[10/12/2012] News toscana

Oltre il Pil, ecco il Piq – prodotto interno qualità. Toscana sesta in classifica nazionale

Il Piq 2011 vale quasi la metà del nostro prodotto interno lordo

Ormai è un dato di fatto che il Pil (Prodotto interno lordo) da solo non sia sufficiente a "fotografare" il reale stato economico, di vivibilità e di sviluppo sostenibile di un Paese: molti sono gli indicatori da più parti proposti per sostituire o accompagnare il Pil, e altri se ne stanno proponendo. Uno di questi è il Piq (Prodotto interno qualità), ideato da Fondazione Symbola e Unioncamere, che ha l'obiettivo di dare una misura economica alla "qualità", cioè stimare l'incidenza di diritti e benessere dei cittadini e dei lavoratori, rispetto per l'ambiente o creatività, professionalità, legame con il territorio o coesione sociale, su una filiera produttiva.

Il Piq si propone quindi come indicatore da affiancare al Pil, per misurare il posizionamento del Paese, o di un settore di attività, rispetto al parametro della qualità, come valore aggiunto e ingrediente indispensabile per assicurare non solo il benessere attuale, ma anche quello delle generazioni future. Una classifica che riconosce la qualità presente nella nostra Regione (con una stima di 29,6 miliardi di euro), posizionandola sesta a livello nazionale, alle spalle di Lombardia (prima Regione in Italia, con 132 miliardi di euro, pari al 28,7% del Piq nazionale), Lazio, Veneto, Emilia Romagna, e Piemonte.

«Per affrontare la crisi abbiamo bisogno di nuovi occhi con i quali guardare al Paese. Il Piq - ha dichiarato il presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci (nella foto) - risponde proprio all'esigenza di leggere il sistema Italia attraverso uno sguardo rinnovato, per trovare nella forza del Paese che c'è, la chiave di un comune futuro. Oggi più che mai, visto il momento di grave crisi che stiamo attraversando, la missione dell'Italia non può che essere legata alla qualità, che incrocia i territori e la coesione sociale ed è iscritta nel nostro patrimonio genetico. Insomma l'Italia deve fare l'Italia e combattere i suoi mali antichi: il debito pubblico, l'illegalità e l'evasione fiscale, le diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza, il sud che perde contatto, una burocrazia speso soffocante. L'intreccio tra innovazione, qualità e competitività, anche sui mercati esteri, emerge con chiarezza dal rapporto di quest'anno e conferma l'intuizione alla base del Piq». La nuova edizione del rapporto Piq, che come tradizione vede la partecipazione di esponenti del mondo scientifico, di esperti di settore, ma anche rappresentanti del mondo dell'impresa, è stata realizzata con la partnership tecnica di Camcom Universitas Mercatorum ed è stata presentata oggi a Roma, presso la sede Unioncamere. 

Per definire il Piq gli ideatori sono partiti dalla stima della qualità prodotta da ciascun settore e da ciascuna attività del nostro sistema produttivo. Stima che viene realizzata valutando ogni settore in base a tre dimensioni: l'eco-efficienza, le capacità delle persone impiegate, l'innovazione. La sommatoria di queste qualità settoriali definisce il Piq per il processo produttivo. Ma siccome la qualità del processo produttivo non garantisce la qualità del prodotto finale, per calcolare il Piq è stata presa in considerazione anche la qualità dei prodotti immessi sul mercato definita attraverso l'aiuto di due indicatori: il valore medio unitario dei prodotti esportati e il posizionamento competitivo di un prodotto.

Per quanto riguarda i numeri del rapporto: il Prodotto interno qualità calcolato per il 2011 è pari al 47,9% del Pil, per un valore che sfiora i 460 miliardi di euro. Quindi il Piq 2011 vale quasi la metà del nostro prodotto interno lordo e soprattutto rispetto al 2010, quando era pari al 47% del Pil per un controvalore di 445 miliardi di euro, può vantare una crescita nominale di oltre il 3%. Il dato quindi indica che per battere la crisi e la concorrenza sempre più agguerrita sui prezzi al ribasso, il sistema produttivo italiano, almeno in parte, ha puntato sulla qualità e sul rilancio competitivo. Inoltre analizzando l'andamento di Pil e Piq per il biennio 2010/2011 il rapporto evidenzia come la qualità cresca a un tasso superiore: 3% per la crescita nominale del PIQ contro l'1,5% del PIL. Dunque le imprese che investono in qualità e innovazione hanno propensione alla crescita doppia rispetto a quelle che cercano di andare avanti semplicemente contenendo i costi. Si conferma, dunque, il ruolo della qualità come "motore" che permette di sostenere i livelli di competitività sui mercati. Tra l'altro le imprese che puntano sulla qualità realizzano anche migliori performance nelle esportazioni. «Nonostante la crisi perdurante, la qualità italiana accresce il suo ruolo - ha sottolineato Claudio Gagliardi, Segretario generale di Unioncamere - Anche sul fronte internazionale i mercati riconoscono la crescita qualitativa italiana. Nel giro di cinque anni, dal 2007 al 2011, le nostre imprese hanno mediamente accresciuto del 10,7% il valore delle esportazioni al netto dei costi di produzione; molto di più di quanto osservato nella media europea e più di quanto associabile alla Germania e alle altre grandi economie del continente. Lo studio però mostra due volti del nostro Paese: uno caratterizzato da valori e risultati davvero competitivi, frutto dell'impegno creativo dei nostri territori, l'altro condizionato dall'illegalità, indifferente ai temi ambientali e ai valori sociali. È questo il senso del progetto Piq: aiutarci a far emergere l'Italia produttiva migliore, svelando il volto alla base dei tanti successi della nostra storia».

Nel dettaglio per quanto riguarda i settori, dall'analisi della ricerca emerge che la presenza di qualità è più elevata nei macrosettori dei servizi e dell'industria, che contribuiscono al Piq nazionale rispettivamente con 300 e 121 miliardi di euro. Seguono le costruzioni e l'agricoltura con 28 e 10 miliardi di euro. Per quanto riguarda il terziario si distinguono tre settori in particolare: i servizi finanziari dove il Piq incide per il 59,2%, la sanità e l'assistenza dove il Piq incide per 53,4%, e l'istruzione, dove la qualità incide per il 50% del valore aggiunto. Mentre i settori industriali a maggior incidenza di qualità sono la chimica e farmaceutica (59,6%), la meccanica  (53,0%), i mezzi di trasporto (51,9%), l'industria della gomma e della plastica (50,1%), l'industria cartaria e della stampa (49,6%), l'elettronica (49,1%), l'alimentare (49,0%), il tessile (48,8%) e le industrie conciarie (46,7%). Per quanto riguarda invece le aree geografiche, il Nord-Ovest è l'area a maggiore connotazione di Piq con il 56,2% del  valore aggiunto. Bene  anche il Nord-Est dove la quota di Piq sfiora il 51,9%. Sotto la media nazionale, invece, il Centro e il Mezzogiorno, rispettivamente con un Piq del 45,8 e del 30,5%. 

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