[05/03/2013] News toscana

Governo del territorio, riscrittura della Legge regionale 1/2005: perché questo silenzio?

Se è vero che il confronto è appena avviato, la vicenda della riscrittura della Legge regionale 1/2005 sembra scontare strani silenzi. Se la politica segue riti e percorsi talvolta "carsici", più singolare appare il silenzio "pubblico"di associazioni, istituti culturali, comitati,  istituzioni di ricerca e scientifiche.

Il testo della possibile riforma, per quanto non formalmente ufficializzato sul sito web della Regione, cosa che sarebbe utile e a cui il garante dell'informazione dovrebbe prestare attenzione ed  operosità promuovendo il confronto, non c'è. Tuttavia quel testo circola nei comuni, tra le province e gli addetti ai lavori quindi appare legittimo evidenziare la divaricazione tra importanza della legge e la limitata ampiezza del confronto.

Ammesso che si sia ancora in una fase preliminare non vorremmo che il processo si risolvesse in tecnicismi per addetti ai lavori o in selezionati rapporti di concertazione, quando il tema del governo del territorio e delle risorse è ben più ampio di una discussione su competenze da assegnare  a questo o a quel livello istituzionale, perché è quello di quale modello di sviluppo si vuole perseguire.

Siamo tutti d'accordo su limitare il consumo di suolo ma perché derogare per i centri commerciali?; siamo tutti d'accordo su la priorità da assegnare al recupero ed alla rigenerazione urbana, dove sono incentivi e procedure che facciano saltare il tema dell'esproprio a prezzi di mercato?; siamo d'accordo sulle energie rinnovabili ma se ormai si è detto stop a fotovoltaico ed eolico quasi ovunque, come facciamo a fare una regione verde?

Se poi, come fanno i comitati e non solo, pur nel contesto di una corretta analisi di condizioni e situazioni attuali e di coerente richiesta di ripensamento delle politiche di governo in materia di acqua, energia o rifiuti, se nello specifico ci si limita alla richiesta di centralizzazione della verifica ed approvazione degli strumenti urbanistici comunali, non si sfugge al dubbio circa il prevalere di una volontà di redistribuzione dei poteri, che poi sarebbe come un ritorno al passato. Infatti fino alla legge 5/1995, ma per norme transitorie sostanzialmente fino alla legge 1/2005, i piani erano approvati dalla Regione e, se così si può dire, governati da una "casta" professionale alquanto chiusa e prevalentemente di universitari, mentre i progetti edilizi, nelle aree di vincolo paesaggistico, erano approvati dalle soprintendenze. Senza generalizzare, non dovrebbe sfuggire ad un osservatore attento che gli esiti territoriali che oggi apprezziamo in Toscana sono frutto di quelle pratiche e di quelle esperienze "centralizzate", ma ora anche della assoluta fragilità della pianificazione sovraordinata, cioè PIT e PTC che specialmente con la legge 1/2005 è stata ridotta a "narrazione" di scarsa o nulla cogenza; dell'impoverimento numerico e non solo della dotazione organica delle strutture tecniche dei vari enti .

Allora, poiché sono questi i problemi sul tappeto, non solo di riforma procedimentale, di riforma lessicale (tipo la ridenominazione del regolamento urbanistico quale piano operativo), un dibattito più ampio, meno tecnico e più politico, non sembra oggettivamente rinviabile.

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