[22/04/2013] News

Brasile, gli indigeni vincono il primo round contro la mega diga che minaccia l'Amazzonia

Si chiama operazione Tapajòs. Consiste in attività svolte da militari e polizia volte a "tenere a bada" le popolazioni indigene e permettere gli studi tecnici propedeutici alla realizzazione della mega diga di Sao Luiz do Tapajòs, nello stato brasiliano del Parà.

L'ennesimo mega sbarramento destinato a sorgere, al pari dell'ormai celebre impianto di Belo Monte, nel cuore dell'Amazzonia, con tutti i prevedibili strascichi di impatti ambientali e sociali. Come nel caso di Belo Monte, le comunità locali non hanno inscenato solo proteste, anche molto spettacolari e dure, ma si sono anche rivolte alle autorità giudiziarie. Con un discreto successo.

Pochi giorni fa, infatti, una corte federale ha ordinato la sospensione dell'operazione Tapajòs, capovolgendo un precedente pronunciamento di un tribunale di prima istanza e motivando la sua decisione con dei motivi di estrema rilevanza. Per il giudice Joao Batista Moreira e i suoi colleghi, le normative nazionali e la Convenzione 169 dell'Organizzazione internazionale del lavoro, a cui il Brasile aderisce, prevedono la consultazione previa, informata e libera delle comunità indigene Munduruku e di tutte le altre realtà locali messe a rischio a causa della costruzione della diga. In assenza di tutto ciò, non si può procedere nemmeno con gli studi tecnici, come di fatto stava invece accadendo.

Vale la pena ricordare che quella di Sao Luiz è solo la più grande delle sette centrali idroelettriche che il governo di Brasilia intende far sorgere sul Tapajòs e sul suo affluente Jamanxin nel prossimo decennio. Gli ettari sommersi a causa delle dighe sul Tapajòs saranno quasi 200mila, di cui 11mila fanno parte di due parchi nazionali e 23mila sono coperti da foreste. Non sorprende dunque che nel dispositivo della sentenza della Corte federale sia inserito anche l'invito formale a procedere con una "seria e attenta" valutazione degli impatti ambientali cumulativi.

Una possibile svolta che ha fatto molto piacere ai leader indigeni e all'associazione statunitense International Rivers, da decenni al fianco delle comunità che lottano contro i progetti idroelettrici in tutto il pianeta. «Ci auguriamo che ora l'esecutivo brasiliano agisca in piena osservanza di quanto stabilito dalle autorità giudiziarie e che siano tutelati gli interessi delle popolazioni locali», ha dichiarato Brent Millikan, la campaigner Amazzonia di International Rivers. 

Lo scorso novembre proprio un esponente di spicco dei Munduruku è stato ucciso durante un'operazione di polizia, mentre altre persone hanno riportato ferite da arma da fuoco. In teoria le forze dell'ordine avrebbero dovuto cacciare un insediamento illegale di minatori nei pressi del fiume Tapajòs, ma, secondo le comunità, avrebbero "approfittato" della coincidenza favorevole per intimidire gli attivisti contrari alla diga.

Adesso si attende il prevedibile ricorso alla Suprema Corte, che potrebbe ulteriormente scompaginare le carte in tavola. Gli indigeni dell'Amazzonia di certo non cesseranno la loro lotta finché non vedranno riconosciuti i loro diritti.       

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