[14/12/2012] News

Chi e come si deve gestire l’ambiente: nuove implicazioni politiche e istituzionali

Da questo punto di vista credo meriterebbe una riflessione meno frettolosa e più approfondita  il
bilancio di questa esperienza che ha permesso per la prima volta, sia pure con alti e bassi e
differenze significative anche tra territori, alle istituzioni locali e regionali -assai meno in sede
ministeriale- di ‘formare' e ‘qualificare' amministratori della cosa pubblica in ambiti tra i più
determinanti  per il governo del territorio e dell'ambiente. Purtroppo è rimasto irrisolto, come oggi si
può vedere in tutta la sua gravità, quel passaggio previsto dalla legge quadro sui parchi ma anche in
altri ambiti come il suolo e il paesaggio, che avrebbe dovuto non limitarsi ad assemblare parchi e
aree protette tanto diversi e non solo per dimensione, ma a costruire un vero e proprio sistema
nazionale strettamente e organicamente  raccordato sia a quello comunitario che  regionale rimasto
anch'esso disarticolato  e che oggi risulta per molti versi allo sbando anche in realtà dalle tradizioni
ed esperienze più solide e radicate.

Passaggi fissati dalla legge quadro ma prima ignorati e
poi addirittura cancellati, per essere di nuovo accantonati in sede nazionale quando con il decreto
Bassanini si era tornati giustamente e chiaramente a riproporli in una chiave più adeguata. E qui si
torna al titolo V della costituzione da cui avevamo preso le mosse. Quel titolo per quante critiche e
riserve oggi si possano  fare o riprendere sulla sua organicità e contraddittorietà, aveva voluto
riproporre quella esigenza costituzionale di fondo del tutto snobbata e cioè garantire un governo del
territorio e dell'ambiente incentrato sulla ‘leale collaborazione istituzionale', la cui responsabilità non
può essere oggi scaricata per intero sulle regioni da parte di uno stato che in oltre 10 anni se n'è
infischiato alla grande. Si è assistito così una impressionante crescita dei ricorsi dello stato contro le
regioni e di queste contro lo stato che ha giovato soltanto alla conflittualità costituzionale e alle
diatribe senza fine con l'unico risultato che quel solco tra i diversi livelli istituzionali anziché colmarsi
è cresciuto al punto di mettere a rischio il futuro stesso dei nostri parchi. Da anni, infatti, non vi è
sede o strumento ministeriale dove questa collaborazione volta a costruire un sistema incentrato
innanzitutto  su una classificazione attendibile e aggiornata delle nostre aree protette terrestri e
marine. Non lo è certo la Conferenza Stato- Regioni e Enti locali dove le cose che riguardano anche i
parchi e le aree protette arrivano belle e scodellate e di fatto già decise.

Il
ventennale della 394; un occasione mancata

Al  traguardo dei 20 anni la legge
quadro è giunta così modificata in parti importanti che ci si era badati bene da reintegrare -penso
alla programmazione nazionale, ad un sistema di classificazione ossia una vera anagrafe delle
nostre aree protette, richiesto d'altronde dalla Bassanini in coerenza con quella riforma della
pubblica amministrazione a cui era stato messo mano.

Risultò perciò tanto più
sorprendente e sconcertante quando anziché accogliere  la più volte avanzata richiesta di una
Conferenza nazionale dei parchi per fare finalmente chiarezza su questo colpevole ritardo politico-
istituzionale del ministero, la proposta di mettere mano a modifiche della legge che -si disse con
vera sfrontatezza- senza le quali non si sarebbe potuto fare quello che di cui i parchi avevano
bisogno a partire dalle aree protette marine. Si trattò di un vero ‘condono' politico per una gestione
rovinosa ben impersonata dal ministro Prestigiacomo e un vero bidone per i parchi e le aree protette
che le modifiche alla legge  previste avrebbero ulteriormente penalizzato come vedemmo subito dal
testo  -anzi i testi- che iniziarono il loro poco dignitoso iter parlamentare al Senato. E mentre ci si
trastullava tra emendamenti che comparivano e scomparivano tra un giorno e l'altro senza che i
parchi e le istituzioni interessate ne fossero minimamente coinvolti, il ministero accentuò il suo ruolo
affidato solo ai tagli finanziari, i commissariamenti, la messa in mora delle aree protette marine
ormai alla canna del gas. Fino ai più recenti interventi sulla legge ‘nascosti' in provvedimenti con i
quali i parchi e le aree protette non hanno a che fare né punto, ma che servono -e sono serviti- a 
far dipendere, ad esempio, la scelta e nomina dei direttori da Roma e non dai parchi.

