[21/01/2013] News

Chi ha paura del cigno nero? A Davos un mondo più a rischio per economia e ambiente

Global Risks 2013, Cole: «La lotta contro le crisi economiche e le crisi legate al cambiamento climatico non è una scelta tra due opposti»

Domani inizierà ufficialmente a Davos, in Svizzera, il meeting 2013 del World economic forum (Wef) che, come ogni anno, riunisce leader politici internazionali, scienziati e grandi imprenditori che tentano di contribuire a definire un'agenda globale. Il Wef 2013, che ha per tema il Resilient Dynamism è stato preceduto dalla presentazione del rapporto Global Risks 2013 Eighth Edition, dal quale emerge che «Il mondo viene percepito come maggiormente vulnerabile ai rischi, con la crisi finanziaria che perdura e che distogli l'attenzione dal cambiamento climatico, mentre  gli eventi meteorologici estremi sono in progressione». Il rapporto è stato redatto dal Risk Response Network del Wef, con la collaborazione di: Oxford Martin School dell'università di Oxford, Wharton Center for Risk Management dell'università della Pennsylvania, National University di Singapore, Swiss Reinsurance Company,  Marsh & McLennan Companies, Zurich Insurance Group.

Il rapporto si basa su un sondaggio al quale hanno partecipato più di  mille esperti e leader dei vari settori interessati e dimostra che «I continui stress nel  sistema economico sono nella posizione di assorbire l'attenzione dei leader nel prossimo futuro. Nel frattempo, il sistema ambientale della Terra subisce contemporaneamente uno stress crescente. Futuri shock simultanei in entrambi i sistemi potrebbero innescare la "tempesta globale perfetta" con conseguenze potenzialmente insormontabili», ed aggiunge: «Le profonde disparità dei redditi e gli squilibri di bilancio restano cronici. Così come le possibilità dei due rischi mondiali più in grado  di concretizzarsi; questo riflette le preoccupazioni persistenti quanto al debito sovrano, così come una visione d'insieme leggermente più pessimista per i prossimi 10 anni a venire».

A mostrare concretamente l'importanza dedicata al tema del rischio, dal World economic forum arriva dunque un rapporto speciale sulla resilienza nazionale, che mette le basi per un nuovo Country resilience rating, un indice apposito che dovrebbe permettere ai leader dei diversi Paesi di valutare i loro progressi in materia. Il Risk Response Network del Wef spiega che tale rating «E' fondato sulla nozione secondo la quale una nazione da sola non ha la capacità di prevenire i rischi mondiali esogeni, e mette la resilienza nazionale nella prima cruciale linea difensiva».

Il rapporto descrive in tutto 50 rischi mondiali e li classifica in rischi economici, ambientali, geopolitici, sociali e tecnologici. Tra i più immediati ed urgenti individua: la crescente disuguaglianza; la crisi finanziaria e di bilancio mondiale, la crisi globale dell'approvvigionamento di acqua, la scarsità di cibo,  l'invecchiamento della popolazione e l'aumento delle armi di distruzione di massa. I partecipanti al sondaggio del World economic forum dovevano valutare la probabilità di realizzarsi di questi rischi (e i loro possibili impatti): i dati raccolti dimostrano che più i partecipanti sono giovani più sono preoccupati dei rischi, e che le donne sono più pessimiste degli uomini. Sono inoltre gli esperti nordamericani a vedere i rischi come più probabili.

Il Global Risks 2013 del Wef prende in esame quelle che considera le tre maggiori situazioni di rischio a livello mondiale: Salute e hubris; Economia ed ambiente sotto stress; "Digital wildfires". Il rapporto presenta anche gli "X Factors", cioè le preoccupazioni che richiedono ulteriori ricerche e che, oltre alle note tematiche ambientali, comprendono l'impiego di tecnologie nocive, della  geoingegneria e la modifica del funzionamento del cervello umano. I tre fattori di rischio e gli "X Factors" verranno discussi da sessioni speciali del Wef 2013. 

Presentando il rapporto, Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del Wef, ha detto: «Per loro natura, i rischi globali non rispettano i confini nazionali, come evidenziato in questo rapporto. E ora sappiamo che gli eventi meteorologici estremi aggravati dai cambiamenti climatici non limiteranno i loro effetti ai Paesi che sono i principali responsabili delle emissioni di gas serra; false informazioni pubblicate sui social network possono diffondersi in pochi millesimi di secondo a macchia d'olio dall'altra parte del globo; geni che rendono i batteri resistenti ai nostri antibiotici più forti possono chiedere un passaggio ai pazienti di un volo intercontinentale».

