[27/12/2012] News

Monti con l'agenda punta sull'istruzione, ma sono le azioni del suo governo a smentirlo

Nel memorandum anche molti buoni propositi, ma lontani dallo scenario reale del Paese

Il Natale appena trascorso è stato particolarmente magro per gli italiani. Il Codacons stima una picchiata del -20% nell'acquisto dei regali, e certo non a causa di un'inaspettata manifestazione di sobrio ecologismo di fronte alla paccottiglia che spesso raduniamo sotto le fronde dei nostri alberi di Natale. Piuttosto, è l'ennesima testimonianza di come l'infierire della crisi economica stia progressivamente impoverendo la gran parte dei cittadini italiani. In questo Natale dal sapore agrodolce, a corto di pacchetti da scartare, l'ormai dimissionario premier Monti regala un'agenda: la sua, disponibile online (gratis, almeno quella).

È il suo memorandum politico, in vista delle prossime elezioni, a febbraio. Circa le possibilità di una sua candidatura diretta, Mario Monti rimane sibillino: sembra dibattersi tra volere e osare, e finisce per assumere una strategia... di centro.

Muovendosi all'insegna del "chi mi ama mi preceda", l'idea di Monti sembra essere quella di lasciare ad altri, con la guida dell'agenda ormai proposta, l'incombenza delle democratiche elezioni. In caso di vittoria, Supermario sarebbe dunque pronto a  presentarsi come guida. Una tentazione e una guida "tecnica", di nuovo, quando si sente terribilmente la mancanza - e non da qualche mese - di un ritorno della politica a vita vigorosa e dignitosa.

Se sulle modalità di questa nuova (ri)salita in politica Mario Monti già incespica in qualche scalino, i contenuti della sua agenda sono sostanzialmente il proseguo di quanto fatto in poco più do un anno di governo, e alla luce di questi risultati è possibile osservarli. Di tutti i punti, paradigmatico è quello che ammonisce: «Bisogna   prendere sul serio l'istruzione,  la formazione professionale e la ricerca. La scuola e l'università sono le chiavi per far ripartire il Paese e renderlo più capace di affrontare le sfide globali». Appena pochi giorni prima Francesco Profumo, che dell'ormai ex governo Monti è stato il ministro dell'Istruzione, scriveva alla Conferenza dei rettori (Crui) che «Anche quest'anno si è ritenuto di chiedere alla scuola, nonostante i tagli e le carenze di risorse e investimenti subiti negli ultimi anni, una riduzione delle risorse complessive. A questa richiesta, che sottintendeva un mancato riconoscimento della centralità della scuola italiana nell'agenda politica dell'Italia, ho cercato di dare una risposta, purtroppo obbligata, che almeno prefigurasse un cammino di riforma del modello di insegnamento, con tutte le difficoltà e le incomprensioni, suscitate anche dal fatto che lo si doveva fare senza investimenti».

Alla fine, il risultato forse più vistoso sull'istruzione ottenuto dal ministro Profumo (e dal governo Monti, dunque) sono quei 300 milioni di euro che non si è riuscito a garantire nel ddl stabilità, la cui assenza adesso pregiudica «il funzionamento - osserva il ministro - dell'intero sistema della formazione superiore». La credibilità dell'agenda Monti, adesso, non può esimersi dal confronto coi fatti, e precisamente con quanto è stato portato avanti dal 16 dicembre 2011 fino alla vigilia di Natale, l'arco di vita del governo.

Gli stessi fatti parlano, a fronte di un'accresciuta (e di molto) credibilità internazionale - il grande successo di Mario Monti - una disoccupazione in  aumento e un'economia che ancora non vede la famosa «luce in fondo al tunnel», nonostante i molteplici proclami. Ancora una volta, sono i giovani a soffrire in particolar modo questa situazione di grande tensione sociale ed economica. L'ultimo rapporto Datagiovani parla di neoassunti sovraistruiti, precari, che lavorano sabato e domenica per una retribuzione media per gli under30 pari a 850 euro. Altro che «choosy», Fornero docet.

A fronte di questo scenario, l'agenda Monti propone in definitiva maggiore flessibilità e «uno Stato sociale minimale - scrive il responsabile Pd Economia e lavoro, Stefano Fassina, sulle pagine dell'Unità - quindi un welfare povero». La ricetta Monti - rincara la dose Susanna Camusso dalle pagine del Corriere della Sera - prevede il taglio delle retribuzioni e la riduzione delle tutele dei contratti nazionali di lavoro. Una ricetta che abbiamo già conosciuto con la Thatcher, con Reagan, con il precedente governo italiano. Un programma che ha già dimostrato tutta la sua fallacia aumentando la precarietà e riducendo il valore sia del lavoro sia delle imprese». E che adesso viene riproposto.  

Senza gettare a mare quanto di buono Monti propone nella sua agenda (a partire, a parole, da quanto concerne il rilancio della green economy - ma che in mano ad un ministro "petrolifero" come Passera farebbe poca strada), occorre iniziare a guardare alla situazione del Paese reale, e non solo all'andamento su carta dei conti pubblici, per decidere la strada da proporre all'Italia. Il tempo dei tecnicismi sterili è finito, deve tornare in campo la politica. 

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