[07/02/2013] News

La Tunisia: l'omicidio di Chokri Belaïd contro gli ideali della rivoluzione dei gelsomini

Opposizione, sindacati e società civile accusano il partito islamico Hennada

La Tunisia è un Paese sotto choc e l'assassinio politico di Chokri Belaïd, segretario generale del Parti des patriotes démocrates unifié (Ppdu) sembra diventata l'occasione di una resa dei conti tra il governo islamico e i giovani laici, i partiti democratici e di sinistra, le donne e la società civile più avanzata. Proprio là dove è cominciata la rivoluzione dei gelsomini che ha dato il via alle rivoluzioni islamiche, presto finite nelle braccia di partiti come Hennada in Tunisia o i Fratelli Islamici in Egitto, tanto moderati in politica estera quanto conservatori e nemici dei diritti civili in casa propria.

Nadia Daoued, una giornalista che abita nello stesso palazzo di Belaïd, ha assistito dal suo balcone all'omicidio ed ha raccontato alla  radio Shems FM che il segretario generale del Ppdu, appena è uscito in strada, è stato ucciso da quattro colpi sparati da due individui su una moto. La giornalista dice di aver visto un individuo parlare con l'autista di Belaïd qualche istante prima che il leader dell'opposizione uscisse di casa e lo accusa di essere un complice perché è rimasto impassibile mentre Belaïd veniva trucidato sotto i suoi occhi. Naturalmente l'autista nega tutto. La vedova ed il fratello di Belaïd hanno accusato direttamente il partito islamico moderato Ennahdha, al potere, e  il suo presidente Rached Ghannouchi di essere i responsabili dell'assassinio. Ghannouch ha risposto che i militanti di Hennada non c'entrano nulla. Ma Tunisi è in fiamme.

Dopo gli scontri mortali in Egitto è la volta  di Tunisi, dove  è morto anche un poliziotto, ed impressionante vedere le stesse polizie che difendevano i dittatori Ben Ali e Hosni Mubarak massacrare i manifestanti democratici in nome e per conto dei partiti islamici che li hanno sostituiti al potere.

Ieri, all'annuncio dell'assassinio di Belaïd, i manifestanti hanno cominciato ad assediare il ministero degli interni cantando l'inno nazionale tunisino e gridando «Dégage» e «Echab yourid isqat innidham». Anche visivamente era la Tunisia laica, alternativa al potere dei bigotti musulmani, uomini, donne, giovani ed anziani che sotto la dittatura socialista/desturiana filo-occidentale, che hanno combattuto ed abbattuto, avevano però imparato il senso della laicità dello Stato e un'emancipazione femminile che, almeno nelle città, aveva pochi eguali negli altri Paesi arabi.

Nel primo pomeriggio di ieri, quando un corteo ha iniziato ad accompagnare l'ambulanza che trasportava il corpo di Chokri Belaïd, la polizia ha attaccato i manifestanti tra l'avenue Mohamed V e l'avenue Bourguiba, utilizzando manganelli e lacrimogeni per disperdere la folla. Nel tardo pomeriggio gli scontri sono degenerati lungo tutta l'avenue Bourguiba fino alla Porte de France, il centro di Tunisi era soffocato dai lacrimogeni e i poliziotti hanno dato vita ad una vera e propria caccia all'uomo.  Ma le manifestazioni si segnalano in tutta la Tunisia: a Sidi Bouzid i manifestanti si sono scontrati con gli agenti e poi hanno incendiato il distretto di polizia; a Sousse la polizia ha usato lacrimogeni ed ha sparato proiettili di gomma ad altezza d'uomo per disperdere la folla; a Gafsa migliaia di manifestanti hanno devastato e saccheggiato la sede di Ennahdha,  lo stesso è accaduto a Redeyef, Mahdhia , Bizerte, Monastir e Sfax. A Jendouba e Siliana i manifestanti hanno chiesto a gran voce la caduta del regime. A Beja la tensione è altissima per la forte presenza dell'esercito che ha detto che difenderà ad ogni costo le sedi amministrative ed i negozi. In tutta la Tunisia sono stati chiusi gli uffici amministrativi.

I partiti di opposizione, il Front populaire, il Parti républicain, Al Massar e  Nidaa Tounes hanno chiesto lo sciopero generale e l'Union générale tunisienne du travail (Ugtt), il sindacato tunisino egemone, ha prima denunciato l'assassinio di Belaïd  ed ogni forma di violenza politica, imputando al governo di Hennada la responsabilità di quello che sta accadendo, e poi ha indetto uno sciopero generale di due giorni, chiedendo al governo di decretare 3 giorni di lutto nazionale e di aprire un'inchiesta. 