Il 2012 ha lasciato cicatrici profonde, con eventi meteorologici estremi come l'uragano Sandy che ha colpito la ricca costa nord-orientale Usa, oppure come le alluvioni in Cina, in Pakistan e nel sud-est asiatico. Il rapporto classifica l'aumento delle emissioni  di gas serra al terzo posto tra i rischi planetari più probabili e sottolinea che a causa dell'incapacità di adattarsi al cambiamento climatico, «Gli effetti dei rischi ambientali saranno più marcati nel prossimo decennio».

Lee Howell, direttore generale del World economic forum e responsabile del rapporto, ha messo tutti in guardia: «Questi rischi mondiali sono essenzialmente un avvertimento sullo stato di salute dei nostri sistemi più critici. La resilienza nazionale di fronte ai rischi mondiali deve essere una priorità per fare in modo che i sistemi essenziali continuino a funzionare malgrado una maggiore perturbazione».

Secondo Axel P. Lehmann, responsabile controllo rischi dello Zurich Insurance Group, «Con l'aumento dei costi legati ad eventi come l'uragano Sandy, con gli immensi pericoli che minacciano le nazioni insulari e le comunità costiere e l'assenza di soluzioni di fronte alle emissioni di gas serra, il gioco è fatto. E' tempo di agire»

La cosa che sembra preoccupare di più il Wef è che «I rischi socio-economici urgenti deviino gli sforzi miranti a superare le sfide del cambiamento climatico. Malgrado gli eventi climatici estremi avvenuti recentemente, le distorsioni intrinseche nello spirito umano rendono la comunità internazionale poco incline all'idea di impegnarsi contro una minaccia a così lungo termine. Vedendo i cambiamenti strutturali che si producono nell'economia e nell'ambiente, questo rischio ci invita a nuovi approcci per realizzare gli investimenti strategici necessari e così evitare gli scenari peggiori che minacciano i due sistemi».

Anche secondo John Drzik, direttore generale dell'Oliver Wyman Group di Marsh & McLennan Companies, «Due tempeste, una ambientale e l'altra economica, finiranno per entrare in collisione. Se non assegniamo le risorse necessarie per ridurre il crescente rischio che presentano gli eventi climatici estremi, è la prosperità delle generazioni future che potrebbe essere minacciata. I leader del mondo politico, degli affari e della scienza devono marciare uniti per prevenire e tenere sotto controllo questi rischi complessi».

Per David Cole, responsabile del gruppo controllo rischi di Swiss Re, «La lotta contro le crisi economiche e le crisi legate al cambiamento climatico non è sfortunatamente più percepita come un continuum, ma come una scelta opposta. Sono numerosi coloro che pensano che non esistono soluzioni ai due problemi. Ma ci dobbiamo disfare di questo modo di pensare a compartimenti. La gestione intelligente del rischio presuppone di adottare un atteggiamento olistico di fronte alle situazioni e noi dobbiamo anche far fronte in ugual modo alle sfide economiche e climatiche che ci minacciano».

Per quanto riguarda la salute il Risk Response Network evidenzia in particolare un aspetto: «Fieri dei nostri rimarchevoli progressi nella salute, siamo caduti in un pericoloso autocompiacimento. La crescente resistenza agli antibiotici rischia di dare il colpo di grazia ai nostri esangui sistemi di assicurazione sanitaria, mentre il nostro mondo iper-connesso favorisce la diffusione delle pandemie. Questo rischio è fondato sulle relazioni tra la resistenza agli antibiotici, le malattie croniche e la défaillance del regime internazionale della proprietà intellettuale; sono quindi necessari una più grande collaborazione internazionale modelli di finanziamento diversi».

Per quel che riguarda i "Digital wildfires" che potremmo tradurre in "Cyber-incendi selvaggi" il Global Risks 2013 evidenzia che «Dall'invenzione della stampa fino all'arrivo di Internet, è stato sempre difficile prevedere l'influenza delle nuove tecnologie sulla società. Se la democratizzazione dell'informazione è sotto numerosi aspetti una forza positiva, può anche avere delle conseguenze aleatorie ed imprevedibili, come hanno dimostrato le sommosse provocate da un film critico verso l'Islam su YouTube. In un mondo nel quale il ruolo tradizionale di guardiano che svolgono i media perde la sua importanza, questo rischio invita a riflettere sul modo in cui la connettività favorisce la propagazione di "cyber-incendi" selvaggi e su quel che si può fare per estinguerli».  

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