[26/03/2013] News

Corea del Nord: pronti a colpire gli Usa. Ma i soldati affamati disertano in Cina

Nuovo cyber-attacco contro la Corea del sud

L'agenzia ufficiale del regime nordcoreano, la Kcna, ha annunciato che «Il Comando supremo dell'Esercito popolare di Corea è in posizione da combattimento così come le unità di artiglieria a lungo raggio, incluse quelle strategiche con i razzi a lungo raggio che hanno per obiettivo tutti i target nemici negli Usa, come le basi continentali, delle Hawaii e di Guam». Anche l'esercito della Repubblica popolare democratica di Corea (Rpdc) è pronto alla guerra, mentre le unità di artiglieria con i razzi a lungo raggio sono pronte al tiro.

La Corea del nord non ha missili in grado di colpire la munitissima base statunitense di Guam e tantomeno le lontanissime Hawaii e gli Usa continentali, ma potrebbe lanciare un disperato attacco contro la Corea del sud. Il ministro della Difesa sudcoreano Kim Kwan-jin ha messo in guardia il regime nazional-stalinista del nord a non impegnarsi in ulteriori provocazioni.

Proprio oggi è il terzo anniversario dell'affondamento di una nave della marina sudcoreana nel Mar Giallo. Dove persero la vita 46 marinai sudcoreani. Da un'indagine congiunta Corea del sud-Usa è venuto fuori che sarebbe stato un mini-sottomarino nordcoreano a silurare la nave e Kim Kwan-jin, in  visita all'isola Baengnyeong, vicino a dove la nave è stata affondata, ha reso omaggio ad un monumento alle vittime e poi visitato una struttura militare sull'isola, affermando che «Puniremo severamente la Corea del nord se metterà in scena una provocazione militare». Oggi la nuova presidente sudcoreana, Park Geun-hye, sarà presente ad una cerimonia funebre per i marinai al cimitero nazionale di Daejeon e si teme un colpo di mano nordcoreano.

Ma la Corea del Nord ha per l'ennesima volta negato ogni coinvolgimento nel naufragio del Mar Giallo del  26 marzo 2010. Oggi il giornale ufficiale del Partito del lavoro della Rpdc, il Rodong Sinmun, in un editoriale dice che quell'affondamento ha portato direttamente alla «Tragica realtà delle relazioni con la Corea del sud» e che «L'incidente è stato un complotto voluto dall'allora presidente sudcoreano Lee Myung-bak per distruggere i legami bilaterali e provocare una guerra di aggressione».

Intanto i media di regime nordcoreani (in realtà ci sono solo quelli) riferiscono che il giovane leader supremo Kim Jong Un ieri ha presenziato ad esercitazioni di sbarco anfibie che si sarebbero svolte in una località segreta della costa orientale della penisola coreana e che avrebbero coinvolto anche un hovercraft.

Tutta questa retorica guerresca ed esibizione di muscoli nucleari in realtà nasconderebbero una situazione catastrofica dell'ipertrofico esercito della Rpdc, il vero padrone del regime dinastico-comunista. Come  scrive The Seoul Times, secondo fonti cinesi a Pechino, «Un totale di 12 soldati coreani del nord armati hanno attraversato il confine e sono andati nella città di Jian, nella provincia di Jilin, nel nord-est della Cina all'inizio di questo mese. Ma sono stati arrestati dai soldati cinesi e sono stati rimandati in Corea del nord».

Alla fine di febbraio, due soldati nordcoreani, dopo aver ucciso il loro superiore, avevano attraversato la frontiera cinese, sempre nella provincia di Jilin. Le stesse fonti cinesi spiegano che i 13 soldati nordcoreani fanno parte di due distinti gruppi che hanno disertato in Cina e che appartengono tutti alle unità delle guardie di frontiera della Rpdc, che teoricamente sarebbero truppe di élite e di provata fede ideologica.

Secondo gli esperti cinesi e sudcoreani questi potrebbero essere i segnali del malcontento che serpeggia nell'esercito nordcoreano, soprattutto alle frontiere, dove le diserzioni sembrano in crescita. Ma non si tratta di un dissenso ideologico (anche perché i soldati non conoscono altra ideologia che quella nazionalista del Juche e dell'idolatria verso la dinastia dei Kim), le diserzioni sarebbero legate alla mancanza di cibo ed al peggioramento delle condizioni di vita nell'esercito di Pyongyang. Non è forse un caso che la fame e la carestia si siano  riaffacciate in Corea del nord  e poi siano peggiorate dopo l'aprile 2012, quando il regime testò missili a lunga gittata ed interruppe ogni rapporto internazionale, provocando sanzioni che hanno ridotto le forniture di aiuti alimentari.

The Seoul Times scrive che «Le unità della Corea del nord nelle regioni di frontiera sono affette da una carenza estrema di cibo. I soldati nella zona sopravvivono solo con cavoli e patate». E' un incubo per i cinesi che si aspettano che sempre più soldati nordcoreani disertino e che dalla frontiera sguarnita, in caso di guerra, si riversi in Cina una marea di profughi affamati. Ma, anche senza guerra, la situazione alimentare nella Rpdc sembra destinata a peggiorare già in questa primavera. Lo si capisce anche dal numero crescente di civili che cercano di attraversare clandestinamente la frontiera con la Cina, spesso come punto di transito per andare in Corea del sud. Ma la maggior parte di loro vengono arrestati dalla polizia cinese e riconsegnati al regime nordcoreano che li rinchiude nel campo di concentramento di Tumenb a circa 50 km dalla frontiera cinese che avevano cercato di varcare.

Mentre la carestia devasta la Corea del nord, il regime di Pyongyang si starebbe dedicando ad una sofisticata cyber-guerra contro il Sud: oggi sono stati chiusi i siti web della Ynt, una importante stazione televisiva della Corea del sud, e si sospetta che gli hacker che hanno di nuovo preso di mira i media di Seoul siano nordcoreani. Oggi risultavano oscurati anche i siti di news in 8 città, compresa la capitale Seoul ed Incheo. Una task force sta cercando di capire se questo è collegato all'attacco hacker che la scorsa settimana ha mandato in tilt 32.000 computer di reti televisive banche in Corea del Sud, anche questo un sospetto attacco informatico della Corea del nord.

La National police agency della Corea del sud ha detto che gli attacchi informatici della settimana scorsa alle principali banche ed emittenti del Paese hanno origine da un protocollo internet di 4 Paesi, gli Usa e 3 Paesi europei. La polizia non ha rivelato quali siano le nazioni europee coinvolte, ma ha chiesto la cooperazione da parte delle autorità competenti per rintracciare la fonte originale dei cyberattacks e si sta verificando se anche se gli indirizzi IP di tutti gli altri paesi siano stati utilizzati negli attacchi.

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