[04/02/2013] News

Bill Gates e l'importanza delle "misurazioni" contro i mali dell'umanità: vi ricorda nulla?

Il mestiere dello statistico è ancora ben lontano da essere «il più sexy del mondo», come preconizzò nel 2008 il capo economista di Google, Hal Varian, ma è certo che oggigiorno continua ad assumere sempre maggiore rilevanza, sommersi dai numeri come siamo (anche se, spesso, non da quelli giusti). In un'intervista concessa a la Lettura, Varian spiega ciò che a Google chiamano nowcasting, la «previsione del presente».

«Studi accademici e rapporti delle banche centrali hanno legittimato l'utilizzo di dati proveniente dal nostro motore di ricerca per intercettare gli andamenti economici», spiega l'economista, spingendosi ad affermare come nel 2008 la crisi fosse prevedibile osservando tali dati. «In quel periodo abbiamo riscontrato su Google trends prima un calo della fiducia dei consumatori, poi del commercio al dettaglio e infine una riduzione dei consumi. Attraverso l'analisi e la correlazione delle informazioni avremmo dunque potuto capire cosa stava succedendo».

Varian conclude definendo quello dei dati «un mercato aperto e in continua crescita». Il moderno machete col quale si cerca di farsi spazio tra questa jungla numerica sta sempre più in sofisticati algoritmi. Gli stessi che possono riuscire a fare chiarezza nell'intricatissima massa di Big Data quanto creare incredibili scossoni all'intero dei mercati finanziari, ormai un loro territorio (per restare nella sola Europa, nella Borsa di Francoforte addirittura il 35-40% degli scambi giornalieri avviene in High frequency trading).

Avere maggiori e più accurate possibilità di misurazione non è certo un male, ma la discriminante si nasconde sulle priorità della misurazione. Ormai di dominio pubblico (o quasi) è il dibattito sulla scarsa adeguatezza del Pil nell'indicare in vero progresso di una nazione. Sono già stati fatti molti passi avanti in questa riflessione, ed anche in Italia sarà presentato a breve il primo Rapporto sul benessere equo e sostenibile in Italia, un lavoro a firma congiunta Istat-Cnel.

Quello che ancora non è affatto matura, invece, è la spinta a misurare adeguatamente lo stato di salute della nostra economia in rapporto all'ecosistema dal quale dipende strettamente. Parlare di contabilità ambientale ufficiale, al momento, è infatti un'astratta chimera in Italia. Nonostante i vari tentativi che negli anni sono stati portati avanti. Confrontarsi attorno al delicato tema dei flussi di materia ed energia diventa ancora più difficile (e aleatorio) senza una solida base di dati cui poter far riferimento e anche quando ci sono, quelli dell'Istat, se non vengono utilizzati è quasi come non averli (con l'aggravante del dolo, ovvero averli ma non utilizzarli per scelta politica).

Anche questa profonda mancanza contribuisce in modo decisivo a fare spesso dell'ambientalismo una sola questione di sentimenti (fondamentali, per carità) e di no a prescindere. Una mancanza, appunto, le cui conseguenze sono profonde. Come sottolinea oggi il magnate e filantropo Bill Gates (Nella foto), in un intervento rilanciato da la Repubblica, «Negli ultimi dodici mesi ho ragionato sull'importanza delle misurazioni degli sforzi per migliorare la condizione umana. Si possono realizzare progressi straordinari se si fissa un obiettivo chiaro e si trova un metro di misura in grado di favorire l'avanzamento verso quell'obiettivo. Potrà sembrare una cosa elementare, ma è sorprendente constatare quanto spesso venga trascurata, e quanto sia difficile farla nel modo giusto».

Nel dibattito sul futuro dell'ambientalismo italiano, che è inaspettatamente riuscito a campeggiare nelle cronache nazionali in questo periodo elettorale, sarebbe opportuno sporcarsi le mani con questi numeri mancanti. Sporcarsele, perché questi sono numeri che toccano da vicino le basi della nostra struttura economica e sociale: parlano di quanta terra, quanta materia consumiamo, con quanti scarti pesiamo sull'ecosistema che ci circonda, quanta energia traiamo dalla superficie o dalle viscere del pianeta. Senza una loro corretta valutazione, qualsiasi politica ecologista soffre un terribile deficit di credibilità, che in attesa dell'auspicato "Green New Deal" non possiamo più permetterci.

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