[06/03/2013] News

ESCLUSIVA Libro Verde sui rifiuti Ue. Buste e materie plastiche biodegradabili: attenzione ai fraintendimenti

Il Commissario Ue all'ambiente Janez Potočnik lo presenterà domani a Bruxelles

Le buste per la spesa di plastica sono l'emblema della moderna società consumistica:, leggere, pratiche, senza valore, spesso gettate via dopo un solo utilizzo. Tuttavia, l'impatto ambientale esercitato dalle buste di plastica è considerevole. Nel 2010  si contavano ben 95,5 miliardi di buste di plastica (1,42 Mt) nel mercato UE, per lo più  destinate a un singolo utilizzo (92%). L'aspetto più preoccupante consiste nel fatto che le buste di plastica vanno ad aggiungersi inutilmente ai rifiuti marini, con lo stesso effetto nocivo degli altri rifiuti di plastica. Un esempio lampante: i sacchetti di plastica rappresentano il 73% dei rifiuti raccolti da pescherecci da traino lungo la costa Toscana. A seguito della consultazione pubblica sulle buste di plastica tenuta nell'estate del 2011, la Commissione europea sta valutando (con un'iniziativa indipendente) altre opzioni per ridurre il volume di buste monouso di plastica.

I prodotti in plastica biodegradabile vengono spesso percepiti come una potenziale soluzione all'inquinamento da plastica, attirando sempre più l'attenzione pubblica. Benché si tratti ancora di un piccolo segmento di mercato, la produzione di materie plastiche biodegradabili opera oggi su scala industriale, con un aumento previsto in Europa da 0,23 Mt / anno nel 2007 a 0,93 Mt / anno nel 2011.

Il termine stesso "biodegradabile" può essere frainteso dai consumatori. Essi infatti potrebbero essere indotti a credere che la dicitura "biodegradabile" significhi "adatto al compostaggio domestico", in realtà, la maggior parte delle materie plastiche biodegradabili può essere biodegradata solo in condizioni molto specifiche, con temperatura costante e umidità elevata, all'interno di appositi impianti di compostaggio industriali; inoltre essa non si presta al compostaggio domestico, né si decompone in un tempo ragionevole una volta gettata nella spazzatura. Si rivela necessaria pertanto una chiara distinzione tra materie plastiche compostabili a livello domestico e industriale, parallelamente all'educazione dei consumatori sui canali di smaltimento adeguati. La confusione potrebbe indurre i consumatori a prestare poca attenzione allo smaltimento, a causa di un equivoco secondo cui gli oggetti etichettati come biodegradabili si decomporrebbero in brevi periodi di tempo in condizioni naturali.

Vi sono inoltre alcune questioni discutibili in materia di biodegradabilità. Ad esempio, la disintegrazione della plastica arricchita con un agente ossidante (generalmente sale metallico) in presenza di ossigeno, calore e raggi UV causa la formazione di microscopici frammenti di plastica con proprietà simili a quelle della plastica sfusa. La oxo- degradazione non si fonda sull'attività microbica e i suoi residui possono avere impatti poco chiari. La plastica oxo-degradabile potrebbe contribuire al volume di microplastica che raggiunge l'ambiente marino, aumentando significativamente il rischio di ingestione da parte degli animali. La presenza di agenti ossidanti nei flussi di rifiuti di plastica può inoltre ostacolarne il riciclaggio. Sarebbe opportuno valutare se l'uso del termine biodegradabile sia totalmente corretto in questo caso.

Un'altra questione aperta è la misura in cui la plastica biodegradabile può rappresentare una soluzione contro l'inquinamento marino da plastica. La decomposizione nell'ambiente marino dipende da molti fattori, quali il tipo di prodotto, la presenza in quantità sufficiente di specifici microrganismi, la temperatura dell'acqua e la densità del prodotto. Da alcuni studi condotti da Plastral Fidene è emerso che una miscela di amido e PCL si decomponeva in 20-30 settimane nelle acque australiane, mentre impiegava 20-30 giorni nel compost. Inoltre, molte plastiche biodegradabili non si decompongono nell'intestino delle specie marine e ciò è destinato a rimanere un problema.

Diversi ostacoli impediscono alle materie plastiche biodegradabili di penetrare rapidamente nel mercato. Senza un ulteriore progresso tecnico in termini di proprietà funzionali, esse infatti non sono adatte ad alcuni tipi di confezionamento, ad esempio per alimenti freschi. Le filiere produttive che attualmente utilizzano plastica di origine fossile potrebbero necessitare di un costoso processo di adeguamento per convertirsi alle plastiche biodegradabili. Il reale impatto della plastica biodegradabile sugli ambienti acquatici, così come la tossicità del compost, devono essere ulteriormente quantificati. I sistemi di trattamento dei rifiuti già in uso non sono ancora in grado di separare la plastica sufficientemente biodegradabile da quella tradizionale, compromettendo così i processi di riciclaggio. L'adeguamento tecnico potrebbe determinare un aumento dei costi di separazione a seguito dell'impiego di attrezzature più sofisticate.

Per quanto riguarda il compostaggio delle plastiche biodegradabili, sarebbero necessari investimenti negli impianti di compostaggio che forniscono un adeguato trattamento preliminare e un efficace processo di compostaggio.

1) Quali sono le applicazioni per le quali le materie plastiche biodegradabili meritano di essere incentivate, quali condizioni quadro devono essere applicate?

2) Sarebbe opportuno potenziare i requisiti normativi vigenti, operando una netta distinzione tra materie plastiche compostabili naturalmente e biodegradabili tecnicamente, e tale distinzione dovrebbe essere soggetta a informazioni obbligatorie?

3) L'utilizzo di plastica oxo-degradabile richiederebbe qualche tipo di intervento al fine di salvaguardare i processi di riciclaggio, e in caso affermativo, a quale livello?

Traduzione a cura di *Legnani Traduzioni (Valentina Legnani)

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