[10/01/2013] News

Junker, Monti e il salario minimo: il fantasma di Marx è apparso alla Troika (e se la ride)

Il presidente dell'Eurogruppo, Jean Claude Juncker, è apparso molto preoccupato  nel suo intervento al Parlamento europeo. A quanto pare le troike che si aggirano per l'Europa ad imporre un'austerità masochista a Paesi come la Grecia e il Portogallo si sono trovati di fronte un altro spirito evocato in tempi non sospetti da Karl Marx.

Junker, un democristiano lussemburghese che è stato premier e ministro delle Finanze del suo ricchissimo Paese, è molto preoccupato per la disoccupazione montante nell'Ue: «E' drammatica, avevamo detto che l'euro avrebbe riequilibrato la società e invece la disoccupazione aumenta». Poi Junker ha cercato di addolcire la pillola ripetendo il mantra di tutti i conservatori europei (compreso Mario Monti, ma meno da Angela Merkel): «Iniziamo il 2013 in una situazione nettamente migliore rispetto all'anno scorso. Il 2012 è stato un anno di risultati positivi per la zona euro».

Ma non sembra crederci nemmeno Juncker, e dopo le parole di Benedetto XVi su spread e giustizia sociale, anche questo popolare di lungo corso e sempre ben dentro alle politiche ed ai giochi della finanza internazionale e del neoconservatorismo ipercapitalista che mostrano in Europa tutti i propri fallimenti, ha ammesso che «Bisogna ritrovare la dimensione sociale dell'unione economica e monetaria», che evidentemente è stata persa dalla stessa maggioranza di centro-destra che governa l'Ue e la maggioranza dei suoi Paesi membri.

E' qui che Junker si butta a sinistra, mettendosi un barbone marxista e salendo su un cavallo di battaglia che fino a pochi giorni fa era considerato un sogno della sinistra radicale: «Con misure come il salario minimo in tutti i Paesi della zona euro, altrimenti perderemmo credibilità e approvazione della classe operaia, per dirla con Marx. I tempi che viviamo sono difficili, non dobbiamo dare all'opinione pubblica l'impressione che il peggio sia alle nostre spalle perché ci sono ancora cose da fare molto difficili». 

Ad un certo punto Juncker sembrava Vendola, e a Monti e Berlusconi devono essere fischiate le orecchie: «Vorrei che in Europa si facesse sopportare le conseguenze della crisi ai più forti. E' questa la solidarietà. Non mi piace quando si dice che gli sforzi devono essere effettuati dai più svantaggiati perché sono i più numerosi. Ne va del modello europeo. Non accetto che i ricchi non paghino solo perché sono meno numerosi».

Fallita ogni terza via avvelenata dallo scimmiottamento delle politiche tatcheriane e reaganiane, travolti dalla deregulation coccolata da politici come Junker e idolatrata da soggetti come Silvio Berlusconi (che ora fa il difensore dei poveri e degli offesi), il  presidente dell'Eurogruppo è costretto ad ammettere davanti al frastornato Parlamento europeo che «Non c'è accordo sulla strada da imboccare nei prossimi anni, gli Usa e gli altri ci interpellano a proposito e noi abbiamo solo risposte di cortissimo respiro». Poi si è lamentato anche del fatto che «Nell'ultimo vertice Ue i leader hanno fatto osservazioni discordanti sulla road map descritta dai 4 presidenti Draghi, Juncker, Van Rompuy e Barroso sul rafforzamento della governance».

Come avrebbe detto un altro marxista senza barba (non Bruno Tabacci), «Grande è la confusione sotto il cielo», ma la situazione non è eccellente, come pensava Mao, se Junker è costretto a citare Karl Marx e a proporre quel salario minimo che solo pochi mesi fa veniva citata come una follia greca dei radicali di Syriza e presentato in Italia come una bizzarria di Nichi Vendola. Ora per Junker e Mario Monti si può fare, sono diventati tutti socialdemocratici... Se esiste un paradiso marxista, Karl si starà facendo delle grasse risate. 

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