E se
questo connota oggi lo stato di crisi dei parchi di cui portano una pesante responsabilità le forze
politiche che non hanno saputo e voluto evitare questa scandalosa manfrina, anche i parchi e le loro
rappresentanze nazionali e regionali.

Ma accanto a situazioni ed esempi che ormai
nessuno, neppure tra quelli che  sbagliando si erano illusi che da dalle modifiche alla legge 394
passasse davvero il rilancio dei nostri parchi, ce ne sono altri che sembrano passati definitivamente
in giudicato ma che stanno pregiudicando seriamente l'operato dello stato e delle regioni. Mi riferisco
agli effetti della norma del nuovo Codice che ha sottratto il paesaggio ai piani dei parchi. Ricordo che
il primo campanello d'allarme suonò quando lo stato impugno una legge regionale del Piemonte che
istituiva un parco fluviale il cui piano avrebbe dovuto occuparsi -come era regolarmente avvenuto
fino a quel momento per tutti i parchi di quella regione-anche del paesaggio. La legge fu bocciata
sanzionando la norma del Codice. E qui si pone una questione che sorprendentemente non ha
suscitato alcuna reazione e cioè che con un Codice e sulla base di una legge delega si è modificata
senza colpo ferire una legge speciale -la 394 lo è- passata già a suo tempo indenne da ripetuti
ricorsi costituzionali  specie di alcune regioni a statuto speciale.

Certo è che gi effetti sono
allarmanti. A me ha colpito una recente proposta di legge sui parchi della regione Veneto che fin dal
primo articolo stabilisce che i piani dei parchi -definiti appunto naturalistici- non riguarderanno il
paesaggio. Ho pensato subito -ricordando incontri ormai lontani- al Parco dei Colli Euganei
chiedendomi come sia pensabile un piano del parco in un territorio come quello che non si occupa
del paesaggio. C'è qualcuno che ritiene ciò  possibile e non solo nel Veneto o in Piemonte?


Recentemente in Val di Cornia si è discusso di quello che dovrebbe diventare il quarto parco
regionale toscano con esperti inglesi e americani di archeologia e di beni culturali e di nuovo mi sono
chiesto se il piano di  quel territorio ancora frammentato ma dotato di uno straordinario patrimonio
archeologico, paesaggistico e naturalistico potrà non tener conto già in prima battuta della tutela
paesaggistica che stando alla nuova norma competerebbe ad altri.

E' forse questo
l'esempio che più di ogni altro conferma che oggi il problema vero, prima ancora della ripartizione e
riaffermazione delle competenze tra i diversi livelli istituzionali, è come essi possono riuscire a
gestire ‘unitariamente' quello che non separabile se non a danno di quel governo del territorio e
dell'ambiente su cui ha inciampato anche il titolo V.

Fin qui abbiamo parlato dei parchi e
delle aree protette ma non migliore è la situazione di altri comparti ambientali riconducibili anch'essi
a quel titolo V oggi ormai in panne.

Mi riferisco alla legge sul suolo che dopo le modifiche
apportate con la legge delega e non ancora a regime nei confronti soprattutto delle normative
comunitarie sulle gestione delle acque  finita prima nel tritacarne di Bertolaso e in quello dei
finanziamenti che espone sempre più il nostro territorio a eventi calamitosi che riguardano anche e
pesantemente anche le aree protette terrestri, marine e fluviali come abbiamo visto alle 5 Terre, sul
Magra, e in altre parti del paese.

Sono temi nazionali e regionali che abbiamo affrontato lo
scorso settembre in due appuntamenti nazionali Pisa  come Gruppo di San Rossore e sui quali
stiamo lavorando per evitare che il dibattito sul titolo V non diventi un'altra occasione per eludere
questioni ormai ineludibili e irrimandabili.

Lo faremo d'intesa e comunque in un confronto
senza peli sulla lingua con le istituzioni e il mondo della cultura e  i parchi.

2- Fine

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