[19/02/2013] News

Alla scoperta del cervello, la nuova frontiera della ricerca mondiale per lo sviluppo (sostenibile?)

Dopo il progetto europeo, Obama vuole investire 3 miliardi di dollari nella Brain Activity Map

Dopo Medicare, simbolo della prima amministrazione Obama, la salute è ancora in testa ai progetti del neopresidente Usa. Tra i simboli annunciati del suo nuovo mandato c'è infatti Brain Activity Map, un progetto decennale di ricerca per riuscire a stendere la mappa di quella che è rimasta come la più grande zona inesplorata del XXI secolo: il nostro cervello. Tramontata da tempo l'era delle missioni spaziali del programma Apollo, spinto con forza da J.F. Kennedy, adesso il viaggio più impegnativo di sempre torna ad essere quello dentro la nostra testa.

Secondo le attuali stime, è in ballo un finanziamento di 3 miliari di dollari nell'arco di dieci anni (una cifra tutto sommato modesta, visto l'obiettivo), che verranno probabilmente annunciati a marzo, in contemporanea al prossimo bilancio federale Usa.

Per dare un'idea della portata del progetto, durante il suo discorso sullo Stato dell'Unione, Obama ha citato lo Human Genome Project che, impiegando tredici anni e 3,8 miliardi di dollari, concluse la mappatura del Dna umano nel 2003. Il presidente ha affermato trionfante che «ogni dollaro investito nella ricerca sul genoma ha creato 140 dollari di nuova ricchezza per la nostra economia». Ebbene, ha sbagliato: il moltiplicatore sembra molto più alto di circa un terzo, arrivando a 210. Un ritorno enorme, come testimonia Federico Rampini su la Repubblica scrivendo che «Diversi studi realizzati in seguito sulle ricadute economiche benefiche per l'economia hanno calcolato che nel 2010 la mappatura del genoma aveva già fruttato 800 miliardi di dollari in nuove attività».

Come ha sottolineato Obama, «non è questo il momento di soffocare gli investimenti nella scienza, che creano lavoro». Ma stavolta non si tratta "soltanto" di una lotta contro la bestia nera che la crisi ha agitato e agita in faccia ai paesi occidentali, ossia la disoccupazione e l'arretramento di fronte alle economie emergenti. Presto dovremo fare i conti con la demografia. Come ricorda da tempo il nostrano Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute,  «nel 2000, nel mondo c'erano circa 600 milioni di persone con più di 60 anni, nel 2025 ce ne saranno 1,2 miliardi e 2 miliardi nel 2050». L'incidenza delle malattie neurologiche e neurodegenerative sembra dunque destinata ad aumentare esponenzialmente: ecco che l'annuncio di Obama - «oggi i nostri scienziati stanno costruendo la mappa del cervello umano per svelare i segreti dell'Alzheimer» - rappresenta un sogno molto più affidabile della lotta al cancro sbandierata a suo tempo in campagna elettorale da Silvio Berlusconi.

Anche l'Europa punta forte sullo studio della mente. A fine gennaio, la Commissione Ue ha annunciato i due vincitori del concorso Future and emerging technologies (Fet): uno è lo Human Brain Project, al quale verrà destinato 1 miliardo di euro in 10 anni (un impegno economicamente inferiore rispetto a quello annunciato negli Stati Uniti, dunque) per riprodurre una vera e propria simulazione artificiale del cervello umano. Un percorso diverso ma complementare a quello made in Usa, che spazi dal «campo della medicina» fino a «spianare la strada a sistemi con un'intelligenza simile al cervello».

Far luce su quella zona grigia che è il cervello umano è dunque una straordinaria occasione di progresso, e la concorrenza per il primato tra Ue e Usa è già agguerrita. I benefici possibili sono vasti e molteplici, ancora non del tutto definiti. Comprendere meglio come funziona la nostra testa, perché no, potrebbe anche aiutarci a capire meglio i nostri comportamenti sociali, di cui quelli economici - che tanto ci preoccupano - sono solo una declinazione. La neuroeconomia potrebbe trarne profondo giovamento, e in Europa l'economia comportamentale è già associata ad un utilizzo più efficiente di risorse scarse, una strada da percorrere per procedere verso un'economia «rigenerativa, circolare» che sia «socialmente inclusiva e responsabile». L'obiettivo ideale della sostenibilità economica, ecologica e sociale dipende anzitutto dall'orientamento delle teste che molto spesso inconsapevolmente portiamo a spasso sul nostro collo: riuscire nell'affascinante obiettivo di conoscerle (e conoscerci) meglio potrebbe darci una grossa mano per tagliare il traguardo.

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