[15/02/2013] News

Berlusconi, o del neocolonialismo tangentaro italico col pelo sullo stomaco

Come sempre è arrivata la smentita a sé stesso di Silvio Berlusconi, ma quanto detto ieri ad Agorà è forse la cosa più grave e indecente tra le molte dette in questi giorni di disperata campagna elettorale da un uomo che non sembra aver più niente da perdere e  che chiama a raccolta, senza ritegno alcuno, il peggio del Paese, in Italia ed all'estero.

Berlusconi, definendo le tangenti date all'estero dalle imprese statali, parastatali (Finmeccanica ed Eni per ultime) "commissioni" (che invece sono cosa lecita e giusta), ha detto che sono tipiche delle democrazie imperfette come quelle dei Paesi del Terzo mondo. E Berlusconi di democrazie imperfette se ne intende davvero, soprattutto se sono petrolifere, visto che non solo è amico di Vladimir Putin, ma ha anche calorosamente elogiato due dittatori come il bielorusso Alexander Lukashenko e il kazako Nursultan Nazarbayev (invidiandoli perché vincono le elezioni truccate con più del 90% di voti) ed è stato un ottimo amico e munifico ospite del dittatore libico Muammar Gheddafi (per poi tradirlo quando è finito in disgrazia) e di personaggi come gli ex presidente della Tunisia Ben Alì e dell'Egitto Mubarak per il quale si inventò anche una vivace e costosa nipote marocchino/italiana.

«Quando grandi gruppi come Eni, Enel o Finmeccanica - ha detto l'ex premier, capo assoluto della destra populista italiana, autocandidatosi a ministro dell'economia - trattano con Paesi che non sono complete e perfette democrazie ci sono delle condizioni che bisogna accettare per vendere i propri prodotti. Tangenti? Sono commissioni chieste in quei Paesi, le democrazie come la nostra queste cose non le fanno», dietro queste parole non solo emerge una concezione della democrazie e dell'etica imprenditoriale e politica ributtante, ma viene anche fuori una mentalità neocolonialista retrograda che si incarnava nello stuolo di imprenditori italiani che facevano la fila dietro a Berlusconi per stringere e mani insanguinate dei dittatori suoi amici, a cominciare dai capi di Confindustria e di qualcuno di quelli che ora fa la società civile antiberlusconiana di alto bordo nelle fila montiane.

Quelli che per Berlusconi sono «Moralismi assurdi», negli altri paesi sono leggi durissime e chi traffica in tangenti e perturba i mercati foraggiando dittatori, famigli e burocrati corrotti di "non perfette democrazie" finiscono in galera. Berlusconi che urla ancora contro le toghe rosse sa bene che per "commssioni" pakistane simili è finito nei guai anche l'ex presidente francese Nicolas Sarkozy e sa bene che uno dei motivi della brutale liquidazione di Gheddafi sono probabilmente gli innominabili segreti tangentizi dei quali era a conoscenza, della sporca guerra del petrolio e del gas combattuta prima con la corruzione internazionale e poi con le armi, esattamente come è successo in Iraq. Questo smemorato e provinciale Paese degli scandali a ripetizione  si è dimenticato il rapporto finale della Commissione indipendente dell'Onu che ha indagato sullo scandalo petrolio-cibo (Oil for food) in Iraq durante il regime di Saddam Hussein scriveva nel 2005: «Documenti ufficiali iracheni e del ministero del petrolio indicano che il governo iracheno ha accordato oltre 27 milioni di barili di petrolio in undici fasi nel nome di Roberto Formigoni, presidente della Lombardia».

Berlusconi è convinto che per fare affari con i corrotti bisogna continuare a corromperli? E che se questa corruzione rappresenta anche una profonda ferita alla democrazia, se favorisce il permanere al potere di feroci cleptocrazie familiari e claniche che opprimono e affamano i loro popoli, si tratta di un effetto collaterale, una cosa al quale l'imprenditoria italiana con il pelo sullo stomaco non deve far caso, perchè prima di tutto vengono gli affari e i pezzenti del terzo mondo non devono chiedere troppo, già gli costruiamo strade e scuole, come diceva un altro Cavaliere ispiratore del Cavaliere, Benito Mussolini. Sembra di sentir risuonare le indecenti note di faccetta nera, con  Berlusconi che ha ancora l'idea degli africani, degli arabi, degli asiatici e dei latinoamericani come  popoli minorenni (come d'altronde considera per sua stessa dichiarazione gli elettori italiani) che hanno bisogno del pugno duro e della frusta di dittatori ed uomini forti che però devono ballare docilmente alla musica suonata dall'imprenditoria truffaldina italica, al frusciare delle sostanziose bustarelle.

