[18/12/2012] News

Alimentazione e consumo di suolo: è stato raggiunto il picco delle terre agricole?

Rapporto della Rockefeller University: «Nel 2060 il 10% delle terre coltivate potrebbe essere rinaturalizzato»

Secondo lo studio "Peak Farmland and the Prospects for Sparing Nature", «La quantità di terreno agricolo necessario per sfamare la popolazione mondiale ha raggiunto il suo picco grazie al miglioramento della produzione agricola ed alla crescita più lenta della popolazione , ed entro 50 anni ben il 10% delle terre attualmente utilizzate per l'agricoltura potrebbe essere "reintegrato in natura"»

A scriverlo su Population and Development Review sono Jesse Ausubel, Iddo Wernick e Paul Waggoner, tre ricercatori del Program for the human environment (Phae) della Rockefeller University  che prevedono che, entro il 2060,  i 1.530 milioni ettari di seminativi e aree agricole che esistevano nel 2009 potrebbero scendere a 1,38 miliardi di ettari. Questo consentirebbe di riportare alle condizioni naturali un'area grande 2 volte e mezzo la Francia, una volta e mezzo l'Egitto, oppure quanto le terre arabili attualmente utilizzate in Cina.

Il direttore del Phe Ausbel, che oggi presenta lo studio ad un simposio in onore dell'80esimo compleanno di Paul Demeny, spiega che «Fortunatamente, la causa non è l'esaurimento dei seminativi, come molti avevano temuto, ma piuttosto la moderazione della popolazione ed i buongusto e l'ingegnosità degli agricoltori».

Lo studio, che si è ispirato al "picco del petrolio", contrasta nettamente con un recente rapporto della Fao che prevede, per nutrire la popolazione mondiale in crescita, che entro il 2050 sarà necessario coltivare altri 70 milioni di ettari di terra e che «I terreni e le risorse idriche sono attualmente molto più stressati che in passato e stanno diventando sempre più scarsi» a causa di attori come il degrado e la salinizzazione dei suoli. Infatti, diversi esperti fanno notare che il nuovo rapporto non tiene conto di diversi fattori che potrebbero minare le sue proiezioni, compresi i gravi impatti dei cambiamenti climatici, l'occupazione di terreni agricoli per produrre biocarburanti al posto del cibo o il maggior consumo in  grandi e popolate economie emergenti come la Cina e l'India, che richiederanno più terreni agricoli ed a pascolo per nutrire il bestiame.

Ma Ausubel  è convinto dei dati del suo team: «Crediamo che l'umanità abbia raggiunto il Farmland Peak, e che sia pronta ad iniziare un grande rete globale di ripristino dei terreni in natura».

Lo studio della Rockefeller University  evidenzia come, pur con una crescita esponenziale della popolazione, la terra arabile mondiale e le aree marginali permanenti siano passate dagli 1,37 miliardi di ettari del 1961 agli 1,53 miliardi di ettari del 2009. Quindi, in base a questo trend, prevede un calo ad 1,38 miliardi di ettari nel 2060.

Gary Blumenthal, a capo della sede di Washington di World Perspectives, un'agenzia internazionale di consulenze agricole, ha detto alle Reuters che «Le conclusioni del rapporto non sono sorprendenti, dato che  la tecnologia per incrementare drasticamente la produzione agricola esiste già. Ma il raggiungimento del "peak farmland" dipenderà dalla messa a disposizione della tecnologia a livello globale.  Se solo nel resto del mondo potessimo avere rendimenti agli attuali livelli degli Usa o dell'Europa, avremmo sostanzialmente più cibo». Ma anche Blumenthal sorvola sul forte impatto ambientale (e sugli alti incentivi pubblici) all'agricoltura industriale e sulle sue disastrose conseguenze sulla biodiversità agricola e zootecnica e sule comunità di piccoli agricoltori.

Lo studio della Rockefeller University che si basa sul rendimento delle colture in aumento, il rallentamento della crescita della popolazione e su una crescita relativamente lenta del consumo di carne e dell'utilizzo delle colture per produrre biocarburanti, fa però notare che sia la Cina e l'India negli ultimi decenni abbiano già "risparmiato" vaste estensioni di terra. Per esempio, in India, se i rendimenti dei cereali fossero rimasti ai livelli del 1961, per arrivare alla produzione attuale ci sarebbero voluti 65 milioni di ettari in più, una superficie grande come la Francia. E la Cina, con la crescita dei rendimenti agricoli, avrebbe evitato di occupare 120 milioni di ettari con nuove coltivazioni.

Lo studio prevede che, fino al 2060, le rese mondiali di mais cresceranno ad un tasso annuo dell'1,7%, a fronte di un aumento dell'1,8% annuo tra il 1983 e il 2011. In totale si tratta di circa la metà del mais attualmente prodotto negli Usa. Per i ricercatori i biocarburanti sono una "wild card": sottolineano infatti che per produrli non vengono utilizzati solo mais o canna da zucchero, ma anche colture per la produzione non alimentare, come cotone e il tabacco, e questo permetterebbe di affrontare agevolmente la crescita dell'offerta alimentare fino al 2060. Ma anche le colture non alimentari richiedono terreno...

Con questo costante ma non spettacolare aumento dei biocarburanti, in totale, fino al 2060 l'aumento delle coltivazioni alimentari dovrebbe superare la richiesta dello 0,4% l'anno, rispetto allo 0,24% l'anno nel periodo 1961-2010.

Anche il cambiamento di dieta è una delle variabili critiche di "Peak Farmland and the Prospects for Sparing Nature": con una popolazione mondiale che  comunque arriverà intorno ai 10 miliardi di persone e che sta facendo sempre più i conti da una parte con l'obesità e lo spreco di cibo e dall'altra con la malnutrizione e la fame. Ma il rapporto vede alcuni segnali incoraggianti: «Il consumo di carne in Cina è aumentato solo moderatamente, è di gran lunga inferiore ai tassi di crescita economica. Fortunatamente per il risparmio di terreno agricolo, la velocità dell'aumento del consumo di carne è solo la metà di quella dell'aumento della ricchezza».

L'aumento della ricchezza è tuttavia concentrato, nel Celeste impero, soprattutto in strati sociali ristretti della popolazione (che, per quanto possa impegnarsi, non può mangiare carne anche per tutti gli altri cinesi che ancora non possono permettersi in un consumo diffuso di fonti proteiche animali): il rapporto della Rockfeller non si sofferma però su quest'aspetto...

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