[23/04/2013] News

Frammenti ecologici

Si chiama SAFE Projects, è diretto dall'ecologo inglese Rob Ewers dell'Imperial College di Londra, ha una dotazione di 6 milioni di sterline messa a disposizione dalla Sime Darby Foundation di Kuala Lumpur che, per dirla con la rivista Nature, è il braccio filantropico di uno dei più grandi produttori al mondo di olio di palma.

Il progetto mira a isolare e studiare 42 diverse «isole di biodiversità» di diversa estensione nella foresta tropicale primaria della grande isola asiatica, per verificare, come recita l'acronimo SAFE (Stability of Altered Forest Ecosystems), la stabilità degli ecosistemi forestali alterati.

In realtà, quello che è partito a inizio aprile è solo la seconda parte del progetto. Quella che deve creare le isole in una foresta altrimenti compatta e omogenea. La prima parte del progetto è stata realizzata da dozzine di ricercatori che hanno creato un enorme database con le caratteristiche ecologiche di quasi 4.000 delle diverse specie tropicali che abitano nell'area.

Perché questo strano progetto che, di fatto, altera in maniera controllata una grande foresta, abbatte alberi e crea 42 isole ecologiche? Beh, il motivo va cercato nella storia di un analogo progetto realizzato in Amazzonia, a partire dalla fine degli anni '70 del secolo scorso, da un noto ecologo americano, Thomas Lovejoy (Nella foto), della George Mason University di Fairfax, in Virginia.

Per tutta una serie di ragioni, alcune delle quali casuali, Lovejoy si è trovato a poter studiare 11 frammenti di foresta amazzonica di tre estensioni diverse: autentiche isole ecologiche da 1, 10 e 100 ettari. Lo studio ha dato inizio a una vera e propria disciplina ecologica: la frammentazione.

Studiando le sue «isole ecologiche» nel corso di 35 anni, Lovejoy è giunto a una considerazione generale e ad almeno 4 risultati importanti, considerati utilissimi per le politiche di conservazione.

La considerazione generale è che, in termini ecologici, "piccolo è brutto". Almeno nel breve periodo, perché quando la creazione di un frammento isolato determina un collasso ecologico. Lo dimostrano i dati empirici raccolti da Lovejoy e o dai suoi collaboratori in Brasile.

1. L'esperimento in Amazzonia ha mostrato che, nel giro di tre lustri, nei primi cento metri dal confine con il mare arido che lo circonda, un frammento può perdere fino al 36% di biomassa. E questo a causa dell'erosione degli agenti atmosferici.

2. Sulla base di questi dati, si calcola che l'opera di frammentazione delle foreste nel mondo genera l'immissione in atmosfera, da sola, di 150 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno.

3. La frammentazione si risolve in una perdita netta di biodiversità. Anche nelle isole più grandi, quelle di 100 ettari, in 15 anni sono andate perdute il 50% delle specie di uccelli.

4. Più grandi sono le isole, maggiore è la stabilità. Il tempo di dimezzamento delle specie di uccelli cresce di dieci volte quando l'area del frammento aumenta di 1.000 volte. In un frammento di 1.000 ettari le specie diminuiscono con una velocità dieci volte minore che in un frammento di un solo ettaro. La stabilità ecologica si raggiunge solo quando il frammento occupa un'area di 100.000 ettari.

Anche se nel lungo periodo l'isolamento ecologico è uno dei motori dell'evoluzione (come insegnano i fringuelli della Galapagos studiati da Darwin), nel piccolo e medio periodo la frammentazione fa male. Nel senso che crea ecosistemi molto instabili.

Tuttavia Lovejoy e i suoi collaboratori hanno anche scoperto che, nel corso di alcuni anni, se i frammenti sono messi in contatto da corridoi anche abbastanza sottili, c'è una trasmigrazione di specie da un'isola all'altra. E che alla fine un albero di frammenti correlati è ecologicamente stabile quanto un'area di foresta compatta.

Un risultato che ha grande implicazioni per le politiche di conservazione. In un mondo fortemente antropizzato, la frammentazione è diventata una caratteristica degli ecosistemi terrestri. La frammentazione produce una grossa instabilità ecologica, che può essere ridotta collegando con opportuni corridoi i vari ecosistemi-isola che si creano.

Ma ritorniamo all'esperimento SAFE. Ora sappiamo perché, per quanto strano, è davvero importante. Ci farà capire quanto universali siano i risultati ottenuti da Lovejoy in 35 anni di ecologia sperimentale in Amazzonia.

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