[16/04/2013] News toscana

L'incredibile storia del falco pescatore "maremmano" avvistato nel padule di Brabba, a Varese

L'esemplare era nato in Corsica e reintrodotto nel parco dell’Uccellina. Soddisfazione di Andrea Sforzi, responsabile del progetto

Il falco pescatore avvistato nella riserva naturale Palude Brabbia, sul lago di Varese, è uno degli esemplari nati 4 anni fa in Corsica, trasportato in Toscana con un elicottero, allevato e reintrodotto nel Parco della Maremma. Nei giorni scorsi è stato visto a 500 chilometri di distanza dalla Maremma ed identificato grazie all'anello di riconoscimento in Pvc che porta nella zampa. Si è così risalito facilmente alle sue origini: ossia il Parco della Maremma e il progetto di reintroduzione della specie avviato 10 anni fa.  «La notizia - spiega Lucia Venturi, presidente del Parco della Maremma e coordinatore toscano di Federparchi - conferma come ci siano aree protette, come la palude Brabbia, ben gestite e fondamentali per il ristoro degli uccelli migratori, grazie al progetto Life Tib; inoltre si dimostra la buona salute dei pochi esemplari che ancora volano nel bacino del Meditrerraneo».

Il falco pescatore (Pandion haliaetos) è ormai ridotto a pochissimi individui ed era data come specie praticamente estinta come nidificante in Italia fino alla primavera del  2011, anche se esemplari giovani e/o in dispersione dalla Corsica vengono da anni segnalati sull'isola di Capraia e in diverse località del Tirreno.

Ma la prima coppia nidificante in Italia, dopo 42 anni, depose le uova nel Parco regionale della Maremma e riuscì di nuovo a riprodursi. Un progetto di reintroduzione voluto ad ogni costo dall'ex presidente del Parco Giampiero Sammuri, che sta tentando di riprodurlo a Montecristo dopo essere diventato presidente del Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano.  Un progetto che, come sottolineano al Parco della Maremma, «Ha dato negli anni gioie e dolori. Dalla nascita dei piccoli  - Gradelle e Maremma il loro nome - alla morte, nell'Africa sub-sahariana, in Gambia per l'esattezza, del falchetto Gradelle»

Andrea Sforzi, responsabile scientifico del progetto maremmano, che grazie alla rete di contatti stabilita negli ultimi anni, ha sempre continuato a scambiare informazioni con esperti a livello nazionale e internazionale, spiega che l'obiettivo è quello di «Capire i movimenti dei falchi, le rotte di migrazione, la tendenza a tornare nella "patria" di origine. Da un paio d'anni è partito anche uno studio, coordinato dal Parco regionale della Maremma e dal Parco regionale della Corsica, in collaborazione con le Università di Ferrara e di Montpellier (nell'ambito del dottorato di ricerca di Flavio Monti) per indagare sui movimenti del falco pescatore nel Mediterraneo. Una delle teorie più accreditate fino ad oggi ipotizzava che gli spostamenti degli individui di questa specie fossero limitati ai principali siti di nidificazione (Corsica, Baleari, Marocco, Algeria), con movimenti relativamente limitati.  "Abbiamo sempre atteso e sperato che arrivassero segnalazioni e notizie sui falchi maremmani, quelli nati qui e quelli adottati, tutti hanno un anello fissato sulle zampe. L'avvistamento, realizzato dallo staff della Lipu, associazione che gestisce la riserva naturale Palude Brabbia, è proseguito per alcuni giorni consecutivi durante i quali il rapace si è alimentato e riposato nell'area umida, prima di riprendere il viaggio migratorio e far perdere di nuovo le proprie tracce».

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