Questo rozzo interprete di una politica estera ottocentesca, che al posto delle cannoniere e delle baionette mette le barzellette sconce e le bustarelle, con le sue parole ha fatto subito arrabbiare quella che viene considerata la più grande (per popolazione) democrazia del mondo, l'India. Ve lo immaginate Berlusconi ministro dell'economia, con un rinnovato codazzo di imprenditori di assalto, che nei suoi viaggi ufficiali all'estero distribuisce mazzette di euro come un'imitazione della sua imitazione fatta da Crozza? Eppure è quello che ha proposto di fare, dopo la depenalizzazione del falso in bilancio in Italia, la legalizzazione delle tangenti italiane dall'Algeria all'India, dalla Russia alla Nigeria, dall'Iraq alla Cina.  

Questo è quel che ci è toccato in sorte in questa nottata dell'etica e della politica che non sembra voler passare e nella quale si nascondono i veri colpevoli, quelli che hanno mandato avanti il "simpatico" Berlusconi a baciare le mani dei dittatori mentre loro oliavano le ruote dei regimi e li mantenevano in sella fino a che non disturbavano il business. L'imprenditoria d'assalto, la multinazionale delle tangenti, l'anima vera del neocolonialismo e del saccheggio delle risorse, i munifici sostenitori di satrapi e torturatori, quelli che distolgono lo sguardo dalle celle dove languono i prigionieri ed i rifugiati politici ed i migranti, quelli ai quali Berlusconi promette l'impunità, anche dalle regole del capitalismo e della concorrenza.

L'imprenditoria della quale l'Italia ha bisogno è quella della   Cida - Manager e alte professionalità per l'Italia, che raccoglie almeno 800mila tra manager, dirigenti e quadri, sia privati che pubblici, il cui  presidente Silvestre Bertolini ha detto: «Ci sono tantissimi manager, top e non, che quotidianamente interpretano al meglio il loro ruolo, anche dicendo no a prassi e costumi insani e/o illegali. Questi manager vanno però aiutati creando un ambiente che permetta agli onesti di esserlo senza dover rinunciare a crescita professionale e senza dover fare i conti con un ostracismo diffuso. I manager devono dire no alle tangenti e a tutto quanto è contrario all'interesse che devono perseguire, in primis quello comune, o è addirittura illegali. Servono manager forti nelle loro professionalità, quindi scelti per merito e confermati per i risultati ottenuti, slegati da ogni debito di riconoscenza verso politici o altri che ne abbiano favorito la carriera. Per esempio serve uno Stato che non tolleri, per non dire favorisca, il falso in bilancio.  Nulla giustifica una condotta illegale, anche se le tangenti a operatori e istituzioni esteri, e non a partiti o personaggi e manager nazionali, sono spesso in alcuni settori prassi consolidate a livello mondiale. ma chi sbaglia deve essere perseguito, giudicato e pagare».

L'esatto contrario del Berlusconismo, senza però dimenticare che Berlusconi non è figlio di nessuno e che ha sempre rivendicato il suo ruolo di esecutore del mandato dell'imprenditoria italiana, come quando diceva, tra gli applausi scroscianti, ai congressi di Confindustria: «Il vostro programma è il nostro programma». Questa commistione tra imprenditoria e politica, questa mancanza di una visione del bene comune, questo mettere sopra a tutto il guadagno personale e la competizione feroce ad ogni costo, fino alla disumanizzazione dell'economia, ci ha portato al punto in cui siamo ed è importante che imprenditori e manager rispondano finalmente con dignità alle proposte indecenti di un politico sul viale del tramonto.

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