[15/04/2013] News

Venezuela: Maduro vince per un soffio, in crisi il socialismo petrolifero chavista?

I Paesi sudamericani dicono che la vittoria č regolare e si complimentano con l’erede di Chavez

Nicolás Maduro, candidato del Gran polo patriótico (Gpp) egemonizzato dal Partido socialista unido de Venezuela (Psuv) e designato come suo successore dal carismatico Hugo Chavez, ha vinto di un soffio le elezioni venezuelane che hanno visto una grandissima e composta partecipazione.

Il presidente ad interim e candidato chavista aveva chiamato al voto attraverso Twitter «Per decidere il futuro della Patria. Andiamo alla Patria nuova, allo squillo della tromba tutti a votare in famiglia per i nostri figli e nipoti, per il futuro grande, per il gigante! È l'ora». Maduro aveva anche esaltato «Lealtà ai sogni di Chávez, unione del popolo e amore alla Patria, per garantire il futuro e la pace perpetua. Alla carica! Andiamo piccoli comandanti a  rompere il record di partecipazione della nostra democrazia mobilitata. Il sovrano deciderà la rotta della Patria di Bolívar». Un buon 5% dei 18,6 milioni dei venezuelani che si sono recati alle urne hanno però abbandonato il sogno bolivarista di Chavez del socialismo petrolifero e sono passati nelle fila dell'opposizione, così Maduro ha vinto per un soffio, con il 50,66% dei voti e il suo principale (che a conti fatti si è rivelato unico) avversario, il leader dell'opposizione e governatore dello Stato di Miranda, il quarantenne Henrique Capriles Radonski, ha preso il 49,07% dei voti.

Il chavismo ha rivinto sulle ali del lutto, dell'emozione e del rimpianto per Chavez,  ma non è mai stato così in crisi e i venezuelani non sembrano avere per Maduro la stessa fiducia che avevano per il vulcanico caudillo del socialismo bolivarista petrolifero. Inoltre c'è una complicazione in più che potrebbe far esplodere un Paese ormai spaccato letteralmente in due: Capriles, che alla vigilia delle elezioni aveva detto che avrebbe rispettato il risultato delle elezioni, di fronte a questo minimo scarto si è rimangiato la promessa fatta agli osservatori internazionali ed al Consejo nacional electoral (Cen) ed appena la presidente del Cen Tibisay Lucena ha annunciato la vittoria di stretta misura di Maduro ha detto: «Non riconosceremo un risultato fintanto che non si riconta ogni voto dei venezuelani, uno per uno. Esigiamo dal Cne che si aprano tutte le urne e che ogni voto del Venezuela sia contato». I dati del Cne dicono che Maduro ha avuto 7.505.338 voti e Capriles 7.403.000 voti  mentre la partecipazione si è fermata al 78,71%, un leggero calo rispetto alle ultime elezioni vinte da Chavez nel 2012.

Il candidato dello schieramento anti-chavista, che va dalla destra alla sinistra moderata, ha denunciato più di 3.000 irregolarità  incidenti elettorali, ma anche il Gran polo patriótico accusa l'opposizione di aver fatto delle frodi negli Sati del Venezuela dove governa.

Comunque Capriles, riferendosi a Maduro,  ha detto «Non patteggio con l'illegittimità. Il grande sconfitto di oggi è Lei», ma ha ammesso che i dati di cui dispone non coincidono con quelli del Cne «Per una differenza molto piccola». Poi si è appellato alla Fuerza armada nacional bolivariana (l'esercito, il vero convitato di pietra del dopo Chavez) perché assicuri il rispetto della democrazia, la stessa cosa ha fatto subito il governo chavista.

Maduro ha vinto con l'affanno e sul filo di lana ma ha detto davanti alla folla chavista riunita davanti al palazzo presidenziale di Miraflores a Caracas: «Oggi abbiamo ottenuto un trionfo elettorale giusto, costituzionale e popolare. Abbiamo ricevuto ufficialmente l'informazione del potere elettorale, in una democrazia sono i poteri pubblici, in questo caso un'elezione, sono gli organismi pubblici ed il potere elettorale che comunicano i risultati. Sappiamo che 7 milioni e 505.338 venezuelani mi hanno dato il voto», quindi più dei dati del Cne.