Il presidente tunisino Moncef Marzouki in un messaggio al Parlamento europeo ha detto che si tratta di un crimine odioso e che «E' una minaccia ed un messaggio inviati a noi che noi respingiamo», ma Hamma Hammami, un leader del Front populaire, ha detto che l'assassinio di Belaïd è stato «Pianificato ed eseguito da professionisti. E' stato commesso da dei partiti politici che vogliono sprofondare il Paese nella morte e nell'anarchia. Tutto il governo e tutto il potere si assume la responsabilità di questo crimine odioso, perché le minacce contro  Chokri ed altri non datano da oggi». I primo ministro Hamadi Jebaliprima ha dichiarato «E' un giorno triste e storico per l'assassinio di Chokri Belaïd, "un enfant du pays", uno dei nostri ragazzi» e poi ha annunciato la costituzione di un governo tecnico senza esponenti di partiti ed elezioni entro pochi mesi.

La parola che circola di più nella Tunisia delusa e del dopo rivoluzione del gelsomini è "Violence", violenza, ed è anche il titolo del profetico editoriale di Lofti Ouenniche nel quale ieri mattina su Le Temps scriveva: «Bisogna arrendersi all'evidenza e convenire che la violenza politica è davvero una realtà inquietante del nostro vissuto quotidiano. Prende anche l'aspetto di un flagello che minaccia non solo la transizione democratica ma le fondamenta dello Stato. Due anni dopo la rivoluzione, il bilancio è amaro e la delusione ha eguali solo nella voracità della classe politica, nella sua incoscienza di fronte ai pericoli, obnubilata come è da un opportunismo smisurato e da una corsa sfrenata al potere. Eppure l'allarme era stato tirato  alla comparsa dei primi segni di quella che stava diventando la linea di condotta ed il solo linguaggio di certe individui e di certe associazioni, asserviti ad alcuni Partiti politici. Ma niente è stato fatto. Il potere si è distinto per un'inerzia angosciante ed un permissivismo sconcertante concepito come un assegno in bianco dato ai suoi adepti nella maniera più forte per agire nell'impunità più totale. Inoltre, si assiste quasi quotidianamente ad aggressioni contro oppositori, giornalisti, intellettuali, militanti della società civile e contro sedi di partiti ed associazioni senza che I colpevoli vengano arrestati o indagati. Questo coinvolge non solo l'opposizione, ma anche tutti i democratici del Paese e suscita degli interrogativi rispetto al lassismo  delle autorità e sulla loro riluttanza ad applicare la legge. Anno il pesce in barile? C'è connivenza tra il partito dominante al potere e questi energumeni? Un'ipotesi che diversi oppositori non hanno esitato ad oltrepassare accusando Ennahdha di colpo di Stato, di essere l'istigatore della violenza con l'obiettivo di intimidire I suoi avversari.  Delle accusa che danno i brividi, gettano un ombra sullo svolgimento delle prossime elezioni ed ipotecano il processo democratico».

Belaïd solo poche ore prima di essere assassinato aveva denunciato per l'ennesima volta che «La violenza è il risultato della crisi all'interno del governo di Ennahdha e dei conflitti interni che conosce il  Mouvement Ennahdha». Il 2 febbraio squadracce islamiche avevano aggredito i militanti del Ppdu direttamente al congresso regionale del Partito a Kef e Belaïd aveva definito l'attacco «Un crimine contro il processo democratico nel Paese», poi aveva avvertito Ennahdha ed il ministro degli interni che in Tunisia sono in corso «Dei tentativi di smantellamento dello Stato e di creazione di milizie per terrorizzare i cittadini e sprofondare il Paese in una spirale della violenza attraverso le "ligues de protection de la révolution". Per uscire dalla crisi strutturale che prevale nel Paese, bisogna attivare il dialogo nazionale avviato dall'Union générale tunisienne du travail, senza escludere alcun partito». Commentando un intervento televisivo del presidente Marzouki del 4 febbraio, Belaid l'aveva definito  «Deludente e non rassicurante. I tunisini si aspetta uno "choc positivo" nel senso di un miglioramento delle loro condizioni economiche e sociali. Siamo di fronte ad un'ala di Ennahdha che rifiuta le elezioni». Poi i killer hanno messo fine alla sua vita e gettato ancora di più la Tunisia nella disperazione e nel caos.

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