intero processo. Sul cambiamento climatico c'è stato un decennio perduto. Abbiamo perso
questo  decennio perché i Paesi che hanno la responsabilità di essere leader si sono rifiutati di
assumere la leadership. Abbiamo perso l'ultima decade, perché i Paesi sviluppati si sono rifiutati di
guidarci. Mentre procrastinavano, il mondo ha sperimentato le crescenti conseguenze del
cambiamento climatico. Se i Paesi sviluppati avessero solo assolto agli obblighi e fossero rimasti
fedeli alla nostra "costituzione", saremmo sulla buona strada per un regime climatico equo e di
successo, segnato dalla cooperazione internazionale, per un'azione equa ed ambiziosa da parte di
tutti». A dire il vero il gruppo Lmdc include anche la terribile Arabia Saudita, da sempre alla testa
degli eco-scettici e finalmente isolata a Bonn, ma anche grandi potenze economico/industriali come
 la Cina, l'India, che non vogliono sentirne parlare di assumersi impegni come quelli dei Paesi
industrializzati, o Paesi come Venezuela, Ecuador e Colombia che, per ragioni opposte,
"antimperialiste", sono quelli che più si sono opposti ad accordi considerati troppo blandi per le
responsabilità dei Paesi ricchi, il cui modello insostenibile di consumi e di produzione è indicato (non
a torto) come causa del global warming.

Come ha detto Rene Orellana, capo della
delegazione boliviana, «La credibilità dei Paesi sviluppati per chiedere ai Paesi in via di sviluppo
sforzi più grandi riguardo al clima si basa  sulla loro capacità di mostrare leadership. La leadership
dai paesi sviluppati deve avvenire adesso e non deve essere rinviata al 2020, in quanto questo pone
le basi per un'azione più efficace del clima oltre il 2020».

Anche il gruppo dei 49 Paesi più
poveri del mondo, i Least developed countries (Ldc), con lo slogan «Start real negotiations now!», ha
chiesto subito un'azione rapida per affrontare i problemi, sottolineando che  «Non dobbiamo
intraprendere un altro pesante processo procedurale. Il ritardo porterà certamente ad un mondo più
caldo di 4° C. Dobbiamo trarre lezioni dai passati negoziati nell'ambito dell'attuale convenzione ed
attuare azioni urgenti per affrontare il cambiamento climatico. Dobbiamo fare in modo che i risultati
di Durban siano implementati come una questione urgente. Senza progressi sostanziali per chiudere
il gap della mitigazione di 8-13 giga-tonnellate  gap prima del 2020, i Paesi meno sviluppati non
sarebbero disposti ad accettare un risultato debole».

Da anni il gruppo dei Paesi meno
sviluppati non si stanca di dire in questi snervanti negoziati Unfccc che sono proprio le nazioni più
povere ad essere più gravemente colpite dagli effetti del cambiamento climatico ed il documento che
hanno presentato a Bonn sottolinea che gli effetti del global warming sono già visibili: «Stiamo tutti
vivendo un aumento del numero di periodi di siccità, forti tempeste e inondazioni. Questi eventi sono
in aumento per  frequenza, ampiezza e intensità e peggiorando di giorno in giorno la qualità della
vita di popolazioni già vulnerabili. Un ritardo dell'azione contro il cambiamento climatico non è
un'opzione per il nostro Gruppo».

Il nuovo presidente dei Paesi Lcd, il nepalese Prakash
Mathema, ha esortato le parti «A dar prova di leadership per realizzare progressi sostanziali ed a
negoziare un trattato per il 2015 e per colmare il divario di mitigazione prima del 2020. Non c'è più
tempo da perdere, quindi dobbiamo smetterla di girare a vuoto. La somma delle azioni di
mitigazione prese da tutte le parti dovrebbe portare ad un percorso complessivo di emissioni globali
che sia scientificamente coerente con la limitazione del riscaldamento al di sotto di 1,5° C entro la
fine del XXI ° secolo. Ciò richiede impegni chiari a breve, medio e lungo termine, che dovrebbero
essere sottoposti a revisioni periodiche, e che si basino sulle ultime scoperte scientifiche.
L'adattamento e la resilienza climatica sono le priorità per i Lcd per i quali il sostegno internazionale
per la tecnologia, il capacity building  e finanziario è ancora insufficiente. Se le emissioni globali non
saranno limitate, se non viene fornito tutto il sostegno internazionale possibile, i nostri Paesi
dovranno confrontarsi con una situazione nella quale gli obblighi di adattamento supereranno di gran
lunga le loro capacità. Ad un certo punto l'adattamento raggiungerà i suoi limiti e, a  lungo termine,
l'attenuazione è la migliore forma di adattamento».

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