Maduro, riferendosi alle accuse di sabotaggi fatte in campagna elettorale all'opposizione ed all'ambasciata Usa, ha poi denunciato che «Durante questi giorni la Revolución Bolivariana ha dovuto affrontare una guerra elettrica, economica e psicologica», ma poi ha fatto un appello alla pacificazione ed ha lui stesso sollecitato «Formalmente il Consejo nacional electoral  a realizzare un audit della campagna elettorale nel Paese. Lo faremo, non abbiamo paura, che le schede parlino e che si dicano la verità. Confidiamo nel Cne, confido nel popolo venezuelano».

Poi Maduro ha raccontato un retroscena: «Abbiamo ricevuto la sollecitazione di un membro della campagna dell'opposizione perché il candidato oppositore  chiedeva di parlare con me. Ho deciso di accogliere la richiesta per ascoltarlo perché sono un uomo di dialogo democratico, possiamo parlare con chiunque sia in questo Paese ed all'estero. Lui (Henrique Capriles) mi ha presentato la sua visione ed io gli ho presentato la verità e gli ho detto: abbiamo  un risultato, tu sai quale sia, abbiamo un potere elettorale. Mi stava proponendo di mandare i capi della campagna elettorale per fare un patto ed io gli ho detto di no, che il Consejo nacional electoral dica quali sono i risultati. Se io perdo  con un voto ti cedo il mandato domattina (cioè oggi), però se non è così, vincendo per più di 300 mila voti, è la decisione del popolo questa si rispetta».

Poi Maduro ha ripreso la retorica chavista : «Nel dì di Cristo, del Cristo del Comandante Chávez, chiedo per favore che si sappiano gestire i risultati, con umiltà, senza prepotenza, senza chiamare alla violenza, alla confusione, non vogliamo violenza, chiamo alla pace, al rispetto dei risultati. Non mi opporrò al controllo che si chiede di fare, confidiamo nel sistema elettorale del Venezuela.  I più interessati all'audit siamo noi e chiedo alla Cne un controllo in tutto il Paese, per eliminare ogni dubbio sui risultati. Se più di 7 milioni e 500 mila venezuelani hanno detto che Maduro è il presidente del Venezuela, questo va rispettato, la democrazia è il potere della maggioranza. Quello che faremo ora è un governo poderoso per rispondere alle necessità del popolo. C'è un'operazione internazionale per attaccare la democrazia venezuelana, resisteremo con forza per fermare chiunque venga contro la democrazia. Sarò il presidente della pace e di questa patria che non si farà ricattare da nessuno. Credo nella pace come unica strada. Questo 15 di aprile comincia una nuova tappa nella Revolución Bolivariana. Deve essere la tappa dell'efficienza del potere popolare». Maduro ha invitato «Tutti i venezuelani, inclusi quelli che hanno dato il voto al candidato antichavista, a lavorare uniti per la sicurezza, per l'economia di questo Paese e per la vera democrazia».

Ma Capriles deve fare i conti soprattutto con il giudizio degli oltre 170 osservatori internazionali che hanno controllato la regolarità del voto in tutti gli Stati del Paese, compresi quelli dell' Unión de naciones suramericanas (Unasur), il cui presidente, l'argentino Carlos Chacho Álvarez, ha parlato di tranquillità ed assoluta normalità e regolarità del processo elettorale venezuelano, tra l'altro dotato di un vi poto elettronico che sembra fantascientifico in altri Paesi del sub-continente. Álvarez  ha spiegato a Prensa Latina che «Il sistema elettorale venezuelano funziona molto bene ed è molto efficiente sicuro ed invulnerabile dal punto di vista tecnico. Durante la recente riunione della missione dell'Unasur con gli ingegneri informatici dell'opposizione venezuelana, questi riconobbero la solidità del sistema elettorale, uno dei più avanzati dell' America Latina». Anche l'ex senatrice colombana Piedad Córdoba, anche lei osservatrice del voto venezuelano in una delegazione di 22 persone, ha parlato di «Festa della democrazie che è un esempio per il mondo. Il sistema elettorale del Venezuela è solido, serio ed affidabile, garanzia di una democrazia profonda».

Anche per questo gli altri governi sudamericani sembrano dare poco peso alle denunce di brogli da parte di Capriles e la vittoria di Chavez è stata riconosciuta subito, con entusiastici messaggi di congratulazione, prima su Twitter e poi ufficiali, dalla presidente argentina Cristina Fernández, dal presidente dell'Ecuador Rafael Correa e da quello boliviano Evo Morales.

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