[17/01/2013] News

Auto, siamo al capolinea: signori, si scende

Se tre indizi fanno una prova, abbiamo ormai la certezza che per il mercato dell'auto in Europa siamo alla fine di un'epoca. Quella, per intenderci, in cui per molti comprare una nuova macchina avveniva tanto velocemente quanto a quelli paragonabili, oggi, al cambio di uno smartphone. E non parliamo di decenni fa - questo è un altro elemento fondamentale dell'analisi - ma dell'inizio del nuovo millennio. Una rivoluzione a velocità supersonica resa evidente in Italia, ancor prima del crollo di vendite che ci ha riportato agli anni '70 se non a quelli del dopoguerra, dalla prima crisi del Motor Show. La vetrina dei motori più famosa in Italia, un evento imperdibile per tutte le case automobilistiche del pianeta, prima a rischio e poi salvata ma depotenziata come una Ferrari a cui si mette su il motore della Panda 750: è stato questo il primo indizio che qualcosa stesse cambiando.  

Certo i costi di manutenzione dell'auto sono sempre più proibitivi e con l'avanzare della crisi lo saranno ancor di più, per non dire dell'investimento dell'acquisto stesso, da sempre il più oneroso per le famiglie dopo quello per la casa. Ma allora alla macchina non rinunciava nessuno. Non solo, era lo status symbol: addirittura fiori di psicologi erano arrivati ad affermare che per l'uomo, per dirla con Freud, l'automobile fosse un'estensione del proprio pene. Più l'auto è grossa, più sono potente. Ma la crisi ha affondato anche questo mito, o almeno lo ha di molto ridimensionato, se è vero come è vero che per i giovani soprattutto l'auto non è proprio più uno status symbol.

Nel nostro piccolo lo scrivemmo già mesi fa commentando le parole del  numero uno del gruppo Volkswagen Massimo Nordio, ma a confermare questa nostra intuizione arriva l'analisi di Giuseppe Berta, professore della Bocconi; sull'Unità, a precisa domanda sulle cause del declino dell'auto risponde: «In questo momento io le sto parlando da un treno ad Alta velocità che copre la tratta Milano-Torino. Si parla spesso della concorrenza dei binari agli aerei, ma in realtà a subirla è anche l'automobile. Inoltre, non va sottovalutata la diversa percezione dell'auto da parte dei giovani: prima in tanti la vedevano come uno status symbol, adesso questo fascino è in buona parte scomparso».  

Riassumendo, i tre indizi sono: Motor Show in crisi; vendite a picco (di oggi la notizia che  la flessione su base annua nel 2012 è stata dell'8,2% con punte negative che in dicembre hanno toccato il 16,3% rispetto allo stesso mese del 2011); fine del mito dell'auto certificato da venditori e da analisti. A concorrere alla crisi, tuttavia, non solo i costi, ma stili di vita che cambiano e mobilità che cambia. E qui gli ambientalisti possono - sottovoce, ed è ovvio perché - un po' esultare. La battaglia del treno vs l'auto per decongestionare il traffico nelle città (prima causa dello smog) ha come minimo una quarantina d'anni, e ora forse siamo vicini alla prova provata. Certo, l'alta velocità si si è portata con se un forte depauperamento delle reti minori (non solo pendolari), ma ora almeno appare chiaro che quando si investe intelligentemente sul "ferro", si ottengono buoni frutti.   Per non parlare del boom dell'utilizzo delle bici e dei carsharing.  

Il guaio è che con la caduta in Europa delle vendite e ancor più in Italia, dal punto di vista occupazionale e sociale di conseguenza, siamo al disastro. Non c'è settore che smuova tanti soldi come quello dell'auto che va dalla vendita in sé, alla ricerca, fino alla pubblicità sui media. Certo, si obietterà, non è così per tutti e specialmente per i paesi in via di sviluppo. Ed è vero, ma essendo noi (nel bene e nel male) la proiezione giocoforza di quello che saranno (molto presto) Cina ed India tanto per intenderci, c'è bisogno di una "nuova narrazione" anche per l'automobile, onde evitare che si venga travolti ancora di più dallo tsunami.

Auto in Europa se ne venderanno grosso modo come oggi o forse ancora meno. L'Europa, quindi, deve - a parer nostro - da una parte (e la Commissione Ue ci sta lavorando) creare le condizioni grazie alle quali la produzione di auto sia sempre più ecologica: dai consumi e dalle emissioni ridotti, fino all'uso di materiale riciclato; dall'altra farsi carico di trovare alternative occupazionali per chi resterà fuori. Il gioco, purtroppo, non è a somma zero, ma prima si gettano le basi per un modello di sviluppo dove l'auto non sia più al centro come lo era fino a qualche tempo fa, prima saremo in grado di trovare soluzioni adeguate.

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