[01/02/2013] News

Manifesto per la felicità. Come passare dalla società del ben-avere a quella del ben-essere

Stefano Bartolini, Donzelli editore, 2010

Sono in molti a sostenere, specialmente dopo le crisi prima dello statalismo e poi più recentemente del mercato e del capitalismo reale, la necessità di nuovi modelli di sviluppo che contemplino attenzione, certo agli aspetti economici, ma in pari dignità anche a quelli sociali e ambientali. Da un quarto di secolo si parla di sostenibilità dello sviluppo ma con scarse evidenze applicative; oggi con le crisi economiche e climatiche in corso quelle tesi potrebbero riprendere vigore in forma attualizzata, dove la riconversione ecologica dell'economia non viene trascurata. In questo contesto la ricerca e le proposte di nuovi indicatori che certificano la qualità della vita delle persone come non riesce a fare il Pil, indicatore di natura economica che fornisce solo una parte delle risposte sullo stato di salute di una società, animano il dibattito.

Il saggio di Stefano Bartolini si inserisce in questo ampio alveo. Nel volume viene individuata la felicità come indicatore di benessere, analizzate le cause dell'infelicità del mondo contemporaneo e proposte le soluzioni. La tesi principale dell'autore, che insegna Economia politica ed Economia sociale presso la Facoltà di Economia "Richard M. Goodwin" dell'Università di Siena, è che il cuore del problema sia di tipo relazionale «Le società occidentali mostrano una tendenza di lungo periodo al peggioramento della qualità dell'esperienza relazionale degli individui».

Bartolini che riporta nel volume oltre dieci anni di ricerche sul tema, fin dall'introduzione specifica che l'economia conta molto per la felicità ma non è una questione di reddito medio, conta in quanto determina la dimensione relazionale degli individui, come conta molto il percorso culturale di ognuno di noi la cui formazione è influenzata dalla natura del sistema economico.

Come modello (da non imitare) Bartolini prende l'America dove il declino delle relazioni è esteso ai massimi livelli. Gli Stati Uniti sono il paese in cui a partire dagli anni ‘70 dello scorso secolo e fino ai primi anni di quello attuale, è stato registrato aumento del Pil, dinamismo, crescita, a scapito però delle relazioni sociali e della qualità dell'ambiente. Questo disaccoppiamento definito capitalismo Neg (Negativew endogenous growth), ha portato alla ricerca continua della crescita lavorativa per avere maggiori possibilità di acquistare merci, ed è dimostrato come ciò abbia provocato degrado delle relazioni e dell'ambiente.

«L'esito di questo meccanismo che si autoalimenta è una crescente ricchezza di ciò che è privato e una crescente povertà di ciò che è comune: le relazioni e l'ambiente. [...] Non è tanto lo sviluppo che conta per il benessere quanto la sua qualità sociale» e ambientale.

Sempre con scenario di fondo quello degli Stati Uniti, dove la felicità in base a vari studi è ferma ai livelli del 1975 e dove invece il reddito medio è cresciuto, l'autore, individuata la patologia, spiega le cause che creano infelicità (misurata attraverso un set di indicatori soggettivi ed oggettivi) e che influenzano negativamente le relazioni: la cultura del consumo e il mercato, i media e i loro effetti devastanti in particolare sui bambini, la crescita disordinata delle città.

Le criticità analizzate nel dettaglio sono poi affiancate da proposte che rappresentano un vero programma per un cambio di paradigma e che interessano modifiche per i settori dell'urbanistica, della mobilità, della scuola, del mondo del lavoro, della sanità fino agli assetti istituzionali e della democrazia. Su questo aspetto Bartolini analizzando la situazione attuale fa riferimento a Crouch e alla definizione di "postdemocrazia"  «[...] è caratterizzata dall'influenza crescente delle élites economiche sulle decisioni politiche e dalla diminuzione della possibilità per la massa dei cittadini di partecipare, non solo con il voto ma anche attraverso la discussione e organizzazioni autonome, alla definizione delle priorità della vita pubblica».

Nelle proposte indirizzate al miglioramento della sfera relazionale, alla crescita della felicità e della qualità ambientale, quale ruolo gioca un indicatore "monobiettivo" come il Pil? «[...] è del tutto irrilevante come misura di benessere perché pur catturando effettivamente una dimensione del benessere, il potere d'acquisto, trascura altre dimensioni, le relazioni, i paragoni sociali, la fiducia nelle istituzioni che hanno un grande impatto sul benessere».

Bartolini esamina anche somiglianze e differenze con altri progetti che si sono posti all'attenzione di studiosi e dei media come quello della "decrescita" di Serge Latouche. «Ci sono visibili differenze nelle motivazioni su cui poggiano i due progetti. La società relazionale è infatti principalmente motivata dall'insostenibilità dell'organizzazione economica e sociale dal punto di vista dei suoi effetti sulle relazioni umane e per questa via sul benessere».

Latouche mette al centro l'insostenibilità ambientale ma la radice comune è comunque il blocco di questo modello di sviluppo basato sulla crescita economica individuata come totem. L'autore tiene a precisare che le strade verso nuovi modelli  «non implicano avere di meno ma avere di più di ciò che a questo punto della nostra storia ci serve veramente: più tempo, migliori relazioni, miglior qualità ambientale». Ciò implica un cambiamento dei modelli di consumo (incentrati sui consumi privati e sull'accumulo di debito) e non una riduzione degli standard di vita. Le considerazioni e i dati evidenziati dall'autore inerenti gli Stati Uniti, sono estendibili certo ai paesi sviluppati, ma come viene spiegato attraverso il confronto con lo scenario europeo, la situazione degli indicatori del Vecchio Continente (eccettuato la Gran Bretagna) mette in luce un quadro sostanzialmente diverso che lo espongono meno agli effetti del capitalismo Neg.

L'analisi, sviluppata ampiamente nel volume (che sfiora le 300 pagine) con esempi, dati scientifici, arricchiti da rimandi bibliografici, si conclude con la crisi del 2007 con origine negli Stati Uniti e con la  contaminazione del resto dei Paesi sviluppati fino al 2009-2010. Ma a nostro avviso, fatto le dovute differenze, le criticità evidenziate dall'autore trovano riscontro anche nella crisi dell'Eurozona che si è affermata nel 2011 e che è ancora in corso. Il contributo di Bartolini come quello di altri che partendo da analisi diverse arrivano allo stesso approdo, è molto importante perché le battaglie culturali (questo è il punto centrale) sono le più difficili e più lunghe ad affermarsi, considerato tra l'altro che le radici del capitalismo Neg sono profonde e pronte a ridare vigore alla "pianta" anche quando la sua vitalità pare compromessa dalle evidenze dei fatti.

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