[30/10/2012] News

E se non fosse pił la dose che fa il veleno?

Prendete il caso del p-nonilfenolo, un composto chimico aromatico capace di interferire con il nostro sistema endocrino e, dunque, con il ciclo degli ormoni: a basse e ad alte concentrazioni i suoi effetti sui messaggi ormonali con cui le cellule dialogano tra loro è molto alto, mentre a concentrazioni intermedie la capacità d'interferenza diminuisce. Oppure prendete il caso dell'atrazina, il noto pesticida: a bassissime dosi attacca i muscoli della laringe delle rane, mentre a più alte dosi questa capacità diminuisce.

Sono solo due dei seicento e più esempi riportati nella letteratura scientifica internazionale di un andamento strano, non lineare (non-monotonico, dicono i matematici) tra livelli di esposizione a sostanze tossiche ed effetti riscontrati su cellule e organismi. I dati sono stati raccolti da un gruppo della Tufts University di Medford, Massachusetts, guidato da Laura Vandenberg, e pubblicati nei mesi scorsi sulla rivista specialistica Endocrine Review. Il tema è stato ripreso nei giorni scorsi dalla rivista Nature in un articolo di Dan Fagin, docente di giornalismo scientifico presso la New York University: alcune sostanze tossiche, in special modo i "distruttori endocrini", seguono  una curva del rapporto dose/effetto non-monotonica, creando problemi non banali di spiegazione ai tossicologi e di intervento alle autorità sanitarie.

I distruttori endocrini sono sostanze chimiche capaci di legarsi ai recettori degli ormoni e, dunque, di interferire con il sistema endocrino. La natura dei distruttori endocrini è la più varia. La loro origine può essere sia artificiale sia naturale. Ma tra i più insidiosi vi sono i composti aromatici persistenti, come i nonilfenoli e l'atrazina, ma anche il bifenolo A (un elasticizzante), il triclosano (un antibatterico) e innumerevoli altri..

A tutti questi composti, come a ogni altra sostanza pericolosa, la tossicologia applica la vecchia regola di Paracelso: è la dose che fa il veleno. In altri termini, maggiore è l'esposizione maggiore sono gli effetti sulla salute dell'uomo. Il che significa che sotto una certa dose soglia, che varia da sostanza a sostanza, gli effetti velenosi scompaiono del tutto. Ecco perché tutte le legislazioni che si occupano di sicurezza non parlano mai di presenza o di assenza assoluta di sostanze tossiche, ma di valori soglia, oltre i quali la presenza di una sostanza tossica diventa pericolosa (progressivamente sempre più pericolosa) e al di sotto della quale non lo è affatto.

Ebbene, la review elaborata da Laura Vandenberg e dai suoi colleghi  sostiene che non sia così. Non per tutte le sostanze, almeno. Molti distruttori endocrini sono pericolosi anche a dosi minime. Ma, soprattutto, il rapporto tra dose ed effetti tossici non descrive sempre una curva monotona, ma spesso disegna curve tortuose e salterine: non-monotone, appunto.

Diciamo subito che queste affermazioni sono contestate. E che il problema andrebbe studiato più a fondo. Ma oltre 600 lavori scientifici pubblicati su riviste con peer-review costituiscono almeno un campanello d'allarme.

Per i ricercatori, che devono spiegare come mai l'antico suggerimento di Paracelso non sempre è valido. Perché una molecola produce più effetti su una cellula o un organismo quando è meno presente e ne produce meno a più alte concentrazioni. E se, come sostengono alcuni, molte patologie tipiche della nostra epoca - dall'obesità al diabete, dal cancro alle malattie cardiovascolari, dall'infertilità al disfunzioni di natura sessuale - non siano dovute anche alla presenza nell'ambiente di questi inquinanti anche in tracce.

Ma è una sfida anche e soprattutto per le autorità sanitarie e politiche. In primo luogo perché devono almeno rivedere la filosofia con cui elaborano le norme di sicurezza fondata, appunto, sul concetto di soglia. E poi perché rilevare sostanze presenti in tracce non è impresa facile.

Sia in Europa che negli Stati Uniti le istituzioni pubbliche e i grandi istituti di ricerca hanno drizzato le orecchie. Nessun allarme. E, per ora, anche nessuna azione. C'è bisogno di discutere l'argomento più a fondo. Ma, come ha scritto Linda Birnbaum, direttore del National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS) degli Stati Uniti, in un editoriale su Environmental Health Perspectives: «è tempo di iniziare la conversazione».

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