[06/02/2013] News

Perché le centrali elettriche chiudono e la domanda di gas cala (ma la bolletta no)

Materia ed energia, la nuova Unione europea si può costruire attorno alla sostenibilità

Prima dell'Unione europea, prima ancora della Comunità economica che l'ha preceduta, c'era la Ceca: la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, creata nel 1951 a seguito del trattato di Parigi. Un continente che usciva in macerie dalla Seconda guerra mondiale gettava le basi per il proprio futuro su basi comuni, passando da quanto di più concreto abbisognava ai propri cittadini: le risorse materiali per cominciare a ricostruire. Adesso, ci troviamo di fronte ad un problema in qualche modo simile.

«Nell'Europa in recessione - scrive oggi il Sole24Ore - si è fatto il Fiscal compact per stringere la cinghia del rigore nei conti pubblici. Si disserta di "growth compact" ma chissà se mai vedrà la luce in un'Unione il cui Paese leader, la Germania, ha un cancelliere convinto che "la crescita sia il premio della virtù"». Ecco quindi che si parla poco di «industrial compact», ossia di una politica industriale europea che potrebbe invece «diventare il nuovo motore dello sviluppo: il principio della fine della de-industrializzazione di un continente che si era illuso di poter imboccare senza danni la scorciatoia delle delocalizzazioni rinunciando a cuor leggero al manifatturiero per scoprire, complice la grande crisi economico-finanziaria, di aver sbagliato scommessa».

Ancora la crisi non è finita, come lo era la guerra ai tempi della Ceca, ma dobbiamo comunque pensare a ricostruire le fondamenta della nostra economia per rialzare la testa. Per quanto riguarda l'acciaio, e il caso di Taranto è emblematico, la crisi del settore esemplifica le difficoltà di una manifattura di stampo tradizionale all'interno di un mondo sempre più globalizzato e tecnologicamente avanzato. Una base dalla quale ripartire per ripensare l'utilizzo di materia (e non solo) nella nostra economia, però, c'è già: è il più che valido Manifesto per l'utilizzo efficiente delle risorse lanciato in ambito europeo, che aspettiamo venga tradotto in iniziative politiche concrete.

Per quanto riguarda l'energia, invece, oggi guardare ancora al carbone è alquanto anacronistico. Ma il problema rimane: «Mediamente - riporta ancora il Sole - un'impresa europea la paga (l'energia, ndr) in più del concorrente americano e il doppio di quello cinese». La possibilità di investire nello shale gas e in nuove infrastrutture di rete, però - che sembrano suggerire il Sole - non convincono: la prima per niente, la seconda solo in parte.

L'Europa non presenta una «diversa geologia, legislazione ed anche densità di popolazione (più alta)» rispetto agli Usa per garantire una profittevole estrazione di gas non convenzionale, comunque presente sul territorio europeo in quantità - sembra - nettamente inferiori. Per il resto, nonostante contrastanti previsioni al futuro remoto, il consumo di energia elettrica a seguito della crisi è in calo «a causa della diminuzione della domanda da parte del settore industriale e - come riporta l'ultimo numero di Repubblica Affari & Finanza - sta penalizzando sempre più la redditività», anche perché «la concorrenza delle rinnovabili sta sempre di più erodendo i margini». Margini che ovviamente si vuole tenere il più possibili alti, lo stesso, principale motivo per cui la bolletta del gas ancora non è scesa in Italia, nonostante la valutazione della materia prima nel mercato dei fornitori stia scendendo ormai da tempo.

Ripensando la necessità di infrastrutture energetiche, dunque, si dovrà fare i conti con questa tendenza, a causa della quale addirittura «in Europa adesso si chiudono le centrali». Recente la notizia che E.ON, la società tedesca dell'elettricità, ha presentato al mercato una serie di centrali elettriche europee che sono destinate a chiudere a causa di linee di produzione non redditizie. L'elenco è stato pubblicato sul mercato dei capitali della società nelle diapositive per gli analisti. L'amministratore delegato di E.On Johannes Teyssen, riporta energymarketprice riprendendo una news di Weekly Market Review EMP , ha detto che «l'elenco potrebbe non essere al completo». In totale, circa 11.000 MW sono stati affetti in quanto E.ON affronta i margini di produzione di energia convenzionale dal carbone, gas, petrolio e nucleare. La decisione della Germania di uscire dal nucleare ha accelerato i tempi della chiusura. E.ON, come i suoi rivali europei, è stata colpita da una combinazione di prezzi elevati di alcuni combustibili cosi come il gas, e dal crollo dei prezzi di mercato dell'elettricità all'ingrosso dato che la zona euro è scivolata nella recessione. La Germania ha inoltre visto una rapida espansione delle unità di energia rinnovabili, che hanno la priorità rispetto all'energia termica sulle reti di trasmissione. Questo reindirizza gli impianti in precedenza redditizi ad una funzione di back-up con poche ore di funzionamento, riducendo le entrate. Oltre alle pressioni economiche, alcune chiusure saranno sotto la direttiva europea dei grandi impianti di combustione , che mira a ridurre gli inquinamenti dai combustibili e favorisce l'eliminazione graduale delle attrezzature invecchiate.

Da un punto di vista ambientale, «il problema - commenta per greenreport.it Edoardo Zanchini, responsabile Energia per Legambiente - è che si chiudono proprio le centrali a gas che sono quelle più efficienti. Mentre se ci fosse una carbon tax vera chiuderebbero, per sempre, quelle a olio combustibile e a carbone. L'altro problema è che con la crisi si riduce l'attenzione alla transizione verso le rinnovabili proprio per salvare quelle grandi aziende». E allora, nuove infrastrutture per chi? Puntare sul gas durante la transizione energetica alle rinnovabili potrebbe essere ancora una risposta intelligente, ma le domande occorre affrontarle tutte. E, pensando al lungo termine, affrontare allora anche il tema delle infrastrutture necessarie alle energie rinnovabili: quelle smart e hyper grid delle quali ultimamente non si sente parlare - purtroppo - molto.

L'utilizzo efficiente delle risorse (energia compresa) potrebbe rappresentare la nuova chiave di volta per proseguire al contempo la strada dell'integrazione europea e quella di un rilancio economico, stavolta sostenibile. Qualcosa del genere, in un altro tempo e un altro contesto, ha funzionato con la Ceca: sappiamo che possiamo riuscirci di nuovo.

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